Nicola Zingaretti, cosa cambia nel Pd (e le ricadute su Roma) dopo l'annuncio delle dimissioni

Zingaretti, cosa cambia nel Pd (e le ricadute su Roma) dopo l'annuncio delle dimissioni
Zingaretti, cosa cambia nel Pd (e le ricadute su Roma) dopo l'annuncio delle dimissioni
di Mario Ajello
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Venerdì 5 Marzo 2021, 10:19 - Ultimo aggiornamento: 12:05

Stefano Bonaccini, il possibile segretario del Pd dopo Zingaretti, se vincerà le primarie, lo diceva prima delle dimissioni di Nicola e lo ripete in queste ore agli amici: «Io sono a disposizione del partito». Il governatore dell’Emilia Romagna ha sentito Zingaretti, per farsi spiegare i motivi dell’addio, e gli ha detto: «Nicola, ci consociamo da una vita e ti stimo. Con te sono sempre stato leale». Ma ormai Zingaretti è fuori, non vuole recedere dalla sua scelta «irrevocabile» e Bonaccini è la carta del Pd per il dopo. Senza forzature però, seguendo tutte le procedure congressuali, spiegano gli amici del governatore emiliano-romagnolo, un modenese nato e cresciuto nella ditta comunista ma ora capace di parlare a tutti.

Ovvero, quando ci saranno le primarie, dopo il periodo di reggenza che comincerà la prossima settimana, Bonaccini sarà in campo per la corsa alla segreteria. Con ottime probabilità di successo. E se il derby sarà tra lui (il filo-renziano ma non vuole certo farsi schiacciare in questa etichetta che in effetti gli sta stretta) e Andrea Orlando (l’attuale vice di Zingaretti ma non si sa quanto ne sarà politicamente il continuatore), tutti scommettono sulla vittoria di Bonaccini. Il cui progetto è: uscire dalla stagione dell’anti (dopo l’anti-berlusconismo, l’anti-salvinismo e l’anti-renzismo) e riportare nel Pd tutti quelli che se ne sono andati, da Renzi a Bersani


A Roma tra chi tifa Bonaccini si fa questo ragionamento: con lui alla segreteria, se riesce a diventare segretario il più presto possibile, possiamo puntare come candidato sindaco su Carlo Calenda, perché è nello spirito di Stefano, iper-riformista, non rivolto verso i 5 stelle come Zingaretti (che li ha imbarcati nel suo governo regionale), rappresentante di quell’area di innovazione liberale che per Bonaccini dovrà fare parte dei dem. Ipotesi possibile questa della carta Calenda per il Pd. Ma la via principale è un’altra per Roma. Quella di schierare per il Campidoglio l’ex ministro Roberto Gualtieri, che è a un passo dal dire di sì.

Ormai ha quasi rotto gli indugi. Chi lo conosce bene dice che è pronto ed è contento di avere più tempo per prepararsi visto che il voto sarà a ottobre e non più in questa primavera. Zingaretti non solo in queste ore dice a tutti che non ci pensa minimamente alla propria candidatura ma aggiunge anche che Gualtieri andrebbe benissimo e nel caso gli darebbe una forte mano dalla sua posizione - da lì non si smuove - di presidente della Regione Lazio. 

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Il fatto è che Nicola è indignato nei confronti del correntismo  del Pd che giudica «vergognoso» e anche stamane - parlando con gli amici e con i collaboratori più stretti in Regione - si è detto «finalmente sollevato»: «Non ne potevo più di indossare h24 la corazza per difendermi dagli attacchi provenienti da tutte le parti». Però nel partito resta, al partito rimane affezionato, «non smetterò certo di fare politica». E Roma sarà la sua piazza ancora di più di quanto non lo sia stata finora. E al Nazareno raccontano: «Se pure Bonaccini, ma è tutto da vedere, dovesse puntare su Calenda, Nicola non ci punterà di certo. E tra i due, quaggiù nella Capitale, credete che conti più Bonaccini o più Zingaretti?». Il secondo ovviamente, ma per ora. Perché quando c’è un nuovo leader, scattano fedeltà e conformismi molto forti e a cascata.  

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