La lettera di un'italiana dall'inferno di Bruxelles: «Dove troveremo il coraggio per ricominciare a vivere?»

La lettera di un'italiana dall'inferno di Bruxelles: «Dove troveremo il coraggio per ricominciare a vivere?»
di Marina Santarelli
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Mercoledì 23 Marzo 2016, 17:50 - Ultimo aggiornamento: 24 Marzo, 09:23
Sono mesi che me l'aspetto, ogni giorno da novembre prendo la metropolitana e ogni volta che si blocca penso che potrebbe essere. Prendo il tram e mi guardo intorno, ogni faccia arrabbiata mi sembra sia quella fatale. Una volta sono pure scesa correndo terrorizzata. Ma poi, pero', il nostro animo e' molto forte, e forse ci difendiamo sempre dall'orrore, e nonostante tutto pensiamo che non capitera', non a noi, non qui.

Invece martedi 22 marzo succede. Porto mio figlio a scuola, mi fermo a parlare con una mamma, sono le 8,20, esce un'altra mamma e ci dice "c'e' stata un'esplosione a Zaventem". Il terrore nei nostri visi, la segretaria della scuola, una maestra, ci guardiamo. Eccoci, ci siamo, tocca a noi.

E purtroppo non e' tutto lì, arrivo verso l'ufficio alle 9,10 e la notizia fatale arriva: l'attacco e' qui vicino a me, a 400 metri, alla fermata della metropolitana piu' vicina.

Come e' potuto succedere, come ci troviamo in mezzo a questo mondo, a questo scenario che non ci aspettavamo mai. Ho lavorato una vita per l'idea di un'Europa delle liberta', un'Europa che toglie barriere e include, per un'Europa riscatto di secoli di guerra.

Eppure solo pochi giorni fa avevamo tirato un respiro di sollievo, il nemico numero uno era stato arrestato, dopo tanta preoccupazione la buona strada sembrava davanti a noi.

Invece ci siamo, il nostro giorno e' arrivato, la mia citta' presa sotto attacco.

Questa citta' di mille anime, difficili da cogliere tutte, complicata perfino da descrivere.

Siamo tutti migranti in queste strade, di lusso e meno fortunati ma tutti migranti, siamo stati accolti, lavoriamo, mandiamo i nostri figli a scuola, ma qualcosa ci e' sfuggito.

Dove si sono rotti gli argini? Quando e' cambiato tutto?

Bruxelles e' una bella citta' piena di colori, di quartieri molli che si piegano uno sull'altro, comunità che vivono vicino, divise da una strada, un mercato, una piazza.

Forse era troppo bello, forse ci sono conflitti e battaglie remote di cui non ho notizia, forse non tutti sono integrati come speravo, forse gli strati che dividono la popolazione sono molto piu' spessi.

E adesso, adesso che facciamo? Dove troveremo il coraggio per ricominciare a vivere? Come faremo a tornare a passeggiare per le nostre vie nella primavera che arriva?

Ho sempre scelto in questi anni di non vivere da espatriata di lusso senza legami reali, ho scelto una scuola pubblica per mio figlio, ho scelto di fare volontariato, politica e di esserci davvero. Ma oggi sono profondamente ferita e confusa. Mi piacerebbe ancora credere che la bellezza di questi bambini multicolore che la mattina entrano in classe con mio figlio sia la vera anima di Bruxelles e del Belgio.

Vorrei davvero, ma non ne sono capace oggi, oggi che piangiamo vittime e dolore e che non siamo in grado di non pensare ci potevo essere io in quel vagone della metropolitana.

Puo' darsi che domani e dopo tornera' una certa serenita' dei pensieri, per continuare a vivere, ma temo che non sara' abbastanza.

Il problema della convivenza e delle dignita' tornera' e se nessuno lo risolvera' non ne usciremo vincitori.
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