Tria: «Non mi dimetterò». E il rimpasto è congelato

Tria: «Non mi dimetterò». E il rimpasto è congelato
di Alberto Gentili
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Domenica 30 Dicembre 2018, 09:30 - Ultimo aggiornamento: 13:39
ROMA Ora che la legge di bilancio è a un passo dal via libera definitivo, tutti gli occhi giallo-verdi si appuntano su Giovanni Tria. Quelli a 5Stelle nella speranza che lasci. Gli sguardi della Lega con l'auspicio che decida di resistere, nonostante sia stato per mesi - insieme ai tecnici del ministero dell'Economia - nel mirino di Luigi Di Maio & C. Ebbene, ieri sera lasciando la Camera dove era in corso il voto di fiducia, Tria ha deluso i grillini. «E' stata dura, durissima, ho dovuto ingoiare molti rospi e tanta amarezza, ma resto. Non ho intenzione di dimettermi», ha confidato.

Parole che di fatto congelano la road map verso il rimpasto di governo, nonostante che perfino Giuseppe Conte venerdì avesse aperto clamorosamente a questa ipotesi «a condizione che non destabilizzi l'esecutivo». Non a caso Matteo Salvini, informato per tempo da Tria, ieri ha messo a verbale: «Rimpasti? Ipotesi surreale e totalmente false. Squadra che vince non si cambia, siamo il governo con il più alto indice di fiducia dei cittadini in Europa».

La tentazione di cambiare la squadra in realtà è condivisa sia dai 5Stelle, sia dalla Lega. Di Maio, che avrebbe voluto sostituire Tria in corsa, da qualche tempo non nasconde la propria insofferenza verso il campione di gaffe Danilo Toninelli (Trasporti e Infrastrutture), Elisabetta Trenta (Difesa) giudicata troppo lontana dall'anti-militarismo caro ai grillini, Giulia Grillo (Salute) ritenuta «poco efficace» al pari di Alberto Bonisoli (Cultura). E Di Maio sposterebbe inoltre molto volentieri la viceministra Laura Castelli, dall'Economia a un altro dicastero di seconda fascia. Ma, come afferma un esponente pentastellato, «se facciamo un rimpasto adesso finiamo per perdere forza e ministri». Spiegazione: «Quando abbiamo tirato su il governo avevamo praticamente il doppio dei voti della Lega, ora è tutto diverso in base a ciò che dicono i sondaggi e Salvini vorrebbe più poltrone». Un ragionamento condiviso da Di Maio. Da qui la frenata (brusca) di venerdì dopo le parole di Conte, con una smentita dettata da Rocco Casalino: «Il rimpasto è un'ipotesi inesistente e irrealistica».

I MAL DI PANCIA
Anche nel Movimento monta però l'insofferenza. A darle voce è la senatrice ribelle Elena Fattori: «Sarebbe ora di sostituire tutti gli inesperti fedelissimi» di Di Maio, «con persone di livello. Ce ne sono tante, le abbiamo candidate nei collegi uninominali e abbiamo sempre detto di essere attenti alla meritocrazia, all'esperienza e alla capacità. Invece...».

Salvini, che frena sul rimpasto per salvare Tria e non mettere in discussione Paolo Savona (il responsabile per le Politiche europee è però dato per partente dopo le «tante delusioni» subite), non ha fretta. Certo, vorrebbe mettere le mani sulle Infrastrutture per dare una sterzata alla questione delle grandi opere, Tav inclusa, che allarma e indigna il suo elettorato del Nord. Ma a gennaio potrebbe accontentarsi di provare a ritoccare il contratto di governo, inserendo nel patto con i grillini anche l'Alta velocità Torino-Lione. Senza però andare alla guerra con Di Maio: il capo della Lega sa che i 5Stelle, dopo aver ingoiato la Tap e dato il via libera al Terzo Valico, avrebbero estrema difficoltà a digerire anche la Tav. Meglio perciò, confidando in un rinvio concordato con la Francia per evitare di perdere i fondi europei, aspettare le elezioni europee del 26 maggio.

SORPASSO CERTIFICATO
Da quel voto Salvini è convinto di uscire con molti più consensi dei grillini, certificando il sorpasso che già gli accreditano i sondaggi. «A giugno, con in tasca i numeri certi usciti dalle urne che dimostreranno che dal 17% del 4 marzo scorso saremo arrivati sopra il 30%», dice un alto esponente leghista, «sarà naturale fare il rimpasto in ragione dei nuovi equilibri e cambiare anche il contratto. Farlo prima, a gennaio, sarebbe ugualmente possibile, ma avremmo davanti i 5Stelle non ancora piegati dal voto europeo... e dunque sarebbe più problematico incassare ciò che vogliamo».

La Lega - che ha ormai tracciato un solco con Forza Italia come ha dimostrato la protesta forzista di ieri alla Camera - sembra scegliere perciò una posizione attendista. Non sono però da escludere accelerazioni. «Certe cose non si annunciano prima, per questo Salvini ha smentito l'ipotesi del rimpasto», dice un ministro lumbard, «ma se le condizioni lo consentiranno, se anche Di Maio volesse davvero mettere mano alla squadra di governo, a gennaio non è da escludere una verifica e qualche sostituzione in corsa». Tanto più che a partire dal 7 gennaio si annuncia un nuovo braccio di ferro. Questa volta su come elargire il reddito di cittadinanza e sulla riforma della legittima difesa.
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