Pd, il nordista Bonaccini punta al dopo Zingaretti

Pd, il nordista Bonaccini punta al dopo Zingaretti
di Mario Ajello
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Martedì 9 Febbraio 2021, 06:26 - Ultimo aggiornamento: 07:13

E' cominciato di fatto il congresso Pd. Ovvero la resa dei conti, che sarà lunga e dura, dentro il partito che più degli altri ha sbandato in questa crisi di governo. Passando da «o Conte o morte» allo scaricamento di Giuseppi, dal mai più con Renzi al di nuovo con Renzi, dall'ok Draghi ma senza la Lega al sì Draghi e va bene pure il Carroccio. Una performance tutt'altro che performante, tanto per usare il pessimo aggettivo tanto in voga. Dunque, la corrente ex (?) renziana di Base Riformista il congresso lo chiede, Zingaretti per non farsi mettere all'angolo dice a sua volta che il congresso lo vuole (tematico, e poi da statuto l'elezione del nuovo segretario sarà tra due anni) e al di là del grido comune al congresso, al congresso! le acque in casa dem sono agitatissime e la leadership è sotto processo. Tra gli ex (?) renziani e gli zingarettiani (alcuni dei quali distratti dal tentativo di entrare nel governo Draghi ma tutti assicurano al Nazareno che Nicola non intende fare il ministro), c'è la democristianeria alla Franceschini che fa da cuscinetto e tuttavia anche da quelle parti il giudizio sulla gestione della crisi da parte della segreteria del partito è a dir poco severa.

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LA TRADIZIONE
Chi sul congresso sembra frenare, ma specie tra gli eredi della tradizione Pci ciò che appare non è mai vero, è lo sfidante di Zingaretti.

Ossia Stefano Bonaccini, governatore dell'Emilia-Romagna che da subito dopo la rielezione - un anno fa - lavora per scalare il Pd. «Ora pensiamo a battere la pandemia, il congresso verrà dopo», dice. Ma il congresso già c'è, anche se non ufficialmente. E comunque, come dicono al Nazareno, ben venga una messa a punto di tutto perché l'avvio della fase Draghi merita una «riflessione larga e profonda». C'è chi vuole recuperare il rapporto con Renzi e c'è chi vuole far rientrare quelli di Leu, o come si chiama, nel Pd. Compreso D'Alema, super-alfiere dell'abbraccio contiano o contista con i 5Stelle. E comunque. Il punto vero, al di là dei discorsi politicanti e politichesi e auto-riferiti, è che si corre il rischio per cui, nel caso Bonaccini dovesse prevalere quando sarà e spinto da Base riformista e da altri avversari di Zingaretti, dopo un segretario che pur essendo romano non ha messo Roma in cima all'agenda del partito arrivi un altro segretario che molti considerano un cripto-leghista. Visto che Bonaccini non si è distinto in questi anni per un atteggiamento sensibile al ruolo e all'importanza che la Capitale riveste e deve rivestire sempre di più, e non sempre di meno come da predicazione di certo nordismo cui il presidente emiliano aderisce in pieno.

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Un partito che si ritiene e in parte è, senza aver dato prova di particolare professionismo e capacità di proposta e di visione, uno dei cardini del sistema italiano potrebbe passare da una sottovalutazione di Roma a un'altra sottovalutazione di Roma rappresentata, se dovesse farcela Bonaccini con al seguito Sala e Gori, sindaci di Milano e di Bergamo e influenti big del Pd, da chi con i leghisti e quanto i leghisti ma in maniera appena un po' più soft si è battuto in questi anni per l'autonomia differenziata. Vale a dire per la diminutio del rango e dei poteri di Roma, a tutto vantaggio di un settentrionalismo ancora attardato - a dispetto delle pessime figure soprattutto lombarde di fronte all'emergenza Covid - nella devolution più o meno aggiornata e nella retorica del Nord come «locomotiva d'Italia» che al cospetto della tragedia in corso finisce per risultare un insulto alla realtà. Un Pd a trazione Padania, ecco la questione, diventerebbe ancora più dannoso alla questione romana di quanto non lo sia stato in questi anni un partito che ha avuto e ha tanti esponenti di vertice nati e cresciuti politicamente nella Capitale ma disinteressati nell'azione pratica alle sue sorti. E dimentichi che solo da Roma può cominciare la ripartenza dell'intero Paese.


LE PRIORITÀ
Una volta tanto, un congresso di partito finisce per mettere al centro una questione non riconducibile soltanto alle lotte di potere interne ma capace di interrogare l'intera comunità nazionale. Serve un partito che non ha messo al centro delle sue priorità la Capitale, ossia il riassunto e il simbolo della vita nazionale, e che passa da questo atteggiamento a un altro atteggiamento che, nelle premesse, si annuncia simile?
Bonaccini è ottimo amministratore dell'Emilia-Romagna. Ma questo è un altro discorso e non bisogna mai e poi mai personalizzare quando si parla di politica (o di altro). Però, l'idea che Roma non sia al centro delle priorità della sinistra e anche della destra e che il Campidoglio non debba avere più poteri ma meno anche rispetto alle Regioni - in materia sanitaria e non solo - non è accettabile. E questo dovrebbe essere un tema anche da congresso Pd. Purtroppo non lo sarà o magari lo sarà al contrario, al grido inascoltabile di Forza Nord.

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