M5S, Conte eredita le macerie. Lui e Grillo sotto accusa: da soli non ce la facciamo

L’accordo con il Pd serve a sopravvivere. Chat in subbuglio: «Noi Robin, loro Batman»

Giuseppe Conte
Giuseppe Conte
di Francesco Malfetano
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Lunedì 4 Ottobre 2021, 23:27 - Ultimo aggiornamento: 6 Ottobre, 18:28

Quattro ottobre, morte e rinascita grillina. Nel giorno del dodicesimo compleanno del Movimento, i 5S dicono definitivamente addio alla quadratura politica che li aveva portati a diventare il primo partito in Parlamento. E lo fanno nel modo più doloroso di tutti: divisi sul futuro e sopratutto sconfitti alle urne. A Roma con la sindaca Raggi tagliata fuori dal ballottaggio. A Milano e Torino con candidati mai neppure vicini all’obiettivo. Il 2021 è l’anno zero, la fine della storia. Il Movimento è stato spazzato via dove governava ed era arrivato all’apice grazie all’attivismo dello stesso Beppe Grillo, per rimanere in piedi solo dove si è legato ai dem. In altri termini finisce l’era delle sindache (a Roma e Torino hanno incassato un terzo dei voti del 2016) e si apre quella dell’intesa con il Pd, ormai lapalissianamente inevitabile ma ancora osteggiata dai residuali duri e puri.

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M5S, Conte eredita le macerie

«Servirà una riflessione profonda» trapela infatti dal quartier generale grillino ancor prima che le proiezioni si consolidino. «L’alleanza funziona» è il dato di fatto che tutti, favorevoli e contrari, sono costretti a fotografare guardando i risultati di Manfredi e Lepore a Napoli e Bologna. «È il tempo della semina» chiosa il nuovo leader Giuseppe Conte che, presentatosi nel pomeriggio alla Camera per attendere i risultati, sposta subito il mirino: «Napoli è un risultato incredibile».

Ineccepibile. Ma è solo una faccia della medaglia, quella più scura per giunta. A brillare ora è il riposizionamento forzato ancora tutto da costruire.

L'INTESA

Al netto dell’intesa come «progetto a medio e lungo termine» dipinta ancora l’ex premier, la base e gli eletti fremono. E mentre l’obiettivo principale è «cercare di essere più radicati nei territori» in vista delle nuove comunali del 2022, chi spiegherà ai grillini «’de Roma» che ora dovranno davvero sostenere Roberto Gualtieri al ballottaggio? Conte prende tempo. Esclude la destra («Non potremo avere nessuna suggestione per le forze di destra»), e spinge a sinistra, sottolineando però che «I cittadini non possono essere considerati pacchi postali» ma c’è «enorme potenzialità nel nuovo corso». E le chat esplodono. «Noi siamo Robin, non i Batman» scrivono. E ancora: «Alleanza poco equilibrata». E poi da quale base si parte per strutturarsi al Nord? Sganga a Torino e Pavone a Milano hanno ottenuto risultati molto poco convincenti. Dei goffi tentativi delle scorse settimane è rimasta traccia solo «dei 200mila bambini poveri». A Trieste la lista 5S è andata sotto anche al partito No Vax. Oltre il Po il Movimento non esiste. Senza Pd non si va avanti.

 

IL SUD

 

A Sud invece la storia diversa. Tant’è che Conte, Di Maio e Fico raggiungono in forze Napoli per festeggiare Manfredi. Le urne lo hanno confermato, lì ci sono le uniche radici del Movimento (tant’è che Conte in serata si è fiondato lì). Forse troppo legate al reddito di cittadinanza e troppo deboli, come dimostra la scelta di disertare Caserta e Benevento nonostante il 20% di consensi di 5 anni fa e soprattutto il poco più dell’11% incassato per la lista a Napoli (alle europee fu il primo partito al 39,8%), ma pur sempre radici. E il merito però non è di Conte, ma di Grillo stesso e di quell’ala silente a guida Di Maio (con Sibilia, Fico, D’Incà e tanti altri) che già da mesi spinge per l’accordo con i dem e ora attende che l’ex premier continui a logorarsi nel tentativo di non squassare il partito, per poi farsi avanti e riprendersi l’influenza di un tempo. L’obiettivo in pratica, è che Conte risulti già ridimensionato al voto per il Quirinale. E il nuovo ruolo di Raggi (assolta da Conte appena arrivato a Napoli, «5 anni di attacchi. È uscita a testa alta») come garante già rimarcato da Grillo, segna il complicarsi della partita. «12 anni fa abbiamo fatto l’impossibile. Ora dobbiamo fare il necessario!» ha attaccato ieri il fondatore postando una vecchia foto con Gianroberto Casaleggio sui social e annunciando grandi manovre.

LA BASE

 

L’abituale plebiscito di consensi dei commenti però, lascia spazio alla rabbia della base. «Dissipato tutto in 2 anni». «Il più grande fallimento della politica italiana degli ultimi anni» commenta il vicepresidente del Consiglio comunale di Prato. «Peccato avervi votato anni fa» si legge a più riprese. L’oggetto del contendere, «il necessario» di Grillo, è sempre lo stesso: spingere verso l’intesa con il Pd ma senza lasciare che Conte si accrediti l’operazione. A Grillo non è piaciuta la poca combattività dell’avvocato. Ai collegi delle suppletive per la Camera di Roma-Primavalle e Siena i cinquestelle si sono sfilati senza una spiegazione, quasi sperando che nessuno se ne accorgesse. Ma non è più tempo per rifiutare le responsabilità. 

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