M5S, rottura Di Maio-Conte: «Luigi ci dirà se pensa di fare un altro partito»

Duro attacco del ministro all’ex premier: «M5S mai così male e lui insegue Salvini»

M5S, rottura Di Maio-Conte: «Luigi ci dirà se pensa di fare un altro partito»
M5S, rottura Di Maio-Conte: «Luigi ci dirà se pensa di fare un altro partito»
di Emilio Pucci
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Venerdì 17 Giugno 2022, 07:09 - Ultimo aggiornamento: 11:48

Ormai sono ai ferri corti. Dopo le tensioni sull'elezione del presidente della Repubblica ora lo scontro è sulla democrazia interna al Movimento, su una mancata autocritica all'indomani della disfatta alle amministrative e sul tentativo M5S in atto di mettere in difficoltà la linea del governo sulla guerra in Ucraina. Luigi Di Maio è ripartito all'attacco di Giuseppe Conte. Un affondo senza precedenti e durissimo: «È normale che l'elettorato sia disorientato, non siamo andati mai così male. Non credo che possiamo stare nel governo e poi, per imitare Salvini, un giorno sì e uno no, si va ad attaccarlo».

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Ma l'accusa è soprattutto sulla leadership dell'avvocato del popolo considerato «ambiguo» e «autoreferenziale», servirebbe invece «più inclusività», bisognerebbe anche un po' «assumersi delle responsabilità, non si può dare sempre la colpa agli altri».

La risposta dell'ex presidente del Consiglio non si fa attendere. «Quando Di Maio è stato leader, c'era un solo organo politico: il capo politico. Che faccia lezioni adesso a questa comunità di democrazia interna fa sorridere». Ed ancora: «Dire che imito il Papeete è un aspetto che trovo francamente molto offensivo. È un'offesa a un'intera comunità. Non ho mai messo in discussione la collocazione atlantica ed europeista, rischia di indebolire il governo».


RESA DEI CONTI
Al momento non esiste l'eventualità di una negoziazione. Le tifoserie da entrambi i lati sono schierate, anche se qualche pontiere sta provando a riannodare le fila. Insomma, è partita la resa dei conti che potrebbe portare a un nuovo partito. «Vuole farlo? Ce lo dirà lui» attacca Conte. E in effetti i governisti sono tentati dal formare dei gruppi autonomi. Cioè, in mancanza di un confronto aperto, costituire in tempi celeri un nuovo soggetto politico che poi possa aggregare anche altri pezzi della maggioranza chi si ispirano a Draghi e che potrebbero staccarsi prima delle Politiche del 2023. Sul tavolo i nomi di Sala, dei ministri di Forza Italia, perfino quelli della Lega. «Con Di Maio mi alleerei subito», afferma il dem Marcucci. «Non mi fido», le perplessità di Calenda. La frattura all'interno dei pentastellati preoccupa il Pd e l'esecutivo, potrebbe già manifestarsi il 21 giugno, quando si dovrà mettere nero su bianco una risoluzione sulle comunicazioni del premier Draghi in Parlamento. Di Maio ha lanciato un avvertimento all'ex premier, se tira troppo la corda una parte dei gruppi non è disposta a seguirlo.


A fine mese dovrebbe poi arrivare il parere iscritti sul tema del superamento del doppio mandato. «Fibrillazioni erano prevedibili perché ci sono in campo questioni che riguardano le sorti personali di tanti nel M5s» allude infatti l'ex premier. Il convincimento è che quel voto possa affossare Di Maio, con il presidente M5S disposto a deroghe solo per salvare alcuni fedelissimi. Così nei prossimi giorni si alzerà ancora la tensione. Perché sia Di Maio che Conte non hanno intenzione di arretrare. «Si andrà fino in fondo», spiega un esponente vicino al responsabile della Farnesina. «Ora il presidente M5S dovrà utilizzare il pugno duro» la richiesta arrivata a Conte dai suoi fedelissimi. Ma sullo sfondo resta anche il tema del sostegno o meno al governo. Una parte del Movimento vuole uscire, «non possiamo lasciare a Salvini la possibilità di lasciarci il cerino in mano», il refrain. Da qui l'accelerazione di Di Maio per una partita che è solo all'inizio.
 

 

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