Alberto Stasi insultato sul web, l'imputata: «Chiara mi parla dall'aldilà»

Alberto Stasi insultato sul web, l'imputata: «Chiara mi parla dall'aldilà»
di Claudia Guasco
3 Minuti di Lettura
Venerdì 4 Maggio 2018, 19:01 - Ultimo aggiornamento: 5 Maggio, 12:54
La sua autodifesa è un colpo al cuore per la mamma e il papà di Chiara, che con la figlia non hanno mai smesso di parlare anche se lei non c’è più da quattordici anni. «Non volevo minacciare Alberto Stasi, io avevo paura di lui. Scrivevo quello che mi diceva Chiara, con cui comunicavo anche dopo la sua morte perché ho questo dono fin da bambina». E’ ciò che racconta ai giudici durante l’interrogatorio Maria Grazia Montani, imputata a Milano per diffamazione e minacce aggravate nei confronti dell’ex bocconiano, oggi trentaquattrenne, condannato a sedici anni di carcere per l’omicidio della fidanzata. E diventato il bersaglio di minacce e insulti nella pagina Facebook dal nome «Delitto di Garlasco: giustizia per Chiara Poggi», aperta nel 2009.

L’APPOSTAMENTO AL METRO’
Maria Grazia Montani, cinquantuno anni, sostiene di «parlare quotidianamente» con la ragazza uccisa nel 2007 e di inviare degli sms con i suoi messaggi alla madre della giovane. Ed è proprio Chiara, insiste davanti ai giudici, a dirle di leggere alcuni «articoli di giornale» relativi al delitto, avvenuto a Garlasco nella villetta di famiglia in via Pascoli. «Chiara mi parlava anche nel sogno - afferma l’imputata - e alcune volte mi svegliavo urlando». La donna fornisce la sua versione anche a proposito di un incontro con Stasi avuto a Milano nel parcheggio della stazione Famagosta, nel settembre 2013. Un episodio di cui ha parlato lo stesso Stasi, parte civile nel processo, riferendo di essere stato pedinato e fotografato dalla Montani. Che, dal canto suo, riferisce di essere alla fermata della metropolitana poiché Chiara le ha detto di andare: «Mi trovavo lì perché in quel periodo, tre volte alla settimana, andavo a casa di mio padre a fare le pulizie. Quel giorno è stata Chiara a dirmi che Stasi si trovava in auto per questo sono uscita e ho scattato prima una foto alla mia macchina e poi alla sua. A quel punto l’ho visto accovacciato sul sedile posteriore». Rispondendo a una domanda del legale di parte civile, Giada Bocellari, che le chiedeva come sapesse che proprio quella fosse la vettura dell’ex bocconiano, la donna replica: «Lo sapevamo tutti qual era la sua macchina. Lo abbiamo letto sui giornali».

INSULTI E ACCUSE
Sempre dai giornali e da un libro inchiesta sul delitto, aggiunge la Montani, «ho tratto spunto per la pagina Facebook».
Piena zeppa di post violenti e insultanti citati proprio da Stasi nella scorsa udienza: epiteti come «bastardo», accuse di «corruzione di periti e giudici e di vendita di organi umani», di «rapporti di parentela con i clan». Inoltre, afferma, c’erano anche «dettagli inventati sulla mia vita personale, cioè che facevo festini a sfondo omosessuale e gay» e «che assumevo sostanze stupefacenti». Molte anche le minacce: «Stasi sei finito, la pagherai, non basteranno i proiettili a fermare la parola divina». Come spiega l’ex bocconiano, «se si leggono le centinaia di messaggi pubblicati si comprende l’ossessione di questa persona nei miei confronti». La vicenda, conclude, ha avuto un «impatto emotivo su di me e sulle persone che mi sono vicine». Prossima udienza il 18 giugno per le conclusioni del pm, della parte civile e del difensore dell’imputata, l’avvocato Adriano Bazzoni.

 
© RIPRODUZIONE RISERVATA