Attentati a Bruxelles, le vittime da 40 nazioni: identificati solo due corpi

Attentati a Bruxelles, le vittime da 40 nazioni: identificati solo due corpi
di Valeria Arnaldi
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Giovedì 24 Marzo 2016, 08:47 - Ultimo aggiornamento: 14:10

Capelli rossi, sorriso timido, aria da «bambino», ben più giovane dei suoi vent'anni. Il viso del belga Leopold Hecht ha iniziato a rimbalzare sui social, poche ore dopo gli attacchi di Bruxelles. Era alla stazione della metro, colpita dall'attentato, stava andando all'università Saint-Louis, dove studiava legge. Il fratello e i parenti avevano lanciato dei tweet, chiedendo aiuto per ritrovarlo: «Se avete visto mio fratello, fatemi sapere». Un appello disperato che, però, aveva funzionato. Era stato lo stesso fratello, in serata, a dare la notizia che Leopold era stato rintracciato. Era il «lieto fine» di cui avevano bisogno tutti: i familiari e gli amici, per primi, e quelli che avevano partecipato alla ricerca. Il lieto fine che desiderava il Belgio come simbolo. Leopold, però, non è riuscito a superare la notte per le orribili ferite riportate nell'esplosione. A dare la notizia è stato l'ateneo. Amici e compagni, in centinaia, sono andati a lasciare delle candele davanti all'università. A raccontare chi fosse, ora, sono quei ragazzi che si abbracciano per farsi forza - «È così ingiusto, era brillante, gentile», dice una compagna - e le foto sulla sua pagina Facebook. Amava viaggiare. Era sorridente, amichevole, gli piaceva recitare. Pensava, come ogni ragazzo della sua età, a costruire il proprio futuro. Aveva collaborato con l'organizzazione Lje-Les jeunes entreprises, per le giovani imprese. Guardava avanti, sognava la vita «da grande» che stava per iniziare. I social lo ricordano così, ricostruendo gli ultimi anni della sua vita, dai quindici anni ai venti: le guance via via più magre, i capelli che si erano illuminati di riflessi ramati, gli sguardi, nel tempo, più sicuri. Fino alla tragedia di quella mattina.



I RICONOSCIMENTI
Dopo Adelma Marina Tapia Ruiz, la trentaseienne peruviana deceduta negli attacchi all'aeroporto, dove era in attesa di partire con il marito e le sue due gemelle, miracolosamente salvi, è Leopold la seconda vittima ufficiale degli attentati. Il riconoscimento di feriti e corpi procede lentamente. Le esplosioni sono state violente e le operazioni per dare un nome alle persone coinvolte sono complesse. Ciò che si conosce, allo stato attuale, sono le nazionalità delle vittime, morti e feriti: quaranta, da belgi e americani a francesi e olandesi, da britannici e svedesi a indiani e marocchini. A “guidare” l'identificazione sono le liste dei dispersi e le ricerche che parenti e amici fanno correre sul web, con foto e nome dei loro cari, chiedendo informazioni. Risultava tra gli scomparsi pure Olivier Delespesse, agente della Federation Wallonia-Brussels, organizzazione governativa per la comunità francofona del Belgio. Erano stati i colleghi a dare l'allarme: «Non abbiamo notizie di un amico che ogni mattina andava a Maelbeek». Ieri, l'identificazione. È morto nell'esplosione. Nell'attacco ha perso la vita pure una donna marocchina, collaboratrice domestica. Altri due marocchini, feriti in aeroporto, sarebbero in condizioni critiche.
 

SPARITI E MIRACOLATI
La situazione si complica con il passare delle ore. Gli ospedali sono pieni, le sale di terapia intensiva affollate, molti casi critici, alcuni senza speranza. Paura e appelli si rincorrono sul web. Non si hanno più notizie dell'inglese David Dixon, 51 anni, programmatore informatico. Aveva inviato un messaggio alla zia per tranquillizzarla dopo le esplosioni al check-in, poi era andato a prendere la metro per recarsi a lavoro e, dall'attacco, non è stato più rintracciabile. Scomparsi anche gli americani Justin Shults, 30 anni, e la moglie Stephanie, 29. Originari di Lexington, si erano trasferiti in Belgio nel 2014. Quando si sono perse le loro tracce, erano all'aeroporto, stavano accompagnando la madre di Stephanie. La donna sta bene, l'esplosione però li ha separati. Nessuna notizia dei newyorkesi Sascha e Alexander Pinczowski: fratello e sorella stavano attendendo l'aereo per tornare in America. Dopo il primo scoppio, hanno telefonato per rassicurare i parenti ma durante la chiamata è avvenuta la seconda deflagrazione. Accanto alle storie drammatiche, alcuni «miracoli». Mason Wells, missionario mormone, 19 anni, è stato ferito nell'attacco a Zaventem. Era già sopravvissuto agli attentati alla maratona di Boston nel 2013 e il 13 novembre scorso a Parigi. «Una benedizione», secondo il padre Chad: «L'esperienza di Boston lo ha aiutato a mantenere la calma».