Salvini, dubbi su Giorgetti: «Al governo ci vado io»

Salvini, dubbi su Giorgetti: «Al governo ci vado io»
Salvini, dubbi su Giorgetti: «Al governo ci vado io»
di Emilio Pucci
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Venerdì 12 Febbraio 2021, 00:03 - Ultimo aggiornamento: 12:09

Qualcuno tra i dirigenti parla di mondo al contrario, di parti capovolte nella Lega. Non è una questione di rapporti né di ruoli, ma ora è Salvini a volere il partito di via Bellerio dentro al governo e Giorgetti più dubbioso. Non si tratta di calcoli politici, ma il numero due della Lega a più di un interlocutore ripete che il rischio è che sia un errore. Intanto perché le altre forze politiche faranno di tutto per tenere la Lega fuori da ogni decisione sui provvedimenti, «non ci vogliono». Pesa l’avversione nei confronti di Salvini. «Non vorrei che Draghi stesse chiamando tutti tranne che noi», la paura, per esempio, di un ex ministro.

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Ma nelle considerazioni dell’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio c’è dell’altro: la Lega in Europa resta a metà del guado, schiacciata tra Le Pen e il Ppe, e in Italia è insidiata da FdI.

Nessun timore da parte di Giorgetti, invece, nei confronti dell’operato dell’ex numero uno della Bce. «Farà bene, è un fuoriclasse», il suo refrain. Fatto proprio, e rilanciato, da tutto il fronte nordista, Luca Zaia in testa.

LE PERPLESSITÀ
Le perplessità sono legate, quindi, al perimetro, al fatto che in Cdm i rappresentanti del Carroccio possano essere in qualche modo ghettizzati. Invece il segretario queste remore se le è tolte da tempo. «Io non mi alzo la mattina dicendo spero di fare il ministro, però se Draghi dirà “c’è bisogno di te per dare una mano” io ci sono», ha detto ieri sera a Porta a porta. Poi il rapporto con FdI: non sopporta più questo derby sovranista. Nulla di personale, ovviamente. Ma Salvini ha scommesso su Forza Italia, sulla possibilità di stringere un patto di ferro con il Cavaliere, poi ovviamente se la legge elettorale non dovesse venire toccata, allora si tornerà tutti insieme. Salvini vuole Draghi perché ha sposato proprio il progetto iniziale di Giorgetti, quello di accreditare la Lega come forza governista, seguendo le richieste dell’elettorato del Nord, degli imprenditori di riferimento, rispondendo alla chiamata post-guerra del Capo dello Stato. E guardando a Draghi come a una sponda amica, anche quando si dovrà votare per il prossimo Capo dello Stato (per l’ex ministro dell’Interno sarà proprio «Mr Bce»).

AVANTI UN ANNO
Per il Carroccio l’esecutivo durerà un anno, non di più. Ma per far sì che il segretario possa essere il prossimo presidente del Consiglio i leghisti vogliono che sia Salvini a sedersi in Cdm. Non Giorgetti. E neanche Salvini vorrebbe il numero due lumbard. Non perché – o perlomeno è quanto viene spiegato da un ex ministro - non si fidi di lui ma perché con Giorgetti ministro prevarrebbe la tesi di una Lega buona e di una Lega cattiva. Continuerebbe la narrazione di un Salvini con la felpa e non con il vestito buono da palazzo Chigi, mentre il leader vorrebbe guidare in prima persona il processo della “nuova” Lega. Ma il Pd è per il no a Salvini, non ritiene certo utile bissare i tempi del compromesso storico e di un governo costituente, con De Gasperi e Togliatti attorno allo stesso tavolo.

LA SVOLTA
Nel partito di via Bellerio si insisterà fino all’ultimo, con la tesi che la svolta moderata è stata impressa da Salvini, non da altri. Per questo motivo non sono stati messi veti né paletti. Se poi non ci dovesse essere il segretario della Lega, si opterà per due ministri in una rosa di nomi che comprende Bongiorno, Candiani, Garavaglia e Centinaio. Fanno gola i dicasteri dell’Agricoltura, dello Sviluppo, degli Affari regionali, considerato che Fedriga dovrebbe diventare tra qualche settimana presidente della Conferenza delle Regioni.
Detto questo, in pubblico Giorgetti e Salvini recitano la propria parte. Nessuno parla di ministeri (lo ha fatto ieri Salvini, ma per promuovere quello della Disabilità). Il primo dice che chi non sta nell’esecutivo se ne assumerà la responsabilità, il secondo che c’è ancora il rischio che qualcuno voglia rovesciare il tavolo. Si attende Draghi. Ma con l’auspicio che l’ex numero uno della Bce possa avere il coraggio di schierare in squadra anche il segretario. E se non dovesse succedere? «Per noi sarebbe un problema», dice un senatore. «No, andremo avanti lo stesso», spiega un deputato.
Ma quella sarebbe eventualmente un’altra partita e l’orientamento è che la Lega ci sarebbe lo stesso.

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