«Noemi non è morta per i colpi di pietra». La tac rivela un'altra verità. La famiglia accusa: coinvolto il papà del fidanzato killer

«Noemi non è morta per i colpi di pietra». La tac rivela un'altra verità. La famiglia accusa: coinvolto il papà del fidanzato killer
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Venerdì 15 Settembre 2017, 13:46 - Ultimo aggiornamento: 16 Settembre, 09:39

Noemi non è morta a causa di un colpo di pietra alla testa. È quanto emerge dal primo esame radiologico effettuato dal medico legale Roberto Vaglio sul corpo della ragazza. Dalla Tac eseguita nella camera mortuaria dell'ospedale Vito Fazzi di Lecce, non risulterebbero segni di fratture scheletriche, tantomeno al cranio. Questo fa quindi escludere che la giovane, come invece era stato detto in un primo momento, sia deceduta per i colpi inferti con una pietra in testa.

Il risultato della Tac cambia le prospettive sia dell'indagine penale che di quella medico legale che ora dovrà cercare le cause della morte in altre lesioni presenti sul corpo della giovane, sul cui collo sono evidenti segni riconducibili a dei tagli. Il fidanzato diciassettenne della giovane, che si è autoaccusato del delitto, nell'ultimo interrogatorio ha detto di averla uccisa con un coltello che la stessa Noemi aveva portato con sé il giorno in cui uscì di casa a notte fonda per incontrarsi con lui. Il piano, secondo il racconto del giovane, sarebbe stato quello quello di sterminare la famiglia di lui che ostacolava il loro rapporto.
 



Ma la famiglia della 16enne non crede a questa versione dell'omicidio. Il ragazzo «sta nascondendo suo padre, lo protegge, ma quello non si salverà, ha fatto tutto lui»: il padre di Noemi Durini, uccisa a Specchia dal fidanzato reo confesso, accusa il genitore di quest'ultimo sostenendo che ha un ruolo fondamentale nell'omicidio della figlia. L'uomo si è sfogato con i giornalisti proprio davanti al l'abitazione di Alessano dove abitano i genitori del presunto omicida, sostenendo di voler perdonare il giovane per quello che ha fatto. Era andato lì per cercare di incontrare il padre del ragazzo è solo l'intervento dei carabinieri ha evitato che la situazione degenerasse. «Me l'ha uccisa, vieni fuori bastardo» ha urlato più volte, cercando di arrivare alla casa.

Noemi, ha detto Umberto Durini, «era la ragazza più brava del mondo. Non era perfetta, ma era brava e onesta». Una settimana prima della scomparsa, racconta ancora il padre, «stava finalmente bene. Tornava a casa tutte le sere alle 20 e mi abbracciava, era riuscita a lasciarlo». Ma allora cosa è successo? Secondo l'uomo il nodo di tutto è il ruolo dei genitori del fidanzato, in particolare del padre. «Aveva un odio per mia figlia che non era comprensibile - afferma - e ne faceva le spese anche il ragazzo. Un mese fa lo hanno cacciato di casa e sono stato io a portarlo in farmacia per prendere i farmaci».

Il padre di Noemi avrebbe aiutato il diciassettenne anche in altre occasioni. «Andava a dormire nelle baracche e io l'ho portato a casa mia, gli compravo i vestiti, le sigarette». Dopo le reciproche denunce di maggio, racconta ancora l'uomo, ha cercato un incontro con i familiari del giovane, senza riuscirci, «sono venuto qui per parlare e loro mi hanno aggreddito, dicevano "non vogliamo avere niente a che fare con i drogati". A me? Come se fossi un delinquente. Avevano un odio per mia figlia indescrivibile». Ma cosa è successo il 3 settembre?

Umberto Durini non accusa direttamente dell'omicidio il padre del ragazzo, ma neanche lo esclude. Ed in ogni caso la sua versione, al momento, non ha alcun riscontro investigativo. «Mia figlia quella mattina è uscita per chiarire - dice - è appena è salita in macchina il ragazzo deve averla tramortita con un pugno. Poi è andato a casa e il padre ha visto la situazione e ha detto "ci penso io". Ha fatto tutto lui - ribadisce - ha fatto festa come un bambino a Disneyland».

Sulla vicenda interviene l'Ordine nazionae dei giornalisti, che invita a «rispettare i doveri deontologici che purtroppo talvolta vengono calpestati in nome del diritto di cronaca» e «divulgare le notizie rispettando la verità sostanziale dei fatti. L'ultimo "caso" che riguarda la trasmissione Rai "Chi l'ha visto" è il classico esempio da non seguire. Il naturale coinvolgimento emotivo non deve violare i principi deontologici, soprattutto quando, come a Specchia, le vicende riguardano persone minorenni. La cosiddetta "tv del dolore" quando affronta questi argomenti lo fa declinandoli in un modo che molto concede alla spettacolarizzazione dei drammi personali o collettivi: tutto ciò è vietato dal nostro codice deontologico».

 

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