Di Maio: «Il governo avanti per la salute del paese e bene M5S»

Di Maio: «Governo avanti per salute paese e bene M5S»
Di Maio: «Governo avanti per salute paese e bene M5S»
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Giovedì 31 Ottobre 2019, 20:51 - Ultimo aggiornamento: 21:19

Il governo «deve andare avanti, per il bene del Paese e del M5S». In un'assemblea dei senatori che si preannunciava vulcanica il capo politico Luigi Di Maio scandisce soprattutto questo concetto. Un concetto che ne cela un altro, non meno importante verso chi vuol lasciare il Movimento: sappia che, a quel punto, la responsabilità della tenuta della maggioranza non dipenderà solo dai Cinque Stelle e dal suo leader. È un tackle, quello con cui il capo politico decide di affrontare i ribelli della vecchia e nuova guardia, tornati in trincea dopo il flop in Umbria. Ed è un tackle che odora di ultimatum, essendo ben chiaro, dalle parti dei vertici del Movimento, che se il governo cadesse a breve in Parlamento tornerebbero molti meno eletti pentastellati. La riunione di Palazzo Madama si innesta nell'ennesimo momento di crisi dei Cinque Stelle. Sul tavolo, oltre al flop umbro, c'è la strategia da mettere in campo per Emilia-Romagna e Calabria, il documento con cui un gruppo di 15 senatori ha messo per iscritto la necessità di rinnovare lo statuto, i malumori di chi, fuggendo verso destra o verso il centro-sinistra renziana, da tempo medita l'addio.

Ma nella riunione il clima, sottolineano fonti M5S, è «sereno». Anche perché all'appello mancano due dei principali dissidenti di queste settimane: Gianluigi Paragone e Ugo Grassi. Il primo, da quando è nato il governo giallo-rosso, non manca di pubblicare il suo attacco quotidiano al Movimento. Il secondo, su cui anche si sono concentrate le sirene leghiste, da tempo manifesta la sua insofferenza. Al momento nessun addio ufficiale viene registrato. E nella riunione non viene fatto neanche cenno alle modifiche allo Statuto con cui si vorrebbe dare potere «deliberante» all'assemblea. Si parla, invece, di alleanze. E qui la linea di Di Maio è chiara. In Emilia-Romagna e Calabria l'alleanza con il Pd non è praticabile. È una linea che Di Maio rivendica perché il rischio, secondo alcuni suoi fedelissimi, è che il M5S si trasformi in una stampella a una cifra del Pd. Una sorta di «centro alfaniano», si sottolinea. Non è quella la strada che vuole percorrere Di Maio, convinto che appiattendosi ai Dem il M5S perda ulteriori voti, in direzione Lega. Così, alle Regionali di gennaio, si corre da soli. Solissimi in Emilia-Romagna, dove la possibilità di non candidarsi è tramontata anche perché, spiegano dai vertici, «non è quello che vogliono i territori».

Diversamente, in Calabria, un'ipotesi di alleanza c'è, ma con una o due liste civiche. «È con un candidato forte la vittoria non è un tabù», sottolineano fonti del Movimento. Del resto, anche Roberto Fico, tra i kingmaker del governo giallo-rosso, oggi sottolinea la «diversità» del binario nazionale da quello regionale. Dove, sottolineano ai vertici del Movimento, la richiesta che arriva dai territori è quella di correre da soli. E c'è un dato, tra l'altro, che porta Di Maio a dire «no» al Pd: il ruolo del premier Giuseppe Conte. Un'eventuale alleanza strutturale nelle Regionali, si ragiona del Movimento, non potrebbe essere efficace senza una netta discesa in campo del premier. Ben più, in sostanza, della foto di Narni scattata nell'ultimo giorno della campagna umbra.
 

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