M5S a misura di Conte: il nome nel simbolo e addio partito “fluido”

M5S a misura di Conte: il nome nel simbolo e addio partito “fluido”
di Emilio Pucci
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Sabato 27 Febbraio 2021, 22:42 - Ultimo aggiornamento: 28 Febbraio, 13:23

Quarantotto ore per decidere. Tra oggi e domani si susseguiranno incontri, riunioni, contatti. Il ritrovo nella villa al mare di Grillo, a Bibbona, è saltato ma non è escluso che il summit si tenga in un altro luogo tenuto accuratamente segreto. E in ogni caso sul tavolo l’argomento è uno solo: il ruolo di Conte


Entro mercoledì lo schema sarà chiaro, l’ex premier metterà la faccia sul nuovo corso M5S, si delineeranno tutti i dettagli per una trasformazione da forza politica “liquida” a partito.

Non tutto è deciso, anzi. Proprio nei dettagli si misurerà la fattibilità del progetto. L’ex presidente del Consiglio ha stretto un rapporto fortissimo con Grillo ed è intenzionato ad imboccare la strada della politica, ma non a tutti i costi. La condizione è che M5S cambi pelle, che diventi fino in fondo un movimento post-ideologico, senza paletti, barricate, continui litigi interni. Con un profilo governista, moderato, europeista. I big sono con lui, anche se non dovrebbe saltare il passaggio della governance a 5 o di una segreteria allargata che aiuterebbe il nuovo capo politico a strutturare M5S sul territorio. 

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LA STRUTTURA


Ecco, servirà una vera e propria struttura che vada al di là della piattaforma web. Uno dei nodi è proprio il rapporto con Casaleggio. Il piano preparato dai governisti prevede un ridimensionamento dei poteri del figlio di Gianroberto che ieri è tornato a chiedere «un processo di decentralizzazione per dare agli attivisti sempre più strumenti per autodeterminarsi e incidere sulla vita politica». Il giurista pugliese non è contrario ad un «percorso partecipato», non vuole annullare il principio della «democrazia diretta», tuttavia non ci sta a farsi imbrigliare né ad essere condizionato. Il refrain è che se Conte dovesse “metterci la faccia” lo farebbe da leader. Non una delega in bianco ma senza lacci e lacciuoli tali da farlo inciampare ancor prima di insediarsi. Secondo il progetto dei vertici M5S all’associazione Rousseau verrebbe destinata solo una piccola parte dei soldi che fin qui i parlamentari versano. Serviranno per far sì che Casaleggio abbia un contratto di servizio ma il resto del tesoretto sarebbe gestito dalla nuova guida. In vista delle prossime elezioni.

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Il convincimento anche dei ministri M5S è che Draghi governerà fino alla nomina del prossimo Capo dello Stato, che sarà l’ex numero uno della Bce a sostituire Mattarella al Colle. 
Il 2021 servirà dunque a rifondare il Movimento, nel nome di Conte: che potrebbe comparire, se andasse in porto l’operazione, anche nel prossimo simbolo. Ormai i parlamentari hanno la certezza che qualcosa si stia muovendo. Del resto non c’è stata alcuna riunione dopo la partita sui sottosegretari. Una partita sanguinosa che ha moltiplicato le fibrillazioni, scatenando uno scontro senza precedenti non solo tra gli ortodossi e i governisti, ma anche tra il fronte del sud e quello del nord. La defenestrazione di Buffagni ha aperto un caso, creato una spaccatura perché il timore di tanti deputati e senatori pentastellati provenienti da Roma in su è che scegliendo di fatto solo sottosegretari del Sud il Movimento si sia dato una connotazione meridionalista.

 
RIDOTTA MERIDIONALISTA
«E io – si sfoga uno dei big – non ci sto ad accettare che M5S diventi una ridotta». Aver decretato le espulsioni (minacciandone altre) è il segnale che il nuovo M5S non intende guardare indietro, ma nelle chat parlamentari divampa la protesta per come sono state gestite le trattative. E anche l’incoronazione di Conte dovrà avvenire dal basso, coinvolgendo ogni singolo parlamentare, attraverso assemblee e gruppi di lavoro. «Non accetteremo imposizioni dall’alto», il ragionamento anche di chi è favorevole che il “salvatore della patria” (e dell’unità pentastellata) scenda in campo portando in dote il bottino dei suoi consensi.

Per i big la soluzione Conte, sempre in un quadro che preveda la collegialità, è la migliore nella prospettiva di un’alleanza strutturale con il Pd e con Leu. 
Non tutti, in realtà, appoggiano questa direzione ma sarebbe l’ex presidente del Consiglio a scrivere il manifesto politico di un partito green e sostenibile, unito per cercare di portare avanti anche gli altri temi identitari. Di contro c’è ‘Alternativa’. Per ora si tratta di deputati e senatori che stentano ad organizzarsi ma puntano a diventare partito, anche se con Conte in campo difficilmente troverebbero l’apporto di Di Battista. Dibba è l’altra incognita. Di sicuro non diventerebbe filo-Draghi, ma non è escluso che il giurista pugliese possa fungere come anello di congiunzione quando si dovrà andare al voto. 

 

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