Ilva, al via la trattativa tra governo e Mittal: si fa strada l'intervento dello Stato

Ilva, al via la trattativa tra governo e Mittal: si fa strada l'intervento dello Stato
di Giusy Franzese
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Sabato 23 Novembre 2019, 07:29 - Ultimo aggiornamento: 12:45

Il negoziato è partito. Il lavoro sarà lungo e complicato, perché molti nodi - soprattutto il livello degli esuberi - devono essere ancora sciolti. Ma ieri il lungo incontro a Palazzo Chigi sulla vertenza Ilva, ha raggiunto un primo risultato: ArcelorMittal non smobilita il 4 dicembre come precedentemente annunciato. Nessuna promessa definitiva, ma si tratta. «Abbiamo registrato una grande apertura da Mittal, ma per ora non abbiamo incassato nessun risultato» ammette il premier in una conferenza stampa alle undici di sera al termine di un vertice complesso durato oltre quattro ore.
E allora da una trattativa pseudo segreta si passa nei prossimi giorni a un negoziato più serrato e trasparente. In realtà è questo l'esito del vertice che ha visto la presenza da parte del gruppo inizialmente solo dei due principali azionisti del colosso mondiale dell'acciaio, Mittal padre e figlio. E solo dopo qualche ora, quando si è capito che c'erano spiragli, si è aggiunta anche l'ad del gruppo in Italia, Lucia Morselli. Dal lato del governo, oltre a Conte, c'erano i ministri Gualtieri (Economia) e Patuanelli (Sviluppo Economico). «Si apre una negoziazione che sarà faticosa, lunga, complicata, con tanti risvolti tecnici, economici, giuridici» spiega Conte.

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LA TREGUA
Come anticipato da Il Messaggero, il tutto avverrà nell'ambito di una sorta di tregua giudiziaria: «Inviteremo i commissari dell'Ilva ad acconsentire ad una breve dilazione dei termini processuali e a un rinvio dell'udienza fissata per il 27 novembre dinanzi al Tribunale di Milano» conferma Conte. Ad una condizione però: che «durante la fase negoziale ArcelorMittal mantenga il normale funzionamento degli impianti e garantisca la continuità produttiva». A ogni modo le decisioni ultime dovrebbero arrivare prima di Natale. Dall'incontro è emersa da entrambe le parti la voglia di deporre le armi e trovare una soluzione a una vertenza che non riguarda solo il destino di Taranto, Genova, Novi Ligure e di 10.700 lavoratori, ma interessa il futuro dell'acciaio, un settore strategico per l'Italia se vuole rimanere il secondo paese manifatturiero di Europa. Detto ciò una cosa è chiara sin da ora: il ridimensionamento del perimetro industriale ci sarà. Lakshmi Mittal ha ribadito che purtroppo il mercato è cambiato rispetto a quando il gruppo presentò l'offerta vincolante (2017) e anche rispetto al 2018. Quest'anno l'overcapacity di cui soffre l'Europa invasa dall'acciaio cinese e turco, e la crisi dell'automotive che ha colpito in modo massiccio anche la Germania, ha costretto le imprese a rifare tutti i conti. Argomentazioni delle quali il premier ha dovuto prendere atto. È lo stesso Conte ad ammetterlo quando spiega che l'obiettivo del negoziato sarà quello di ridefinire «un piano industriale che contempli nuove soluzioni produttive con tecnologie ecologicamente all'avanguardia».
 



Sarà un piano industriale rivisitato con target produttivi più bassi rispetto ai sei milioni di tonnellate annue previste a regime lo scorso anno, quando i commissari straordinari consegnarono le chiavi dello stabilimento ai Mittal. Un piano quindi che necessiterà di un organico inferiore all'attuale. Gli esuberi ci saranno quindi, il quantum farà parte della trattativa. Conte si limita a sottolineare: «Andrà garantito il massimo livello di occupazione». Il governo - aggiunge - «è disponibile a sostenere questo processo con misure sociali, se necessarie. In accordo con i sindacati». Tradotto: cinquemila sono troppi, ma vediamo. Per convincere i Mittal a restare in Italia il governo ha assicurato che «c'è la disponibilità a valutare il coinvolgimento pubblico nel nuovo progetto». Per quanto riguarda il ripristino dell'immunità penale il premier ieri ha preferito glissare: «Non abbiamo discusso di scudo penale» ha assicurato. Durante il vertice i Mittal hanno tenuto a sottolineare, anche con tabelle e documenti, che il gruppo ha agito sempre in buona fede e secondo le migliori regole, checché ne dicano ora i magistrati. Soprattutto rispetto agli impegni sulle bonifiche. D'altronde lo stesso ministro dell'Ambiente, Sergio Costa, proprio ieri ha dichiarato in una trasmissione televisiva che «Arcelor Mittal sta rispettando il piano ambientale. Questo va detto».
 

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