Dpcm, scontro tra Governo e Regioni: l'ira di Lombardia, Piemonte e Calabria. Speranza: «Ignorano la gravità dei dati»

Dpcm, scontro tra Governo e Regioni: l'ira di Lombardia, Piemonte e Calabria. Speranza: «Ignorano la gravità dei dati»
Dpcm, scontro tra Governo e Regioni: l'ira di Lombardia, Piemonte e Calabria. Speranza: «Ignorano la gravità dei dati»
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Giovedì 5 Novembre 2020, 13:30 - Ultimo aggiornamento: 6 Novembre, 09:16

Dopo il dpcm illustrato dal premier Giuseppe Conte ieri sera, in cui l'Italia è stata divisa in Regioni rosse, arancioni e gialle, è scontro tra le stesse Regioni e il Governo. Calabria, Piemonte e Lombardia non ci stanno e per bocca dei governatori Spirlì, Cirio e Fontana hanno protestato contro la decisione nell'ordinanza del ministro della Salute Roberto Speranza, che ha risposto: «Le Regioni alimentano i dati con cui la cabina di regia effettua il monitoraggio dal mese di maggio. Nella cabina di regia ci sono tre rappresentanti indicati dalle Regioni. È surreale che anziché assumersi la loro parte di responsabilità ci sia chi faccia finta di ignorare la gravità dei dati che riguardano i propri territori. Serve unità e responsabilità. Non polemiche inutili».

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I capigruppo di Fi, Lega, Noi con l'Italia alla Camera e il vice presidente del gruppo di Fdi, hanno chiesto che «urgentemente» intervengano in aula il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il ministro della Salute Roberto Speranza, affinché riferiscano sui «criteri che hanno determinato le scelte sulle zone di rischio in Italia». Chiedendo di sapere perché, a parità di condizioni sanitarie e di dati sulla diffusione del virus, certe regioni sono state classificate in zona rossa e altre in zona arancione o gialla.

Tra chi è finito in zona rossa, l'unico per il momento a difendere le scelte del governo è il governatore della Valle d'Aosta Erik Lavevaz. «La situazione è difficile e serve una presa di coscienza da parte di tutti.

Più saremo attenti nell'applicare le prescrizioni, anche nella vita privata, prima la situazione sanitaria migliorerà e prima torneremo alla normalità. Dobbiamo essere tutti coesi nell'impegnarci al massimo oggi per essere liberi domani».

Il governatore della Puglia Michele Emiliano ha fatto sapere che resta in vigore l'ordinanza che stabilisce la didattica a distanza per tutte le scuole di ordine e grado ad eccezione di quelle dell'infanzia. Era tra quelli che chiedevano il lockdown nazionale, come Vincenzo De Luca. La sua Campania si è salvata, per il momento e nonostante la situazione di Napoli. Ma l'attacco al governo è comunque pesante. «Si assumerà la responsabilità sanitaria e sociale conseguente alle sue scelte, sempre ritardate, e sempre parcellizzate» dice annunciando che lascerà tutte le scuole chiuse. 

LOMBARDIA Una scelta «assurda», uno «schiaffo ai lombardi», le parole del governatore lombardo Attilio Fontana. Che trova sponda nelle dichiarazioni del leader del centrodestra Matteo Salvini: «Chiudono in casa milioni di italiani, in diretta tivù, sulla base di dati vecchi di 10 giorni, senza garantire rimborsi adeguati. E intanto lasciano sbarcare più di 2.000 clandestini in poche ore». La Lombardia dall'inizio della pandemia è quella che più ha sofferto e che continua ad avere gli indici più alti. «Le richieste formulate dalla Regione Lombardia, ieri e oggi, non sono state neppure prese in considerazione. Uno schiaffo in faccia alla Lombardia e a tutti i lombardi. Un modo di comportarsi che la mia gente non merita» dice definendo la decisione «grave e inaccettabile».

«Trovo davvero gravi le dichiarazioni del Presidente Fontana di queste ore», la risposta del deputato Maurizio Martina del Pd. «Continua il tragico gioco dello scaricabarile verso le istituzioni nazionali quando per giorni e giorni lo stesso Fontana ha chiesto al governo di assumere scelte che lui non ha mai saputo fare. Io non ho mai addossato responsabilità agli uni o agli altri come se fossimo sempre in campagna elettorale, e non intendo farlo nemmeno ora. Vedo invece purtroppo che dalle parti del Pirellone si continua così». 

