Salvini: noi nella morsa dei pm
E frena sulla crisi di governo

Salvini: noi nella morsa dei pm E frena sulla crisi di governo
di Marco Conti
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Mercoledì 8 Maggio 2019, 07:31 - Ultimo aggiornamento: 11:32

Nel tritacarne politico-giudiziario Matteo Salvini sa di esserci entrato e preferisce non agitarsi troppo. Almeno sino alle elezioni Europee. Mentre le inchieste della magistratura si infittiscono a ridosso del voto, e colpiscono esponenti della Lega e di quella parte di FI che governa con il Carroccio, Luigi Di Maio, si presenta a metà pomeriggio alla Camera con il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. La surreale scena del vicepremier che attacca gli esponenti della Lega e giudica le inchieste - aperte e non - con il Guardasigilli al suo fianco, dà la misura di una maionese che rischia di impazzire. Il vicepremier grillino è convinto che la risalita nei sondaggi del M5S sia dovuta alla dura polemica sul sottosegretario Siri. E quindi che imbracciare legalità e giustizialismo alla fine paghi, anche se l'obiettivo preferito degli affondi pentastellati sono gli alleati leghisti.

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I TEMI
Una rissa che oltretutto nasconde la crisi economica e che, secondo i patti, dovrebbe cessare dopo il 26 maggio. Anche ieri Di Maio e Salvini hanno infatti ripetuto che «non ci sarà nessuna crisi di governo» dopo il consiglio dei ministri di oggi nel quale Giuseppe Conte dimissionerà il sottosegretario Siri, malgrado il parere contrario dei ministri leghisti. Ma nella lunga sceneggiata giallo-verde, in corso da mesi, si sono ora inserite altre inchieste della magistratura, che ancora una volta rischiano di contribuire a determinare gli eventi forse più degli stessi protagonisti. Tutto fa pensare che, archiviata oggi la vicenda-Siri, il M5S intenda continuare a tenere in scacco l'alleato agitando le inchieste. Salvini ieri ha spiegato che con il M5S «ci sono spaccature ma non solo su Siri». Come dire non si illuda il M5S che la Lega possa aprire la crisi sul tema della giustizia. Ed infatti il vicepremier leghista proverà oggi a ribaltare la narrazione proponendo in consiglio alcuni temi cari alla Lega, come la flat-tax e le autonomie, e chiedendo conto ai ministri pentastellati di altre misure, come lo sblocca cantieri.

Poichè il presidente del Consiglio ha già espresso la sua opinione favorevole alla rimozione, l'esito della riunione è scontato. Così come è dovuta la firma del Capo dello Stato sul decreto. Voltare pagina non sarà però facile soprattutto per Giuseppe Conte al quale la Lega non perdona la decisione della revoca del sottosegretario - non a caso subito apprezzata dal pm Di Matteo - e che a giudizio del Carroccio crea un «pericoloso precedente» visto che «non è neppure rinviato a giudizio». La Lega considera ormai il premier «in quota M5S» e «non più garante» e l'argomento è destinato ad arricchire l'elenco della verifica post-voto, quando le percentuali elettorali si intrecceranno alle inchieste della magistratura e alle sentenze attese verso fine mese. Come quella che riguarderà il viceministro Rixi. Nel M5S da qualche giorno si respira aria più serena anche se avrebbero preferito dimissioni spontanee. Di Maio, ministro dello Sviluppo e del Lavoro, ieri pomeriggio ha sostenuto che «la prima emergenza del Paese è la corruzione» e, nell'elogiare lo spazzacorrotti, ha di fatto definito il provvedimento una sorta di volano per la crescita del Paese. «Sembrava Benigni quando in un film sostiene che il principale problema di Palermo è il traffico», sosteneva poco dopo in Transatlantico un ironico e amareggiato deputato leghista più interessato allo 0,1% di crescita che al destino del sottosegretario. Nei fatti uno scontro tra due diversi dna destinato a continuare anche dopo il 26 maggio, e che rischia di raggiungere livelli difficili da gestire nel momento del varo di una complicatissima legge di Bilancio che dovrà iniziare scegliendo come e se far aumentare l'iva.

I COSTI
Mentre il M5S vuole portare a casa la legge costituzionale che riduce il numero dei parlamentari e spinge per il salario minimo, la Lega è pronta ad aprire lo scontro sulla flat-tax da inserire nella manovra, sulla Tav e, in particolare, sui ministri Toninelli e Costa che, a giudizio del Carroccio, sono i principali ostacoli all'azione del governo, ma che invece per i grillini rappresentano barriere alla corruzione. L'inchiesta lombarda - venuta fuori ieri dopo due anni di indagine e a venti giorni dalle elezioni - sfiora soltanto il Carroccio, ma investe esponenti di FI. Un partito che governa in regione con il partito di Salvini e che di fatto rappresenta l'alleato di scorta della Lega. Il possibile indebolimento elettorale di FI rischia di rappresentare per Salvini un altro problema. Nel 94 la Lega di Umberto Bossi fece cadere il governo Berlusconi cavalcando le inchieste dell'epoca. Ora le parti sembrano capovolte e il Carroccio è costretto ad inseguire dopo che per mesi ha messo in un angolo il M5S. Resta però da vedere se la questione morale, agitata dal M5S come bandiera elettorale, riuscirà a coprire la questione economica e, soprattutto, se su quest'ultima i due leader riusciranno a trovare una sintesi senza scontrarsi con spread, investitori e Bruxelles.
 

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