Sabino Cassese: «Il rafforzamento del Campidoglio deve essere un interesse dello Stato»

Sabino Cassese
Sabino Cassese
di Diodato Pirone
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Giovedì 27 Agosto 2020, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 12:57

Professor Cassese, il governo starebbe per assegnare una specifica delega su Roma Capitale a un sottosegretario alla presidenza del Consiglio. A lei che è fra i più illustri giuristi italiani, le sembra una buona idea?
«Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento”, è scritto nell’art. 114 della Costituzione. Questo vuol dire il riconoscimento di uno status particolare alla città di Roma, uno status che consente, anzi - a mio avviso - richiede, che vi sia un organo dello Stato incaricato dei rapporti con la città. Ciò non vuol dire diminuire l’autonomia dell’ente rappresentativo, il Comune, ma implica il riconoscimento di un interesse pubblico nazionale, legato alla città. Quintino Sella dispose i principali ministeri lungo via Venti Settembre perché dovevano essere non lontani dalla stazione ferroviaria, dove arrivavano allora i cittadini che, partendo da altre città, dovevano avere contatti con lo Stato. La città al servizio del Paese».

Crede che in questa mossa ci sia una dose di interesse elettorale o un tentativo di distrarre l’opinione pubblica visto che né maggioranza né opposizione sembrano avere candidati credibili per la candidatura a sindaco nonostante l’avvicinarsi delle comunali?
«Do una diversa interpretazione, meno negativa: che il governo nazionale sia consapevole delle difficoltà gestionali romane, e che voglia fornire una stampella alla Roma che zoppica. Roma ne ha bisogno».

Lei in passato si è battuto per dare sostanza a una legge per Roma Capitale. Perché e perché è così importante?
«Perché Roma è la capitale, vi sono i ministeri, gli enti pubblici, una buona parte delle autorità indipendenti. La città non è solo al servizio dei romani, ma degli italiani. E gli italiani sono rappresentati dal governo nazionale. Naturalmente c’è da sperare che questa non divenga l’unione di due debolezze, che il sottosegretario incaricato degli affari romani sia persona esperta, che sappia gestire e dialogare, ma anche consigliare e aiutare».

C’è chi dice che Roma vada commissariata. La sua opinione?
«Qualche volta ho, non del tutto scherzosamente, proposto la nomina di tre commissari, scelti tra i generali delle tre Forze Armate. Sia la inesistente politica romana, sia la fatiscente amministrazione capitolina avrebbero bisogno di persone con esperienza e capacità di decisione, due doti mancanti al Campidoglio».

Perché è così difficile trovare un buon candidato sindaco?
«Mancano sia buon amministratori, sia efficaci politici. E avremmo bisogno di una persona con ambedue le caratteristiche».

Ci sono modelli all’estero che potremmo “copiare” per migliorare la gestione della Capitale?
«Géographie de l’administration: L’impact du pouvoir exécutif dans les capitales nationales (Collection de géographie économique et sociale) è un libro del 1974 di Michel Jean Bertrand. Illustra l’ordinamento delle città amministrative delle principali capitali europee e di altri paesi, Washington, Brasilia, tra l’altro. Vi si spiega come sono organizzati gli ordinamenti amministrativi dove sono sovrapposte esigenze diverse, quelle cittadine e quelle nazionali. Va anche ricordata l’esperienza del Governatorato di Roma, a capo del quale Mussolini volle Giuseppe Bottai, che era stato sottosegretario alle Corporazioni, ministro delle Corporazioni e ministro della Pubblica istruzione, e veniva ritenuto uno degli uomini di punta del fascismo. Mi auguro che l’ordinamento repubblicano non voglia esser da meno».
 

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