Umbria al centrodestra, così cade l’ultimo bastione del potere rosso

Umbria al centrodestra, così cade anche l ultimo bastione del potere rosso
Umbria al centrodestra, così cade anche l’ultimo bastione del potere rosso
di Mario Ajello
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Lunedì 28 Ottobre 2019, 01:19 - Ultimo aggiornamento: 15:32

dal nostro inviato
PERUGIA E’ la fine di una certezza politica e di un mito che, già barcollante e sfregiato, non si pensava crollasse con questa virulenza. Viene giù il muro dell’Umbria, si schianta il rosso più rosso con il suo sistema fatto di cooperative, di ong, di centri di accoglienza e di solidarietà, di Arci e di Coldiretti, di chiesa di sinistra (quasi tutta), di catto-comunismo, di una storia, di un’epopea, di una classe dirigente che viene da lontano e ha riprodotto se stessa senza veri innesti giovanili e reali forme di innovazione. «La Germania dell’Est è durata meno di noi e noi ci siamo schiantati peggio di loro», s’ironizza quaggiù di fronte a un’affluenza ai seggi straordinaria, di massa, senza rabbia ma con una determinazione da popolo compatto, tutti scheda in mano per sfrattare i padroni di sempre. 

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La nuova, improvvisata, subcultura grillo-dem ha malamente provato a sostituirsi a quel che c’era, ha tentato la discontinuità nella continuità ossia il trasformismo in rosso-giallo, ma niente: gli umbri sono gente che sa vedere le cose e hanno detto basta. Ma pure il salvinismo trionfante e la destra-centro che ha azzerato gli avversari dovranno stare attenti alla praticità e alla maturità politica di questa gente: se il Capitano, come lo chiamano i suoi, pensa di essere diventato il capitano di ventura di un popolo che si mette nelle sue mani si sbaglia. Hanno votato per la Lega, ma pronti a ricredersi se la sostituzione di un sistema bloccato dovrà risolversi in un flop amministrativo - la neo-governatrice Tesei dà comunque garanzie di serietà, ma occhio alla burocrazia regionale che almeno all’inizio remerà contro - e in risposte vage o solo propagandistiche ai bisogni di questa terra. 

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PERIFERIE
«Quando è troppo è troppo. E 50 anni dello stesso potere sono troppi», lo dice una anziana signora, Carolina Intieri, davanti al seggio della scuola Volumni, a Ponte San Giovanni, periferia di Perugia. Dall’altra parte della strada c’è la parrocchia di San Bartolomeo. I fedeli escono dalla chiesa e vanno al seggio. «I preti ci dicono di votare in un modo, ma io voterò in un altro modo», è il mood dei più. Ma Salvini sparge odio? «Questo lo dice lei, e comunque gli altri si sono squagliati». Nelle sezioni elettorali c’è il grillino pentito che è già passato alla Lega ma non ha il coraggio di ammetterlo e dice: «I notabili del Pd hanno cercato si sfruttare la forza della nostra protesta, l’esasperazione dell’opinione pubblica che vuole cambiare, e hanno provato ad annettersela con questa strana alleanza. Ma noi non siamo mica babbei!». 
 

Ogni fine impero ha le sue conseguenze immediate. Come questa che riguarda Renzi il quale si aspettava - e forse ci sperava - il crollo del Pd puntualmente avvenuto. Già nei prossimi giorni, con i dem in smobilitazione, potrebbero nascere nel consiglio comunale di Perugia e in quello di Terni i gruppi di Italia Viva. E così anche in Regione e il nome sarà Umbria Viva. E l’umore dei militanti dem lungo la giornata ieri variava così: «Perderemo di dieci punti o di venti?». Il Pd è passato dal 44 per cento del 2008, candidato premier Veltroni, al 24,9 delle politiche 2018 con Renzi segretario e al 23,9 delle ultime Europee (con la Lega al 38, primo partito). La spiegazione è semplice secondo Alberto Stramaccioni, storico ma anche ex deputato dell’Ulivo: «La crescita della sinistra in questi decenni è andata di pari passo con quella dello stato sociale. Con il ridursi del benessere, è aumentata l’insofferenza verso il governo locale». Prima il centrodestra s’è preso il 62 per cento dei comuni, ora tutto il pacchetto regionale. 

RIVOLUZIONE
Si sta avviando al seggio di Ponte San Giovanni un quarantenne, Francesco Orsina, che si occupa di fondi europei. Racconta: «Votavo Pci, poi Rifondazione Comunista e via dicendo. Ora scelgo la Lega. Ma attenzione, non dovete credere che nella nostra regione cambierà tutto. C’è una stratificazione sociale consolidata, famiglie che dominano e continueranno a dominare, rapporti politici e istituzionali di lungo periodo che troveranno correzioni e nuove composizioni ma in un quadro di stabilità. Anche la Chiesa, così come il resto dell’establishment che strepita contro Salvini, avrà modo di riposizionarsi. Basti vedere Perugia».

Dove c’è un apprezzato sindaco al secondo mandato, il forzista Andrea Romizi, e tutto va avanti senza troppi scossoni con i pezzi del potere tradizionale che sulle prime non sapevano come riposizionarsi e poi s’è trovato un nuovo sistema di convivenza. «Chi crede che in Umbria ci sarà la rivoluzione non ci conosce», dice un anziano elettore ex Pci, mentre esce dal seggio di Bastia. Ma come fa un comunista a votare Salvini? «La Lega è tante cose, non è soltanto le grida e gli slogan del suo capo». Si spera che la Tesei, non un’agitatrice ma un’amministratrice, ex sindaco di Montefalco, riesca a trovare quella rete di competenze tecnico-burocratiche in grado di risollevare una regione allo stremo.

Il «votavo a sinistra e ora voto Lega» è il tormentone rimbombato ovunque nei seggi, da Montecastrilli a Citta di Castello, da Umbertide a Corciano, da Foligno in giù e in su. E anche, ancora di più, ogni voto grillino mancato è stato un voto a favore della ruspa salvinista che ha spianato i 5 stelle. Il risentimento sociale anche verso gli immigrati prima accolti a braccia aperte e poi sempre meno - ma l’odio razziale non c’è, e non appartiene minimamente al carattere antropologico degli umbri - ha contribuito a produrre questo ribaltone generale. Che il mainstream sui social e nei ritrovi della sinistra ha già cominciato a trattare così: «L’Umbria è terra di cultura, di storia, di pace e di amore, come ha potuto mettersi nelle mani di uno come Salvini?». Infatti, non ci si è messa. Da stamane, il cosiddetto Capitano - in cerca di altri scalpi - non penserà più a questa regione. E non è detto che sia un male.

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