Roma, centrodestra bloccato: i leader non vanno al vertice. Resta il gelo tra Salvini e Meloni

Roma, centrodestra bloccato: i leader non vanno al vertice
Roma, centrodestra bloccato: i leader non vanno al vertice
di Mario Ajello
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Sabato 8 Maggio 2021, 00:29 - Ultimo aggiornamento: 9 Maggio, 10:49

Un tavolo? Piuttosto, un tavolino. Per parlare di Roma? Macché, per parlare di tutte le città, soprattutto quelle medio-piccole. Per far incontrare i leader, Salvini e Meloni, che non si parlano più se non attraverso messaggi poco simpatizzanti? Neanche questo: perché non ci saranno i leader del centrodestra, ma soltanto i responsabili enti locali dei tre partiti, Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia, nel tavolo-tavolinetto convocato per mercoledì prossimo. E che sarà l’ennesima tappa del nulla, ovvero dell’indecisione su chi candidare a Roma, che divide Salvini e Meloni e Forza Italia che sta con i leghisti, su Bertolaso, il quale però dice di non volere, e non con Giorgia. Ieri alle accuse di Salvini che ha detto «basta con i veti», prima su Bertolaso e poi su Albertini a Milano, indicando FdI come il partito dei no, la Meloni ha risposto tentando il disgelo: «Da parte nostra non ci sono affatto i veti. Siamo costruttivi. E diamoci da fare per arrivare a una candidatura unitaria».

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Gli sms - Una parola, nonostante si siano scambiati anche alcuni sms di tregua Giorgia e Matteo. Con lei che ha scritto a lui: «Tutto si risolve, basta parlarsi». Di fatto, però, non si è riusciti finora a trovare il nome condiviso per la Capitale, non ci si riuscirà mercoledì e l’attesa sarà ancora piuttosto lunga. Anche perché - dicono scoraggiati nel centrodestra - «ormai aspettiamo di vedere che cosa fa il Pd, con Zingaretti sì o Zingaretti no, e poi in base alla presenza o assenza di un peso massimo come lui decideremo la persona nostra». Stallo chiama stallo, ecco.

Chi per Salvini lavora al dossier Roma dice questo: «Con Zingaretti in campo il nostro nome dovrà essere un nome forte. Bertolaso è il più forte di tutti. La Meloni lo capirà e magari cederà, il problema è che in cambio vuole troppo». Ovvero la presidenza del Copasir, più spazio in Rai, il candidato governatore in Calabria - non Occhiuto come vuole Forza Italia - e una paio di sindaci di città importanti. Oltre naturalmente al candidato presidente del Lazio, quando si voterà per la Regione, prima - se va via Zingaretti - o poi. Un dossier, quello regionale, che per Salvini si fa sempre più difficile, anche perché il sottosegretario salvinista al Mef, Durigon, che era destinato a presentasi come candidato governatore, è azzoppato pure dalla richiesta di dimissioni presentata ieri da M5S, che il Pd non potrà appoggiare nonostante abbia tutto l’interesse a far stare sulla graticola parlamentare uno degli uomini più vicini a Salvini. Ieri Giorgetti lo ha difeso: «Ma con tante cose che abbiamo da fare, si perde tempo con una mozione di sfiducia come questa... Che assurdità». Ma questo è un problema in più per il Carroccio.

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Il derby -  E comunque. Un nome condiviso del centrodestra per Roma non c’è e per un bel po’ ancora non ci sarà, mentre è sicura una competizione aspra tra Lega e FdI nella Capitale, dove la Meloni si presenterà capolista del suo partito, mentre Salvini no perché meglio evitare su questa piazza una gara diretta con Giorgia. La quale a Roma vorrà dimostrare, insieme ai sondaggi che la premiano in tutta Italia, che FdI può essere il primo partito del centrodestra. È quanto si teme in casa leghista. «Ma il protagonismo governativo di Matteo - dicono i suoi - si sta rivelando prezioso per il Paese, dalle riaperture ai limiti del coprifuoco, e da qui all’autunno ci premierà». Competition is competition. La sensazione è che Bertolaso, come dice il salvinian-forzista Francesco Giro, sia «fuori dal chiacchiericcio ma ancora dentro la partita romana». Si andrà - se Salvini e Meloni si mettono d’accordo, e per ora non è aria - al derby Zingaretti-Bertolaso? Salvini si lamenta: «Noi ci sbattiamo, incontriamo tutti, facciamo nomi di continuo. Mentre FdI sa soltanto stare ferma o arricciare il naso. Ma io credo che capiranno che così non va e troveremo la famosa quadra. I cittadini vogliono risposte e noi gliele dobbiamo dare». Insomma: «Giorgia deve chiarirsi». E «Matteo - replica lei - deve sciogliere i nodi». Chiosa il saggio, ex forzista, Osvaldo Napoli: «Lo scontro tra i due danneggia il centrodestra». 

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