Governo, l'asse di Draghi con Letta. «La crisi? Deciderà il Colle»

Se domani M5S si smarcherà, lo scenario del rinvio in Aula per chiedere la fiducia

Governo, l'asse di Draghi con Letta. «La crisi? Deciderà il Colle»
Governo, l'asse di Draghi con Letta. «La crisi? Deciderà il Colle»
di Francesco Malfetano
5 Minuti di Lettura
Mercoledì 13 Luglio 2022, 00:03 - Ultimo aggiornamento: 11:20

Tira dritto Mario Draghi. Ne fa una questione di serietà. Ultimatum, ricatti e teatrini di vario genere - è convinto - hanno poco a che spartire con il mandato che ha accettato a febbraio 2021. E quindi non ha intenzione di intestardirsi. Si va avanti solo se si ha la possibilità di completare l’agenda del governo. Le aperture fatte ieri al Movimento 5 stelle su salario minimo e temi sociali sono ritenute sufficienti e in linea con le loro richieste. Se per i grillini questo non dovesse essere abbastanza non può essere una responsabilità del premier. Anche perché scendere a patti oggi - ragionano attorno a lui dopo l’incontro al Quirinale - ne comprometterebbe la capacità di fare domani, di fatto logorandolo in questi ultimi mesi di legislatura. «La sua è una forma mentis diversa rispetto ai politici - dice chi ci si confronta quotidianamente -. Ciò che lo differenzia da tutta la gente che ha intorno è che a lui non interessa “durare” ma agire». Non a caso con i giornalisti prima esita, poi si lascia andare a un piccolo sfogo: «Se si ha la sensazione che è una sofferenza straordinaria stare in questo governo, che si ha fatica, bisogna essere chiari» dice in conferenza stampa. Per poi aggiungere, mentre il ministro Giancarlo Giorgetti si impegna a fissare il vuoto e a non lasciar trasparire nulla: «Lo dico anche per tanti altri che a settembre minacciano sfracelli e cose terribili». 

Draghi: «Convergenza con il documento del M5S. Ma il governo con gli ultimatum non lavora»

LA FIDUCIA
E quindi se alla fine giovedì il governo si impantanerà al Senato perché il M5S non voterà la fiducia al decreto Aiuti, il premier percorrerà sereno i circa 800 metri che separano palazzo Chigi al Quirinale.

A quel punto però il copione non è scritto. Il no al “bis” e alle mille sfumature di rimpasto più volte ripetuto, potrebbe non essere una vera e propria pietra tombale sull’esperienza di governo. La direzione da prendere la detterà il Presidente Sergio Mattarella che, volendo, potrebbe rispedirlo alle Camere a chiedere una nuova fiducia alla vecchia maggioranza. Con tanto di appello alla responsabilità. Specie perché - come si fa notare dal Nazareno - un precedente c’è già e risale al settembre scorso, quando quasi la metà dei leghisti si astenne al voto di fiducia sul cosiddetto decreto “Green pass bis”. In quel caso però, fu lasciata libertà di coscienza agli eletti. Una sorta di non voto tecnico che potrebbe essere la via d’uscita anche domani secondo una parte dei grillini. L’escamotage non è detto funzioni allo stesso modo questa volta, perché il messaggio politico inviato dal Movimento 5 stelle nelle ultime settimane è - appunto - troppo marcato per essere bypassato. In ogni caso nessuno tra gli attori coinvolti si avventura in previsioni. Neppure il premier stesso che, parlando di un voto in autunno con i cronisti, afferma: «Non commento scenari ipotetici. E poi sono parte in causa...».

Un silenzio ragionato e ragionevole. Anche perché, a carte scoperte dopo il faccia a faccia con i sindacati, pur essendo consapevole della grave situazione Draghi confida di essere ancora ottimista. «Non va così male» sarebbe infatti il senso del ragionamento fatto dal premier a Enrico Letta, incontrato prima di affrontare i giornalisti. Considerazioni che poi trovano conferma nelle sue risposte: «Questa situazione di fibrillazione il governo l’ha affrontata abbastanza bene - spiega provando a spostare il focus - Le fibrillazioni sono importanti, perché riguardano l’esistenza del governo, ma diventano ancora più importanti qualora il governo, pur esistendo, non riuscisse a lavorare. Questo è il punto fondamentale: il governo ora riesce a lavorare».
Con il leader del Pd (che ha convocato per oggi pomeriggio l’assemblea dei gruppi parlamentari) del resto l’intesa è totale. «Le loro posizioni sono sovrapponibili» trapela dal Nazareno. «Per entrambi questo è l’ultimo governo della legislatura» e «per entrambi non ci sarà, nel caso, un Draghi bis». E quindi l’obiettivo è tentare fino all’ultimo momento utile una mediazione con Giuseppe Conte che, secondo alcune voci che arrivano da via di Campo Marzio, avrebbe «registrato un’apertura» del premier. Tant’è che anche giovedì in Aula verrà sottolineato come l’introduzione del salario minimo a cui si sta lavorando, il rinnovo dei contratti rimasti bloccati da anni e, più in generale gli interventi a sostegno del potere d’acquisto di lavoratori e famiglie, vanno esattamente nella stessa direzione di quanto richiesto dai cinquestelle. Resta da capire se i senatori del M5S - che comunque andrà, tanto in caso di “sì” quanto di “no”, perderanno dei pezzi - guarderanno al dito o alla luna.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA