Riconfermato per un secondo mandato al ministero per i Rapporti con il Parlamento, il bellunese Federico D'Incà, era stato «promosso» nell'esecutivo Conte II dopo essersi fatto notare come uomo della mediazione nel Movimento. Deputato pentastellato della vecchia guardia, eletto con il M5s già nel 2013, è stato prima capogruppo del Movimento e successivamente, presidente del gruppo parlamentare. Nel 2016 ha ricoperto il ruolo di vice presidente della Commissione Parlamentare di inchiesta per la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione. Rieletto nel 2018, D'Incà è stato anche questore della Camera. Con questo incarico ha dato direttive per il contenimento dei costi che hanno portato a un risparmio di 52 milioni di euro annui nella gestione dell'assemblea, che sommati a 48 milioni di euro di avanzi di amministrazione precedenti, costituiscono una restituzione complessiva al bilancio dello Stato di 100 milioni di euro, la più alta di sempre.
È stato anche componente della Commissione Bilancio, Tesoro e Programmazione, del Comitato per la Comunicazione e l'Informazione Esterna, del Comitato di Vigilanza sull'Attività di Documentazione, del Comitato per gli Affari del Personale, del Comitato per la Sicurezza.
Nel 2017, in Veneto, si fa notare come uno dei promotori in prima linea del referendum per l'Autonomia. Quando nel 2018 viene rieletto alla Camera, si schiera tra quanti nel Movimento erano critici del governo giallo-verde. Sul suo sito personale si definisce «vicino al pensiero di Adriano Olivetti, lettore appassionato di politica economica e di filosofia, interessato al mercato finanziario e all'economia reale». Ma il neo-ministro ha anche un altro hobby: coltivare ortaggi e verdure, nel suo orto nel bellunese.