Draghi, il piano: unire dal Pd alla Lega. Conte rifiuta ruoli nel nuovo governo

Draghi, il piano: unire dal Pd alla Lega. Conte rifiuta ruoli nel nuovo governo
Draghi, il piano: unire dal Pd alla Lega. Conte rifiuta ruoli nel nuovo governo
di Marco Conti
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Giovedì 4 Febbraio 2021, 00:37 - Ultimo aggiornamento: 13:43

Le contorsioni dei partiti all'appello di Sergio Mattarella, raccolto ieri mattina da Mario Draghi, sono appena iniziate. Il perimetro della maggioranza è il problema non risolto e che agita i sonni di Zingaretti che cerca in tutti i modi di tenere al proprio fianco i partiti che hanno sostenuto il governo Conte, grillini in testa. Obiettivo dei dem è quello di garantire a Draghi i numeri senza allargare troppo a destra, in modo da poter imporre anche un pacchetto, seppur ridotto, di ministri.

L'adesione di Forza Italia all'esecutivo-Draghi è auspicata dai dem per arrivare a quella maggioranza Ursula inseguita per il Conte-ter, ma l'arrivo della Lega di Matteo Salvini è ormai data per scontata e non solo perché l'ex governatore ha da anni un buon rapporto con Giancarlo Giorgetti, ma perché il Carroccio vuol dire la sua sul Recovery Plan.


I paletti

Ed è sull'arrivo della Lega in maggioranza, non con l'astensione promessa da Giorgia Meloni e FdI, che la voglia di dem e grillini di comporre un esecutivo politico potrebbe schiantarsi e aprire la strada a quell'esecutivo tutto tecnico che è un po' la speranza del premier incaricato.

Draghi va a caccia di una maggioranza più ampia possibile e non sarà certo lui a porre paletti. Tantomeno a escludere la presenza di esponenti politici. Ma se il recinto della maggioranza include, oltre a Forza Italia anche la Lega, votare un governo con ministri del Carroccio potrebbe risultare indigeribile e convincere i dem a preferire i tecnici o quantomeno a scolorire il più possibile l'area di appartenenza.

Anche i 5S chiedono un esecutivo politico e quindi la presenza di ministri provenienti dal Movimento. L'obiettivo è quello di tener dentro Luigi Di Maio e Alfonso Bonafede, mentre sembra escluso un coinvolgimento di Giuseppe Conte. Il presidente del Consiglio continua a restare barricato a Palazzo Chigi intento, con il suo staff, a smentire illazioni e veline provenienti da ogni parte. 


Conte ha incontrato per quasi un'ora il suo possibile successore. Al termine del colloquio non è filtrato da palazzo Chigi neppure un saluto o un in bocca al lupo. Riservatezza o, piuttosto, la speranza di Conte che - come sostengono le malelingue - Draghi non riesca a presentarsi al Quirinale con una maggioranza certa e che quindi Mattarella venga costretto a convocare elezioni a breve lasciando l'avvocato a palazzo Chigi. Salvini ieri sera, parlando a La7, si è mostrato particolarmente morbido nei confronti del presidente del Consiglio incaricato definito «persona assolutamente di spessore» al quale «non andiamo a porre condizioni».

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D'altra parte i partiti, seppur usciti sconfitti perché incapaci di trovare un filo comune per assicurare al Paese un governo, sono convinti che Draghi resterà a Palazzo Chigi il tempo strettamente necessario per permettere al Paese di uscire dalla pandemia e di presentare a Bruxelles un Recovery Plan più dignitoso delle ultime due versioni. Terminato il compito, Draghi è pronto a farsi da parte. A meno che i partiti non decidano di indicarlo come successore di Mattarella al Quirinale.


In attesa degli incontri con Draghi, dai quali sarà comunque difficile capire subito in che direzione intende muoversi, i partiti alzano una cortina fumogena. Nel M5S alcuni big sostengono che per far virare verso il sì i grupponi a cinquestelle serve un esecutivo politico. Motivazione sufficiente se non fosse gestita dagli stessi che vorrebbero entrare o rimanere nel governo.

Analogo ragionamento si coglie al Nazareno dove si va a caccia della conferma per i ministri Franceschini, Guerini, Gualtieri e Boccia. Anche Leu insiste con Federico Fornaro a blindare la maggioranza del Conte2 che rischia invece di saltare se i grillini dovessero spaccarsi e lo stesso Conte - tradendo forse la sua storia personale - decidesse di infoltire la truppa dei dissenzienti alla Di Battista. In attesa di un possibile voto sulla piattaforma Rousseau, anche l'ala governativa del Movimento si divide e riappare l'antica dicotomia-politica tra Conte e Di Maio giocata, paradossalmente, in quel recinto europeista disegnato dal Pd. Anche se - comunque vada - per i dem sarà difficile dire no a Draghi giustificandolo con la voglia di non voler unire i propri voti a quelli di Salvini.

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