Salvini e Di Maio, siparietto al Quirinale: «Ci vediamo, ci sentiamo...»

Salvini e Di Maio, siparietto al Quirinale: «Ci vediamo, ci sentiamo...»
Salvini e Di Maio, siparietto al Quirinale: «Ci vediamo, ci sentiamo...»
di Mario Ajello
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Sabato 1 Giugno 2019, 21:48 - Ultimo aggiornamento: 2 Giugno, 16:01

«Non parlo di politica». E giustamente, Matteo Savini è più impegnato a super-sbaciucchiarsi con Francesca Verdini, vestita in minigonna e forse vincitrice nella partita tra first ladies con Virginia Saba che indossa un abitino nero con troppi pizzi. Però a un certo punto, seduto nel tavolo sovranista sul prato del Colle con Savona, la Bongiorno, Bagnai e la Saltamartini, Salvini confida: «Ma come facciamo a giocare la delicatissima partita con l'Europa senza avere il ministro degli Affari europei? Questa è una priorità». Da questa poltrona comincerà il rimpasto? Eccoci alla Festa del Grande Boh. Questo il senso del giugno nei giardini del Quirinale. Si vota? Non si vota? «Ah, saperlo», sorride Di Maio, molto cordiale con la sua Rai in giallo, da Salini l'ad a Carboni del Tg1: chiacchiere e risate tra loro ma molta attenzione a non farsi vedere troppo da Salvini seduto dieci metri più in là. E poi Luigi e il Capitano brevemente, tiepidamente, siglano la tregua dell'aiuola, senza neanche un brindisi, stringendosi la mano e dicendo: «Nei prossimi giorni ci vediamo? Lunedì o martedì?». Di Maio presenta a Salvini la fidanzata Virginia, ma Matteo ha lasciato seduta al suo posto la sua: «Ah, è rimasta al tavolo Francesca, vabbè Luigi te la faccio conoscere più tardi».


Salvini e Di Maio al Colle con Francesca Verdini e Virginia Saba: e tra le fidanzate scatta la presentazione ufficiale

 

 

IL FUTURO
Nel Grande Boh del 2 giugno, nessuno sa che cosa accadrà nelle prossime settimane, ma nessuno è pronto a scommettere sulla durata dell'esecutivo e della legislatura. Bonafede: «Combattiamo». La Bongiorno: «Ma abbiano fatto tante belle cose, perché non continuare?». Perché tutto sta precipitando, e mentre passa Roberto Fico nelle aiuole e qualcuno ironizza: «Starà preparando il curriculum con su scritto già presidente della Camera». Salvini ha l'aria di chi non s'appassiona al tema elezioni e guardando la sfilza di sottosegretari grillini sul prato ironizza: «Ma sono bravi ragazzi....». Uno di loro, il pasdaran grillino Manlio Di Stefano, rivolto a Fico mentre sono circondati da anziani dignitari della Repubblica, vecchi burocrati ed eterni notabili: «Qui ci sbranano, qui non ci amano». Ma figuriamoci, gente così paciosa sul Colle.
Salvini non si mischia tanto - ma nelle foto e nei selfie con i ragazzi del catering naturalmente non si risparmia - eppure si trova a suo agio. Confida: «Mi diverto a pensare che prima mi evitavano tutti e adesso vengono tutti da me a omaggiarmi. Ero un barbaro per loro e ora sono ben accetto nella buona società. Peccato però che io sono sempre lo stesso. Cerco di fare le cose, e le voglio fare ancora con questo governo». Ma strappando, esigendo, forzando. Quando reggerà questo filo sottile e continuamente stressato? Nei giardini si accettano scommesse e Zingaretti e Gentiloni parlano in coro: «Noi siamo pronti. Se non reggono, ce la combattiamo nelle urne». Intanto Salvini viene omaggiato dall'ambasciatore russo.
Il premier Conte mostra tutta la sua fragilità. E la esibisce perfino nel libro che si porta sotto al braccio per buona l'arte del ricevimento. Non è tanto importante il tema, la delinquenza, quanto il cognome dell'autore: Tregua (nome di battesimo Carlo Alberto). «Ecco, servirebbe darsi tutti una calmata e ricominciare», è il suo messaggio di (improbabile) tregua. Si vede a occhio nudo chi comanda traa lui e Salvini e naturalmente quest'ultimo nega: «Comando io? Macché, loro dicono che comandano loro!». Però la bella fidanzata Francesca porta delle scarpe dorate tacco 15 e gli amici ironizzano: «È la stessa percentuale dei voti grillini». E come tacco e alto ma come percentuale no. Ma ecco il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia. Gli si rivolge chiamandolo «presidente», e Salvini: «Al massimo posso fare il presidente di condominio». Lui e gli altri leghisti (da Centinaio a Bussetti) fanno di tutto per rassicurare quelli che in fondo considerano «parrucconi»: «Mica mordiamo!». I grillini, presenti in forza, inseguono Mattarella, gli alti magistrati e tutte le autorità che capitano a tiro per mettersi al riparo con loro, come a dire: noi siamo responsabili, facciamo squadra contro i barbari leghisti. Mai visti così cerimoniosi, e tremebondi, i 5 stelle. Salvini invece è a suo agio: incontra Conte e lo abbraccia: «Ci vogliamo bene». E poi saluta Mattarella saltando la fila.


 

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