Rai, fondi solo per la sede di Milano. E Roma può attendere

Rai, fondi solo per la sede di Milano. E Roma può attendere
Rai, fondi solo per la sede di Milano. E Roma può attendere
di Francesco Pacifico
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Sabato 5 Giugno 2021, 00:30 - Ultimo aggiornamento: 15:42

Si possono spendere quasi 135 milioni di euro fino al 2052 per affittare l’ex Fiera al Portello e inseguire, a Milano, il sogno di una Saxa Rubra padana, ma non una quarantina per ridare nuova linfa alla sede storica della Rai. Sì perché nel 2019 il consiglio d’amministrazione ha discusso, come era successo in passato, di una maxi riqualificazione del palazzo, nel 2020 è stato lanciato anche un bando d’appalto per la progettazione dell’opera, ma subito dopo tutto è finito nel dimenticatoio. E, a quanto pare, il piano potrebbe restare nei cassetti dei membri del prossimo cda, che - sul fronte strategico-immobiliare - non dovranno discutere soltanto dell’accorpamento al Portello delle due sedi milanesi di Corso Sempione e di via Mecenati, con annessi studi produzione. 

Parliamo, invece, della sede di viale Mazzini 14, quella dell’edificio avveniristico e tutte vetrate disegnato negli Anni 60 da Berarducci e con il “Cavallo morente” di Messina all’ingresso.

Dove in queste ore sta montando tra i dirigenti, pezzi della politica e sindacati un grande scompiglio perché è slittato il cda per le nomine, per i vertici che vedono candidati alla presidente Simona Agnes, Ferruccio De Bortoli, Alberto Quadro Curzio, Elisabetta Ripa (Open Fiber) e Paola Severini Melograni. Un palazzo che però è pieno di amianto. Perché quell’insieme di metalli che in passato sembrava il miglior sistema di coibentazione e antincendio e che già negli anni Settanta si è rivelato cancerogeno e mortale, è stato tolto soltanto al settimo piano. Dove sono ospitati i massimi vertici dell’azienda televisiva. Di più, sono stati bonificati anche tutti gli accessi verso la direzione, con i sindacati che qualche anno fa hanno ironizzavano: «Si salva la vita soltanto ai vip...». 

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PARETI E SOFFITTI

L’amianto incombe nelle pareti, sotto ai pavimenti e nei solai. Ma se non bastasse, tutto lo stabile è vecchio: non c’è un auditorium degno di questo nome, gli spazi di lavoro sono divisi in stanzette che rallentano lo scambio di informazioni e i contatti tra i diversi ambiti, i muri sono sbrecciati e il degrado accomuna i corridoi, i bagni o le aree per il ristoro.

Nell’era degli open space e dei giganti della tecnologia che coniugano qualità del lavoro e produttività, la sede di viale Mazzini, all’interno, sembra un ministero degli anni Cinquanta. Anche per questo, nel 2019, il cda - lo stesso di oggi - decise che era tempo di dare una rinfrescata. E una nuova organizzazione degli spazi per garantire una maggiore efficienza in una realtà che vive sullo scambio continuo di informazioni materiali e immateriali. Sì alla bonifica dall’amianto, sì agli open space, sì a una migliore disposizione delle risorse umane in base alle varie connessioni create dalle diverse opportunità. Tutto questo fu deciso due anni fa e, per facilitare quest’operazione lunga almeno 4 anni (secondo qualcuno ne sono necessari 8) era stata trovata una sede alternativa per spostare a scaglioni gli addetti in una struttura sull’Aurelia, a via di Val Cannuta. Poco dopo, ecco pure un bando per la progettazione di tutta l’operazione di bonifica. Per la precisione erano richiesti «servizi di progettazione di fattibilità tecnica ed economica, definitiva, esecutiva, coordinamento della sicurezza in fase di progettazione, ex art. 23 del D.lgs. 50/2016 e s.m.i. da sviluppare mediante metodologia BIM (Building Information Modeling) e secondo le “Linee Guida RAI BIM” allegate al Documento Preliminare alla Progettazione, inerenti ai lavori di bonifica ambientale e riqualificazione integrale della sede della Direzione Generale RAI Radiotelevisione Italiana S.p.A. in Viale Mazzini 14 in Roma». Un intervento di alta ingegneria.

VAL CANNUTA

Poi, in poco tempo, tutto è cambiato. La sede alternativa di via Val Cannuta è stata abbandonata perché non era chiara la proprietà, ma soprattutto - siamo nella prima metà del 2020 e con la prima ondata del Covid - la Rai ha deciso di sospendere il progetto: vuoi - motivazione ufficiale - perché con la pandemia era impossibile spostare le maestranze, vuoi per l’altissimo costo: l’operazione può ammontare anche a una quarantina di milioni di euro, vista la difficoltà di snidare tutto l’amianto presente in sede. Problema che non si è posto per l’operazione Portello, con i 135 milioni di euro d’affitto fino al 2052, un contratto lungo 27 anni e il breakeven da raggiungere solo nel 2029. Ma sono in molti a scommettere che il restyling del palazzo di Berarducci salterà. Confermano dai vertici dell’azienda: «Con lo smart working, conviene andare avanti in lavori per una sede che ospita un migliaio di dipendenti?». La parola al prossimo cda. Intanto Carlo Costantini, segretario della Cisl di Roma, nota amareggiato: «Milano non sarà meglio di Roma o viceversa, non è questo il problema. Ma il nodo è che la Rai, se delocalizza le sue sedi, distrugge la centralità dell’informazione e dell’audiovisivo che è un valore aggiunto nella vita della Capitale. Certe attività vanno valorizzate, non umiliate».

 

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