Emergenza Italia: la carta Draghi
Mattarella convoca ex presidente Bce

Emergenza Italia: la carta Draghi Mattarella convoca ex presidente Bce
di Albertro Gentili
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Mercoledì 3 Febbraio 2021, 01:32 - Ultimo aggiornamento: 12:12

Questa mattina Mario Draghi varcherà il portone del Quirinale. E con ogni probabilità sarà l’ex presidente della Banca centrale europea, l’uomo che salvò l’euro con l’ormai famoso «whatever it takes» pronunciato nel 2012, a guidare il nuovo governo. E’ questa la scelta di Sergio Mattarella. Il capo dello Stato, visto il fallimento dell’esplorazione di Roberto Fico nella giungla rosso-gialla, archivia l’ipotesi del Conte-ter e dice no alle elezioni anticipate. 


Mattarella, dopo la rottamazione della maggioranza rosso-gialla a opera di Matteo Renzi, alle nove di sera si è rivolto al Paese e ai partiti. «Adesso ci sono due strade alternative: dare immediatamente vita a un nuovo governo adeguato a fronteggiare le gravi emergenze sanitaria, sociale, economica e finanziaria.

Oppure quella di immediate elezioni anticipate», è stato l’incipit. Poi, dopo aver scartato questa seconda strada («nei Paesi dove si è votato si è verificato un grave aumento dei contagi, inoltre serve un governo nella pienezza delle sue funzioni per presentare il Recovery Plan»), Mattarella ha lanciato l’appello «alle forze politiche presenti in Parlamento affinché conferiscano la fiducia a un governo di alto profilo che non deve identificarsi con alcuna formula politica». Un esecutivo del Presidente, insomma.

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La fine della maggioranza rosso-gialla è il risultato del fallimento della trattativa tra Pd, 5Stelle, Leu e Italia Viva. La difficile e logorante mediazione si è incagliata rovinosamente a metà pomeriggio quando, dopo giorni di gelo, Renzi, Dario Franceschini, Vito Crimi e Roberto Speranza sono tornati a parlarsi. Il leader di Italia Viva ha lasciato una riunione definitiva «ruvida e densa di veti», al grido: «A queste condizioni non ci sto». Ed è stato inutile un ultimo, disperato, tentativo di Fico che prima di salire al Quirinale ha sentito al telefono uno a uno i leader della maggioranza.


Secondo la narrazione di Renzi, i 5Stelle «hanno fatto muro su tutto». Crimi, in gravi difficoltà nel tentativo di tenere unito il Movimento, avrebbe posto il veto al passaggio di Teresa Bellanova al Lavoro al posto della grillina Nunzia Catalfo. E avrebbe blindato sia il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, che la responsabile dell’Istruzione Lucia Azzolina nonostante la richiesta di «discontinuità» su questi due dicasteri da parte di Italia Viva. Non solo, i 5Stelle avrebbero difeso anche il commissario all’emergenza Domenico Arcuri e il presidente dell’Enpal Mimmo Parisi dei quali il senatore di Rignano chiedeva la testa. E il Pd ha fatto muro rispetto all’ipotesi di silurare il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri: «Per noi è inamovibile».

In più, secondo i potenziali alleati del Conte-ter, tre dicasteri di peso a Italia Viva sarebbero stati troppi. Insomma, uno tra Ettore Rosato, Maria Elena Boschi e Bellanova avrebbe dovuto rimanere senza poltrona. «Pure sulla Boschi c’era un sostanziale veto», hanno raccontato i renziani.

Ben diversa la versione fornita da dem, grillini e Leu. A far saltare il banco per i tre partiti «è stato Renzi, fin dall’inizio determinato a non far tornare Conte a palazzo Chigi». E «indisponibile» ad accettare due vicepremier. Uno del Pd: Andrea Orlando, che avrebbe avuto anche la delega all’Ambiente. E uno dei 5Stelle: Bonafede, che dunque avrebbe accettato di cedere la Giustizia («ma a un altro grillino», è la chiosa di un renziano), a condizione di prendere anche gli Interni. «Un prezzo eccessivo», per Renzi che giorni in realtà faceva il nome di Draghi e ci puntava.
Velenosa e definitiva la replica del Pd: «Matteo aveva fatto richieste sugli assetti di governo e poi è arrivata la rottura inspiegabile non con Conte, ma con gli alleati». Della serie: è finita l’alleanza. Parole che trasudano «il rammarico» di aver fatto cadere nei giorni scorsi il veto a discutere con Italia Viva. Duro anche il grillino Crimi: «L’obiettivo di Renzi era solo quello di ottenere qualche poltrona in più. E anche sul programma Italia Viva ha fatto solo ostruzionismo».


IL FLOP, NEPPURE UN VERBALE
Non è infatti andata meglio al tavolo del programma. Dopo ben 21 ore di lavoro, i rosso-gialli non sono stati in grado neppure di redigere un verbale. A imporre lo stop, dopo che per un intero pomeriggio i capigruppo avevano lavorato alla stesura del documento, è stata la Boschi: «Questo testo non rispecchia le varie posizioni, ma solo quelle di Pd, 5Stelle e Leu. E soprattutto non contiene i punti divisivi» come Mes, reddito di cittadinanza, giustizia. «Balle, la realtà e la verità è che Renzi ha rotto solo sulle poltrone, nonostante i passi in avanti fatti al tavolo programmatico», ha replicato Bruno Tabacci.

E Orlando: «C’erano tutte le condizioni per ricomporre, abbiamo modificato la posizione dei 5Stelle sulla prescrizione, volendo si poteva trovare un’intesa. Ho l’impressione che si volesse questa rottura, dietro c’è un disegno politico: Renzi voleva far saltare tutto fin dall’inizio».
Di certo voleva Draghi e la fine di Conte. 

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