Elezioni comunali, Salvini fa autocritica. Processo dei “nordisti”: «Devi cambiare linea»

Il leader: «Nelle grandi città abbiamo scelto i nostri candidati troppo tardi»

Elezioni comunali, Salvini fa autocritica. Processo dei “nordisti”: «Devi cambiare linea»
Elezioni comunali, Salvini fa autocritica. Processo dei “nordisti”: «Devi cambiare linea»
di Marco Conti
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Lunedì 4 Ottobre 2021, 23:35

Da buon ex “comunista padano”, Matteo Salvini fa autocritica in diretta tv per evitare che si apra un processo nei suoi confronti, nella Lega e nella coalizione. «Nelle grandi città abbiamo presentato la nostra proposta di cambiamento troppo tardi», spiega subito dopo i primi exit poll. «Il centrodestra unito vince ma deve essere unito davvero», ammonisce. E infine, a scanso di equivoci, mette le mani avanti e dice che «se qualcuno usa questo voto, per abbattere il Governo di unità nazionale, fa qualcosa di irresponsabile».

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Comunali, Salvini fa autocritica

Nella difesa a spada tratta del governo c’è chi coglie il primo segnale di un possibile cambio di passo dell’ex ministro dell’Interno che continua a misurare il risultato di ieri sulla base delle amministrazioni vinte e perse e non sull’importanza dei comuni. Nascondere la debacle di Milano, dove ad un certo punto si era ipotizzata anche una sua candidatura, è però difficile. La vittoria di Beppe Sala era annunciata, ma le percentuali del Carroccio sono devastanti soprattutto se paragonate all’avanzata di FdI che nel capoluogo lombardo ha triplicato i voti malgrado lo scandalo seguito all’inchiesta di Fanpage.

I ballottaggi a Roma, Torino e Trieste consentono, forse, al leader leghista un po’ di tregua. Trascorse le due settimane la resa dei conti è però scontata anche se nel partito la fronda non arriva a chiedere la testa del segretario, ma una robusta correzione di rotta. I risultati non cambiano le percentuali nazionali che da tempo danno il centrodestra avanti, ma lo penalizzano con la fuga dall’esercizio del voto quando la proposta è inadeguata sia sotto il profilo dei candidati che della proposta politica.

 

BERLUSCONI

Silvio Berlusconi lo ha capito per primo quando ha proposto di scegliere in futuro i candidati con «metodi più democratici, ma il problema della Lega sta tutto in quel “partito del Nord” - al quale ieri Salvini ha mandato un messaggio sulla volontà di non voler compromettere il governo - ma che continua a contestare la linea del segretario che, a giudizio dei governatori e della pattuglia di ministri, sbaglia a tenere una posizione ambigua nel rapporto con il governo, come ha sbagliato a contestare le misure adottate dall’esecutivo per arginare la pandemia. Su tutti la polemica sul Green pass che Salvini ha cercato in tutti i modi di bloccare scontrandosi prima con i ministri Giorgetti e Garavaglia e poi con i presidenti di regione Zaia e Fedriga. Presentarsi agli elettori come una coalizione che ha tre linee politiche diverse e due leader, non ha funzionato e soprattutto dilaga la convinzione che Salvini non sia in grado di riportare il centrodestra a Palazzo Chigi e che quindi sia meglio acconciarsi a cambiare la legge elettorale rispolverando il sistema proporzionale. Salvini però non ha voglia e definisce «perdita di tempo» riaprire la discussione sulla legge elettorale. Ha dalla sua le percentuali che, malgrado tutto, sono ancora lusinghiere per un partito che il segretario ha preso al 3%. Sono alle spalle i fasti del 2019 con le percentuali che andavano oltre il 30%, ma il Carroccio è ancora ben sopra la Lega di Bossi. Il rischio però è che, specie al Sud, si tratti di un consenso volatile, certamente meno fidelizzato di quello che per anni ha permesso al Senatur di vincere le elezioni in alleanza con Forza Italia e centristi. E poichè il Nord non vuole essere escluso dal governo, specie in questa stagione di ripresa e di miliardi del Recovery, ovvio che l’elettore leghista finisca col fidarsi più di Draghi che, per esempio, di Bagnai o Borghi e decida di starsene a casa. Ciò che rimproverano da tempo Zaia e Fedriga a Salvini è di avercapito il messaggio del Nord prima degli altri - sbarrando la strada ai tentativi di Pd e 5S di far nascere un terzo governo Conte - salvo poi prendere le distanze lasciando al nuovo segretario del Pd il ruolo di alfiere dell’esecutiivo-Draghi.

LA COSTOLA

 

«Lega e FdI da soli non vincono», ricorda Maurizio Lupi, ex ministro e esponente di “Noi con l’Italia”, una delle formazioni di centro sorta da una costola di FI. La deriva “lepenista” preoccupa l’area di centro della coalizione che si salda con quella parte del Carroccio che visse anche la stagione nella quale il partito venne definito «una costola della sinistra». Rischiare di fare la fine della francese Le Pen che fa il pieno dei voti ma non governa, atterrisce coloro che ricordano anche quando nel ‘96 la Lega andò da sola alle elezioni, fece il pieno dei voti, ma restò all’opposizione per cinque anni insieme al resto del centrodestra. Salvini ieri ha fatto riferimento anche alle elezioni amministrative del prossimo anno e ha promesso di scegliere i candidati «entro novembre». Ma a via Bellerio i dubbi restano, specie di coloro che rammentano al segretario che Beppe Sala ha iniziato la sua avventura politica come city-manager della sindaca di centrodestra Letizia Moratti. 

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