Governo, da Renzi a Berlusconi la partita dei leader tra voglia di elezioni e non-voto

Governo, da Renzi a Berlusconi la partita dei leader tra voglia di elezioni e non-voto
Governo, da Renzi a Berlusconi la partita dei leader tra voglia di elezioni e non-voto
di Mario Ajello
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Venerdì 29 Gennaio 2021, 07:41 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 16:29

Governo, consultazioni e il futuro di Giuseppe Conte. Si continua a giocare in queste ore la partita dei leader. Ecco come.

Luigi Di Maio, il futuro dei 5Stelle è appeso a un filo

Fa il dottor sottile (con la minuscola). Sa quanto sia fragile il suo Movimento, sempre sul punto di esplodere, conosce l’indispensabilità di Conte come punto di equilibrio (e di tregua) nei 5Stelle e allora ha adottato il passo felpato in questa crisi. Che potrebbe perfino finire con Di Maio a Palazzo Chigi e perciò lui dice: «Sto benissimo alla Farnesina». Comunque non trama Luigi, cerca di stare leggero sulle uova della follia dei grillini, non crede alle lusinghe di Renzi anzi respinge sdegnato le offerte di premiership. Ma da ieri questa tecnica del non mi faccio vedere troppo rischia di non essere più valida. Perché l’esplosione M5S da lui tanto temuta è avvenuta con la nascita del correntone alla Dibba, al grido «O Conte o Morte». Il gioco s’è fatto durissimo, insomma. E il pericolo per Luigi è che, mentre gli altri forzano, lui più che a Palazzo Chigi possa finire all’opposizione. Proprio ora che cominciava a sentirsi uno statista pacato e diplomatico.

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Nicola Zingaretti, ha puntato su Conte ma è costretto a virare

È chiamato, storicamente, il Saponetta.

Nella crisi s’è mosso come un pattinatore. Bordeggiando tra chi, nel suo partito, con Renzi non tornerebbe mai e chi con Matteo non vede l’ora di riabbracciarsi e quasi ha agito come quinta colonna del Bomba. Ecco, il pattinatore ha gettato acqua tiepida su ghiaccio. Convinto che Renzi, prima dell’ultima curva, ossia salendo al Quirinale per le consultazioni, avrebbe cominciato a frenare: «Vedrete, a un certo punto Matteo rinsavisce, speriamo più prima che mai». Ma ieri si è squagliata sul viso di Zinga questa previsione. Convinto che Renzi s’intenerisse rispetto a Conte, quando s’è accorto che non era così Nicola ha cambiato faccia. Ed è uscito dal Colle scuro in volto. Senza più quel mezzo sorriso sornione che è il suo codice e la sua forza. Ha puntato tutto su Conte e ora dovrà virare sull’anche no.

Matteo Renzi, da solo fa ballare tutti e ora vuole stravincere

D icono sia un giocatore di poker, o un attore da spaghetti western. Però, da solo, sta facendo ballare tutti. Ed è Dj Matteo. Ieri mentre comiziava appena uscito dal Colle, mixava tutto il suo repertorio - quello di un no a Conte più guascone che preoccupato, versione: «Adesso ci divertiamo noi» - e ad ascoltarlo veniva da dire: si crede un piccolo Napoleone e va a sbattere a Waterloo, oppure Dj Matteo stordisce tutti con la sua musica psichedelica e alla fine piazza un Cottarelli o una Cartabia al posto dell’Avvocato? Renzi è pronto a trattare il trattabile - nel senso: Conte mai e poi mai e per il resto scriviamo insieme l’agenda - ma non accetta l’ipotesi pareggio e neppure quella della vittoria ai punti. E’ in modalità voglio stravincere. E l’eclissi della carta Responsabili pro-Conte gli ha dato un doping che, a dispetto di quasi tutti gli altri, aveva previsto. Per ora si è tolto le sue soddisfazioni: con un partitino inesistente e gran parte degli italiani contrari alla crisi, continua ad essere lui a menare le danze.

Matteo Salvini, toni neo-moderati per tornare in gioco

Matteo è il neo (o pseudo) tattico. Non si è distinto troppo, qualcuno dice che è sparito, nel corso di questa crisi ma i sondaggi lo stanno leggermente premiando negli ultimi giorni. Ci si aspettava da lui che arringasse le masse, che allestisse le piazze pur in tempo di Covid, che salisse sulle barricate che non ci sono. E invece, non suona ai citofoni chiedendo: «Quanto vi fa schifo Conte?». Ha capito che la richiesta di elezioni oggi non è pop e insiste sullo slogan non contundente: «Salute-scuola-lavoro». Non forza troppo su niente, perché sapendo quanto sia fintamente unita la sua coalizione ha paura che sbagliando i toni la rompe e fa fuggire il Cav. Un Salvini poco salvinista, verrebbe da definirlo. Cerca di entrare nel gioco del Palazzo non per far contento Giorgetti ma perché, pur sapendo che a Giorgia questo non piace, sente il bisogno di un governo di transizione prima di godersi nel 2023 la vittoria elettorale del centrodestra a trazione Lega. Il rischio è che la trazione finisca e cominci un Papeete a lento rilascio.

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Giorgia Meloni, l’unica a credere sul serio alle elezioni

È intanto l’unica leader donna protagonista della crisi.A riprova che, Conte o non Conte, l’Italia sta molto indietro nel campo della parità di genere.Giorgia è la guerriera. Che ha sempre avuto un unico piano elezioni-elezioni-elezioni!- mentre gli altri oscillano tra piano A, B, W e Zeta. Il suo mantra «al voto subito» appare solitario ma la crisi si sta ingarbugliando, i cittadini che non l’hanno mai capita con il passare del tempo la capiscono sempre di meno e se non altro il messaggio di Giorgia appare quello meno interno al Palazzo-descritto come luogo di inciuci, cluster della cattiva politica-e quello più comprensibile all’esterno. Dove comunque la maggior parte degli italiani, secondo i sondaggi, non vuole le elezioni. Nel centrodestra, non proprio unito, lei non sta trovando partner all’altezza della sua combattività. Li vede troppo vogliosi di trattare su tutto. Al punto che pare sia balenata l’idea, poi rientrata, di una salita oggi di Giorgia al Colle da sola e non con gli altri due. Lei comunque scommette sul fatto che nelle urne ci si può rotolare, anche non volendoci andare.

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Silvio Berlusconi, tra Ursula e il non voto i tanti tavoli del Cav

Fantasmagorico Silvio. Non c’è, perché è lassù in Provenza, ma c’è eccome e guai a considerarlo fuori dai giochi, perché il polso della situazione, da leader navigato, ce l’ha più di altri. Tiene come sempre i piedi in mille staffe il Cavaliere. E’ concavo e convesso. Rassicura Ghedini e Salvini che mai si sposterà dal centrodestra, dietro promessa da parte del capo della Lega in diretta tivvù che «Berlusconi sarà un ottimo candidato a Presidente della Repubblica», e allo stesso tempo fa sondare da Gianni Letta il campo contiano ma blocca con una telefonata delle sue il senatore Vitali in fregola pro-Conte e lo riporta a casa tra carezze e promesse. Il solito imprendibile fantasista Berlusconi. Unica stella polare: mai andare al voto anticipato. Perciò Salvini e Meloni diffidano di lui. Privatamente dice che vorrebbe un governo Cartabia o Cottarelli o l’esecutivo Ursula che, come si sa, non prevede né Lega né FdI. La sua magia sta nel fatto che riesce a tenere unita - quousque tandem? - Forza Italia che è in pezzi.

 

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