Bruxelles, la sveglia non suona e Marco si salva perché perde la metro

Bruxelles, la sveglia non suona e Marco si salva perché perde la metro
di Fabio Piangerelli
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Mercoledì 23 Marzo 2016, 08:30 - Ultimo aggiornamento: 16:02
Il lavoro, alla sede Onu, dista appena tre fermate da casa. Ogni mattina scende a Maelbeek. Verso le nove, nove e un quarto. Ieri no. Ieri se l'è presa un po' più comoda. Giusto il tempo di fallire l'appuntamento con la morte.

LO STAGISTA
Era in ritardo di dieci minuti Marco Scarpetta, 27 anni, stagista di Macerata, a Bruxelles dallo scorso autunno. Era ancora a casa, stava per uscire, quando un amico italiano l'ha chiamato: «Tutto bene?». «Sì, perché?». «C'è stato poco fa un attentato alla metro, a Maelbeek, alla tv non si parla d'altro». Scarpetta è rimasto con il cellulare in mano. Un groppo in gola. Si è girato verso quella sveglia che ieri mattina aveva fatto suonare un po' più a lungo e si è messo a fissare il vuoto. «Quella è la mia fermata a quell'ora. È stato un attimo, dieci minuti, un quarto d'ora. Dovevo essere lì. Come sto? Lei che dice?».

Chissà che a fargli perdere qualche minuto prezioso non sia stato il suo capo. «Stavo facendo colazione - racconta dopo l'accaduto - ero un po' in ritardo. All'improvviso mi è arrivata una chiamata Skype dal capo del mio ufficio, l'Head of Unit. Mi ha sorpreso. Non ricevo mai chiamate di lavoro via Skype di prima mattina. Mi ha detto dell'esplosione all'areoporto di Zaventen. Sono rimasto di sasso. Sono sbiancato. Però ero quasi pronto, e stavo per uscire. Insomma, qui siamo in centro, mica all'aeroporto. Dopo 10 minuti, è arrivata una telefonata da un amico italiano che era venuto a trovarmi a Bruxelles un paio di settimane fa: voleva sincerarsi delle mie condizioni. Ma non mi parlava dell'aeroporto. Mi diceva della diretta televisiva italiana, di un'esplosione alla metro di Maelbeek. È a tre stop da casa mia, stavo per raggiungerla. Nel giro di dieci minuti, sarei sceso proprio lì. Gli uffici della Ue e dell'Onu sono tutti lì a pochi metri».
 
I MILITARI
Scarpetta ha richiamato il capo: «Ho chiesto se ci fossero delle procedure per lo staff, perché generalmente in situazione di allerta terrorismo ci inviano email in cui ci aggiornano sul da farsi. Lui mi ha detto che una delle mie colleghe era appena arrivata in ufficio, uscendo dalla metro di Maelbeek cinque minuti prima dell'esplosione. Meglio non uscire, allora. Ti danno la possibilità di lavorare da casa, a volte. Stai casa, non muoverti, mi ha detto».
Scarpetta è un fiume in piena: «Ho paura. Durante gli attacchi terroristici di Parigi la città per due-tre giorni si è bloccata: militari e forze dell'ordine ovunque. Adesso è accaduto qui, a pochi passi dalla stazione metro dove sarei dovuto essere se fossi stato puntuale. È destabilizzante. Sai che non puoi controllare ciò che sta avvenendo. Gente che paga per colpe che non ha. Senti centinaia di sirene di ambulanze e polizia. Suoni che si ripetono senza tregua. Sei paralizzato davanti a un pc per sapere quante persone sono rimaste ferite, quante sono le vittime, se ci sono stati altri attacchi. Ecco, ora so che significa terrorismo».

Scarpetta non tornerà a casa per Pasqua: «Ho un volo da Charleroi: raggiungo la mia ragazza a Copenaghen».

(Ha collaborato Alessandra Bruno)
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