PIEMONTE «Ho passato le ore a rileggere i dati, regione per regione, a cercare di capire come e perché il Governo abbia deciso di usare misure così diverse per situazioni in fondo molto simili». Il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio affida ai social il commento alla decisione del Governo di mettere il Piemonte in zona rossa. «Voglio che mi si spieghi la logica di queste scelte pretendo dal Governo chiarezza», rimarca Cirio che chiede perché scelte così importanti siano state prese «su dati vecchi di almeno 10 giorni» e non sia stato considerato «il netto miglioramento dell'Rt». 

«Voglio che mi si spieghi la logica di queste scelte - ribadisce su Facebook Cirio -. Il rispetto delle istituzioni fa parte della mia cultura. Ed io rispetto lo Stato. Ma anche il Piemonte merita rispetto. Lo meritano i Piemontesi e le tante aziende che forse non riapriranno. Ed io per loro pretendo dal Governo chiarezza», scrive su Facebook il governatore piemontese, che confessa di «aver dormito poco». «Perché per Regioni con situazioni gravi si sia usato un metro diverso - si chiede ancora Cirio - Voglio che mi si spieghi la logica di queste scelte, pretendo dal Governo chiarezza». 

CALABRIA La Calabria, inserita tra le regioni rosse, promette battaglia. «Impugneremo la nuova ordinanza del Ministro della Salute che istituisce la zona rossa in Calabria. Questa regione non merita un isolamento che rischia di esserle fatale», le parole del presidente facente funzioni Nino Spirlì. «Le costanti interlocuzioni che ho avuto in questi giorni con i membri del Governo e con il commissario Arcuri, al di là della grande disponibilità al dialogo da parte di tutti - aggiunge - non hanno prodotto alcuna modifica rispetto alla volontà, evidentemente preconcetta, di "chiudere" una regione i cui dati epidemiologici, di fatto, non giustificano alcun lockdown, soprattutto se confrontati con quelli delle nostre compagne di sventura: Lombardia, Piemonte e Val d'Aosta».

SICILIA Anche la Sicilia protesta contro l'ordinanza governativa: intervistato da Repubblica il presidente della Regione Nello Musumeci non si aspettava che la Sicilia rientrasse tra le zone 'arancioni', unica insieme alla Puglia. «Ci hanno imposto la zona arancione. È un provvedimento unilaterale, non concordato. E a molti appare dettato più da motivazioni politiche che scientifiche. L'autonomia in questi giorni è in vacanza. Per il governo centrale lo è da un pezzo. Gli episodi sono tali e tanti da farmi convincere sempre più del fatto che siamo di fronte a un pericoloso ritorno al centralismo romano che tende a mortificare e avvilire le autonomie regionali».

Alla domanda: presidente, la Sicilia non è «gialla», perché non lo accettate? Risponde: «Ho avuto solo un colloquio in serata con il ministro della Salute Speranza, nel corso del quale è emersa la nostra destinazione alla zona arancione, con le inevitabili restrizioni e chiusure che ne conseguono. Ho manifestato tutto il mio dissenso e ho chiesto che il governo adotti subito tutte le iniziative finanziarie necessarie: centinaia di migliaia di imprese siciliane, piccole e medie, sarebbero bloccate. Imprenditori, commercianti e i loro dipendenti hanno il diritto di mantenere la famiglia».

«Mi dice il ministro della Salute di aver ricevuto un report dal quale emergerebbe la nostra posizione borderline. Con i dati di queste ore dovremmo essere a un Rt pari a 1,2. Dunque al di fuori della zona arancione». Sul perché la Sicilia sia finita nella zona arancione riferisce invece: «Mi verrebbe facile risponderle. Il ministro Speranza sostiene che la valutazione non può essere fatta su un dato giornaliero ma su una media nel recente periodo. Vuole un dato su tutti? Oggi la Campania ha avuto oltre quattromila nuovi positivi, la Sicilia poco più di mille. La Campania ha quasi 55 mila positivi, la Sicilia 18 mila. Vogliamo parlare del Lazio? Ricovera oggi 2.317 positivi a fronte dei 1.100 siciliani, con 217 in terapia intensiva contro i nostri 148. Eppure Campania e Lazio sono in zona gialla. Perché questa spasmodica voglia di colpire centinaia di migliaia di imprese siciliane? Al governo Conte chiediamo di modificare il provvedimento, perché ingiusto e ingiustificato».

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