Governo, il Movimento si spacca: nel progetto dei ribelli nuovo gruppo sovranista

Governo, il Movimento si spacca: nel progetto dei ribelli nuovo gruppo sovranista
Governo, il Movimento si spacca: nel progetto dei ribelli nuovo gruppo sovranista
di Emilio Pucci
4 Minuti di Lettura
Giovedì 11 Febbraio 2021, 23:19 - Ultimo aggiornamento: 12 Febbraio, 16:32

M5S si spacca e la scissione, tante volte evocata, minacciata, temuta, non è mai stata così nei fatti. Giornata drammatica per i pentastellati, dopo il via libera al governo Draghi tanto caldeggiato da Beppe Grillo, arrivato però solo con il 60 per cento dei sì sulla piattaforma Rousseau. Il capo politico Vito Crimi è tranchant: «Il voto è vincolante. È un patto sottoscritto da tutti coloro che si sono candidati con noi». Si va dunque verso l’espulsione di chi, nonostante il verdetto, dovesse votare no in Parlamento alla fiducia. Del resto i più irriducibili sono pronti a rompere, e in diversi hanno già detto che non verranno in Aula a dire sì a Super Mario.
«Manderò un certificato, ho un’unghia incarnita», scherza un deputato. Altri si asterranno, in molti diranno chiaro e tondo no. «La verità – osserva un altro pentastellato – è che hanno usato un trucco, che era tutto pilotato, il partito di Berlusconi è più democratico». Granato, Lezzi, Angrisani, Abate, Cabras, Crucioli, Forciniti, Vallascas, Costanzo, Raduzzi, Volpi, Giuliodori, Maniero, Colletti sono già sulle barricate.

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LA ROAD MAP
L’orientamento dei frondisti è quello di formare prima un gruppo parlamentare sovranista e poi costituire una nuova formazione anti-Draghi. «Non sarà un Movimento 2.0, puntiamo a fare qualcosa di diverso», viene riferito. Il timore è quello di ricalcare l’Italexit dell’ex M5s Paragone. Si guarda a Di Battista, il capofila dei frondisti, come nuovo punto di riferimento. In un primo momento quest’ultimo aveva detto di non voler essere il responsabile della rottura in M5S. Poi il ripensamento e lo strappo annunciato ieri sera.
Il malessere coinvolge quasi la metà degli esponenti a palazzo Madama e una buona fetta dei deputati.

Altri nomi: Moronese, Agostinelli, Naturale, La Mura, Mantero, Vanin, il segretario d’Aula al Senato Lanzi. Hanno votato no pure Lannutti, Toninelli e Dessì. Alcuni però dei malpancisti potrebbero rientrare. 

CONTIANI IN BILICO
Di sicuro lo farà il corpaccione ampio dei senatori contiani, soprattutto se nel governo entrerà il presidente del Consiglio uscente, anche se non in quota M5S. I nomi dei ministri pentastellati designati sono quelli di Di Maio e Patuanelli, se ci dovesse essere un altro posto se lo contenderebbe una figura femminile che fa riferimento al presidente della Camera, Fico. Gli indizi portano al responsabile uscente della pubblica amminiustrazione, Dadone. Ma c’è chi tra i gruppi parlamentari non esclude una candidatura Raggi che era già stata inserita nella lista del Conte ter e che è stata una delle prime a promuovere la virata verso “Mr Bce”, dopo Di Maio. 
Altre ipotesi? D’Incà e Buffagni, ma nel Movimento 5Stelle navigano al buio. Per ora c’è la soddisfazione di big come Di Maio («una prova di maturità in un momento drammatico, si prende la via europea»), Fico («M5S si conferma forza cruciale in Parlamento con Pd e Leu, no a salti nel buio») e Taverna («le discussioni finiscono quando si esprime una maggioranza e gli esiti delle votazioni devono essere rispettati»).

Intanto la piattaforma Rousseau è tornata centrale. «Siamo riusciti a fare sintesi, è un esempio di cittadinanza digitale», il bilancio del presidente dell’associazione, Davide Casaleggio, che di primo mattino aveva irritato tutti, annunciando che «qualora vincesse il no, ci sarà da stabilire se il voto del Movimento 5Stelle all’esecutivo sarà negativo o di astensione». 

SOLLIEVO
I vertici pentastellati da una parte tirano un sospiro di sollievo, dall’altra sono preoccupati per la frattura, temono il fuoco amico e le proteste della base sui territori. Esaltano il ritorno di Grillo che ha mediato con Draghi, «se non ci fosse stato lui saremmo scomparsi». Ma è proprio l’ex comico nel mirino dei frondisti. «E’ stato lui a tradirci», l’accusa più dura. Il fondatore si era permesso anche il lusso di scherzarci postando un fotomontaggio con l’ex numero uno della Bce sul cornicione del Quirinale, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella affacciato a una finestra e sotto la scritta “aspettando Rousseau”.
 

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