Salvini e il processo Gregoretti: «Porterò Conte in tribunale». E parte l'offensiva Regionali

Salvini e il processo Gregoretti: «Porterò Conte in tribunale». E parte l'offensiva Regionali
Salvini e il processo Gregoretti: «Porterò Conte in tribunale». E parte l'offensiva Regionali
di Mario Ajello
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Giovedì 13 Febbraio 2020, 07:24 - Ultimo aggiornamento: 07:27
«Non sono spaventato affatto. Sono tranquillissimo. E' andata come doveva andare e mi sento libero di poter dimostrare che non sono un criminale, ma un patriota». E questo sarà lo spartito di Matteo Salvini nelle prossime settimane - il 17 arriverà la tegola Open Arms nel voto in Giunta delle autorizzazioni a procedere - e dei prossimi mesi che saranno di campagna elettorale per le regionali di maggio. Nei comizi e in ogni altra iniziativa, il Matteo Martire diventerà una presenza fissa. Un format che nella Lega sperano efficace. Più funzionante di quanto è accaduto in Emilia Romagna il mese scorso.

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Ma soprattutto: la foto dell'assenza nell'aula del Senato di Conte e di Di Maio e di tutti gli altri, i ministri che già lo erano al tempo giallo-verde e quelli che lo sono al tempo rosso-giallo, è quella su cui il capo leghista ha deciso di battere e ribattere. «Hanno paura delle loro azioni, si nascondono, scappano, gente che con me proprio come nel caso Diciotti ha gestito la vicenda Gregoretti e ora fanno i furbi. Spariscono perché hanno paura della loro indegnità, scappano perché non hanno il coraggio di dire la verità».

Salvini in realtà rischia, perché la concentrazione di inchieste (continuano le indagini sul caso rubli, è ancora in ballo il problemaccio 49 milioni e via dicendo, a cominciare proprio dalla Open Arms) è piuttosto fitta, ma la sua linea è quella della sfida totale. Non alla magistratura - «La rispetto» - ma ai nemici che «usano la giustizia per eliminare il nemico politico. E questa è una barbarie a cui mai mi arrenderò». Lo dirà in tutte le piazze che continuerà a solcare, e da qui a maggio da Nord a Sud il Salvini da bagno di popolo sarà in tour con il suo «lo rifarei» (ciò che ha fatto per la Gregoretti).
 


I RISCHI
«Non ho visto in aula Conte e Di Maio - incalza Salvini - ma tanto ci vedremo in un'altra aula. Quella del tribunale». Il capo leghista è tentato di trasformare in un super show e in un solenne palcoscenico elettorale il processo per la Gregoretti in vista del voto per le regionali. La strategia del martire? «Ma quale martire, la strategia della verità!», dicono alla Lega. «So che non vanno di moda la coerenza e la verità - questo il mood del leader - ma io sono stato educato nel rispetto di questi due valori e sarà forte di questi che affronterò i prossimi mesi. Vogliono processarmi dieci volte? Facciano, sono qui. Spero che si sbrighino».

La soddisfazione di far convocare Conte e Di Maio come testimoni al processo sarà massima. Ma soprattutto, nella Lega considerano che le divisioni tra la procura e il tribunale dei ministri di Catania, con la prima che voleva archiviare l'inchiesta, può essere un segno positivo per lo sviluppo del giudizio. A giudicare l'ex titolare del Viminale non saranno i giudici del tribunale dei ministri, presieduto da Nicola Lamantia, esponente storico di Magistratura Democratica. Per legge, Salvini verrà processato da una sezione ordinaria del tribunale di Catania e può sperare in un trattamento più comprensivo di quello ricevuto finora. La lista dei testimoni che verranno chiamati in aula, dalla difesa e dall'accusa, sarà è piena di vip. «Avremo da divertirci», ironizza ma neanche tanto Salvini.

PUZZLE IMPAZZITO
Nel frattempo il capo leghista rivolge parole di apprezzamento per la Meloni, comparsa in tribuna al Senato per portare il suo sostegno al leader alleato. «Mi ha fatto piacere vederla a Palazzo Madama. Nessuna frizione con lei. E sappiamo entrambi che il centrodestra è al 50 nel nostro Paese, e se si votasse oggi vinceremmo». Però in attesa del voto politico, e il rischio per la Lega è che sia non prima del 2023, c'è quello delle regionali. E qui, le contese sono ogni giorno più forti. Salvini non vuole restare inchiodato alla Toscana difficilissima da vincere, dove il candidato presidente dovrebbe essere scelto da lui - e non sarà, nel caso, un leghista o una leghista dura e pura e poco unificante e perdente come la Borgonzoni in Emilia - sta sparigliando su tutto. Punta sulla Puglia, ma difficilmente la Meloni mollerà la candidatura Fitto, e la Lega non ha una figura di grande richiamo per ora da mettere in campo.

Mercoledì prossimo Salvini sarà tra gli agricoltori del leccese. I suoi intanto fanno la guerra a Fitto: «Basta con figure che parlano solo al vecchio ceto politico», questo il refrain. Lollobrigida, di Fratelli d'Italia, accusa: «Salvini non metta a rischio l'unità del centrodestra». E proprio alle candidature si riferisce. Alla guerra che - la Lega non può accettare l'eventuale vittoria di Forza Italia in Campania con l'azzurro Caldoro e in Puglia con il meloniano Fitto restando a mani vuote e fuori dal Sud - anche sulle Marche s'è scatenata. Dovrebbero toccare a Fratelli d'Italia, con Acquaroli, ma niente: «Sarebbe bello se il centrodestra si rinnovasse», è il diktat di Molteni, fedelissimo di Matteo. E sono parole di sfida.
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