Di Maio pronto a cambiare: in forse Toninelli, Casalino nel mirino

M5S, Casalino nel mirino. Cambio dei sottosegretari. Dibattito aperto su Toninelli
​M5S, Casalino nel mirino. Cambio dei sottosegretari. Dibattito aperto su Toninelli
di Simone Canettieri
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Venerdì 31 Maggio 2019, 11:20 - Ultimo aggiornamento: 16:41

Luigi Di Maio è pronto ad aprire a una staffetta nella delegazione M5S al governo. Cambierà un pugno di sottosegretari che «non hanno funzionato» e non è escluso che alla fine possa rivedere anche qualche ministro. Magari nella rosa di quelli più invisi alla Lega: Danilo Toninelli (Infrastrutture) su tutti, poi Sergio Costa (Ambiente). Questo è un passaggio più complicato e che si presta a diverse interpretazioni in ottica interna, dunque al momento nessuno se la sente di far mettere a verbale una mossa simile. «Ma qualcosa si sta muovendo - dicono i vertici pentastellati - d'altronde Luigi deve rilanciare». 

Il rilancio su Tav e rimpasto: «Se M5S non accetta, si vota»

Tra le ipotesi al vaglio in queste ore c'è anche la possibilità che ceda una delle due super deleghe (lavoro e sviluppo economico) che adesso ricopre, e motivo di attacchi da parte della minoranza in questi giorni: «Luigi, non puoi fare quattro cose insieme».

Sicché, ritornato in sella grazie al voto taumaturgico su Rousseau («Ma non mi monto la testa», avverte), adesso Di Maio deve sì placare le anime critiche del Movimento (da Carla Ruocco ad Alessandro Di Battista passando Roberto Fico e tutti i battitori liberi) ma allo stesso tempo sta cercando di capire come uscire indenne dagli affondi dell'alleato. Chi gli sta accanto la spiega così: «Sono come gli stress test della Bce: dobbiamo superarli, sapendo che ogni giorno ha la sua pena», dice il sottosegretario Stefano Buffagni. E se dunque il passaggio sulle dimissioni di Edoardo Rixi da viceministro delle Infrastrutture è stato indolore, o quasi, la partita si sposta altrove. Nel M5S è convinzione diffusa, per esempio, che alla fine sulla Tav, quando ci sarà da decidere, alla fine alla «revisione del progetto non si potrà che dire sì». Una convinzione che ieri aleggiava anche tra i big del Senato. «In quelle zone abbiamo perso 80 a 20: dove pensiamo di andare?».

La paura del logoramento c'è. Ed è palpabile. Soprattutto perché i grillini ormai sono costretti a giocare in difesa. A studiare contromosse davanti agli annunci, dal sapore irritante alle loro orecchie, di Matteo Salvini. «Vuole fare la Flat tax? Prego, visto che adesso Giovanni Tria sta dalla sua parte se la vedrà con lui. Troveranno insieme le coperture, no?».

In questo momento, trapela dai vertici del Movimento, tutti «i nostri ministri sono sott'esame, così come i sottosegretari». E anche il settore della comunicazione è nel mirino. Di Maio annuncia novità. Il doppio ruolo di Rocco Casalino potrebbe essere dimezzato. Il suo ruolo a Palazzo Chigi resterrebbe, mentre l'ipotesi è che Casalino possa rinunciare alla funzione di spin doctor del movimento. Intanto si lavora alla riorganizzazione del Movimento con una segreteria larga e più inclusiva possibile. I ragionamenti di molti ruotano intorno al dicastero di Danilo Toninelli che per ora si trova privo di delegazione leghista, viste le dimissioni di Armando Siri ed Edoardo Rixi. E questa potrebbe essere l'occasione per una rivoluzione a Porta Pia, con un tecnico d'area grillino al posto dell'attuale titolare entrato ormai nel mirino del Carroccio ma anche del M5S. Emilio Carelli, deputato molto ascoltato in questo frangente, lo ha detto anche l'altra notte in assemblea: «Dobbiamo cambiare i ministri che non funzionano». Un rimpasto interno, dunque. E' questa l'ultima tentazione del vicepremier pentastellato, che continua a sentirsi circondato.

Le mosse dietro le quinte di Alessandro Di Battista - «il D'Alema di Vigna Clara» come lo chiamavano ieri pomeriggio in Transatlantico - hanno comunque lasciato una scia di amarezza, al di là delle smentite di rito del vicepremier. A Palazzo Madama diversi grillini di peso la prendevano a ridere, per sdrammatizzare: «Dibba è Dibba: ci prova sempre, non si sa per scherzo o sul serio». Il fatto però è che il «cittadino» Di Battista rimane per molti peones l'ultima ancora di salvezza, soprattutto per tutti coloro che sono al primo mandato come lui. Ecco perché alla fine avrà un ruolo nell'organizzazione. La batosta elettorale sta portando Di Maio ad aprire il Movimento. Ecco perché oggi ha in programma di incontrare consiglieri regionali e comunali per rilanciare l'azione nei comuni. Ma il vero problema rimane il governo. E l'ansia di aspettare le mosse di Matteo Salvini che continua «ad avere due forni: il governo o il voto anticipato».
 

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