Regionali Umbria, dubbi di Zingaretti sul patto con M5S: «Così diventa complicata». Il Pd: l’esecutivo non rischia

Regionali Umbria, Zingarettti: sconfitta netta dell'alleanza Pd-M5S
Regionali Umbria, Zingarettti: sconfitta netta dell'alleanza Pd-M5S
di Simone Canettieri
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Lunedì 28 Ottobre 2019, 00:29 - Ultimo aggiornamento: 10:58

Per ora i timori non sono sul governo, ma sul futuro dell’alleanza con il M5S nelle prossime tornate elettorali. Per Nicola Zingaretti la ripetizione di questo schema diventa complicato e «ora rifletteremo molto sulle scelte da fare». Il segretario aspetta a commentare nel merito la sfida in Umbria: vuole capire se il Pd, in una situazione già compromessa, abbia scontato nelle urne le scissioni di Calenda e soprattutto quella di Renzi. La risposta è: no. («Anche se il caos sulla manovra non ha aiutato»).

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Senza liste collegate a Bianconi il Pd perde meno di due punti rispetto alle Europee (da 24 a 22,5). Il segretario, però, sa anche nell’almanacco di questo 2019 c’è un’altra regione passata al centrodestra. Ma contro la narrazione del feudo rosso strappato da Salvini, il Nazareno fa rimbalzare un tweet di Pier Luigi Castagnetti: «Nessuno ricorderà che il centrodestra da anni governa Perugia, Terni, Orvieto, Foligno: cioè il 62% della popolazione umbra». 


Un messaggio che da giorni trapela dal Pd soprattutto a uso interno per evitare che gli scettici dell’alleanza sistematica, dai Giovani Turchi di Orfini agli ex renziani, inizino a bombardare il quartier generale. Come infatti fa Andrea Marcucci, capogruppo al Senato: «Serve una riflessione ben più approfondita sulle alleanze». In Umbria, come ha sempre ripetuto Zingaretti, prima di questa alleanza «non eravamo nemmeno in partita». Il segretario anche se non lo dice è convinto che alla fine il suo partito reggerà, al contrario del M5S. Ma la sfida di Perugia ridà di fatto un bipolarismo abbastanza netto, con i grillini in posizione marginale.

Si spiega anche così l’ennesimo richiamo partito ieri da Zingaretti per arrivare a una legge elettorale maggioritaria, che non va giù proprio ai pentastellati e ai renziani di Italia Viva. Il governo balla? «Va avanti solo se fa cose concrete», ripete il segretario dem. Per smontare sul nascere scenari di ribaltone da parte di Di Maio o Renzi, i dem vanno ripetendo che l’unica alternativa a questo esecutivo sarebbero le urne. Come dire: non esisteranno altre manovre di palazzo, piano su cui Italia Viva si è già messa a lavorare con una certa lena. Dario Franceschini, capo delegazione del Pd al governo, spiega: «Siamo in competizione con una coalizione costruita in fretta ma competitiva: fossimo andati divisi quella competizione non ci sarebbe stata». 

L’ASSE
Davanti all’assemblea dei sindaci dem, il ministro della Cultura e il segretario hanno duettato con lo stesso spartito: «Non possiamo non porci il problema. Se il 45-48% di Italia si è unito intorno a una rappresentanza politica, l’altro 45-48% che governa insieme ha l’obbligo morale non di fare accordicchi sottobanco di nascosto» e «non restare fermi a contemplare le divergenze ma trovare punti di convergenza» e verificare «un’alleanza» con M5S. Anche il Nazareno ha vissuto a distanza ieri notte lo spoglio. A Perugia, al comitato di Bianconi, si è fatto vedere solo Walter Verini, commissario del partito dopo lo scandalo Sanitopoli. Il sentore generalizzato è che da oggi tutto sarà più difficile . Anche perché il timore di possibili nuove campagne acquisti di Italia viva è un’ipotesi più che reale (che nel caso del M5S diventa doppio perché anche la Lega è in pressing). Lo sguardo è rivolto ormai all’Emilia Romagna e alla Calabria. La prima contesa avrà come tormentone il ruolo di Iv nella coalizione di Bonaccini visto che il M5S sembra non voler essere della partita. Ancora più complicato il match calabrese: il governatore uscente Mario Oliveiro è pronto a ricandidarsi «contro i gruppi di potere». ​

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