Draghi, 5Stelle (divisi) verso il sì. «La scalata di Conte? Non l'ha votato nessuno»

Draghi, 5Stelle (divisi) verso il sì. «La scalata di Conte? Non l'ha votato nessuno»
Draghi, 5Stelle (divisi) verso il sì. «La scalata di Conte? Non l'ha votato nessuno»
di Emilio Pucci
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Venerdì 5 Febbraio 2021, 06:25 - Ultimo aggiornamento: 21:13

Conte leader del Movimento 5 stelle? No, grazie. Non c'è certamente una porta in faccia alla disponibilità manifestata dal premier uscente di dare un apporto ma lo dovrà fare dall'esterno, non come guida, né nella versione Beppe Grillo dei bei tempi. Al di là dei fedelissimi del giurista pugliese, che ha le sue truppe soprattutto al Senato, si registra una prevalente freddezza tra i pentastellati sul suo cambio di rotta. E una certa perplessità per quelle frasi pronunciate in piazza, davanti palazzo Chigi, riguardo al fatto che le urgenze del Paese richiedono «scelte politiche che non possono essere affidate a squadre di tecnici». «Conte è un tecnico», una delle frasi più ricorrenti.

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Non c'è solo una spaccatura sul fronte «mai Draghi» o «ascoltiamo e poi decidiamo».

Ieri la discesa in campo dell'avvocato ha creato non poche fibrillazioni interne. Da una parte ha portato la componente di palazzo Madama ad ammorbidire le posizioni emerse in un primo momento contro l'ex numero uno della Bce. Non è un caso che i contiani ieri abbiano abbassato i toni. Dall'altra, però, ha irritato chi non lo ritiene parte integrante del Movimento. «Non si è mica sottoposto al giudizio degli italiani e neanche della piattaforma Rousseau», osserva un big. La linea è che potrà essere anche un federatore dell'alleanza con Pd e Leu, ma se volesse entrare nel Movimento dovrebbe iscriversi e anche come candidato leader sperare che un domani M5S abbia più voti del Pd.

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LE POSIZIONI
Lo scontro è sotto traccia, per ora occorre concentrarsi per evitare un'altra spaccatura, quella della truppa che al Senato sta affilando le armi contro Draghi. Invocando la libertà di coscienza sulla fiducia, ipotizzando la costituzione di una componente con l'obiettivo di avere le mani libere e di giocare, di volta in volta, in Parlamento sui provvedimenti dell'esecutivo. La pensano così pentastellati come Lezzi, Morra, Toninelli ma per ora il dissenso raggiunge una quarantina di unità, «non possiamo perdere la dignità». Un gruppo che però potrebbe assottigliarsi qualora arrivassero delle garanzie del premier incaricato su temi come il reddito di cittadinanza, il superbonus e il Mes. Alla Camera, invece, prevale di gran lunga l'ala dialogante, con l'auspicio che si riesca a portare a casa un programma condiviso e un paio (ma forse tre) ministeri.
Due giorni fa è stato Di Maio ad orientare l'assemblea, ieri il ministro degli Esteri uscente ha chiesto poi una prova di maturità. Ma è pur vero la consapevolezza di molti esponenti M5S che Draghi difficilmente accetterà paletti o condizionamenti.

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I giochi non sono ancora chiusi, dal Movimento 5 stelle c'è una forte apertura di credito, non un sì senza se e senza ma. A spingere i pentastellati verso Draghi, oltre Conte, è stato Grillo (arrivato ieri a Roma) che è stato decisivo nella svolta. Svolta non condivisa da Di Battista che ora potrebbe attirare verso di sé quei senatori che erano pronti al grido di «Conte o morte». «Conte non ha pronunciato neanche il nome di Draghi», la puntura di spillo di chi ancora ricorda nel Movimento l'operazione responsabili portata avanti dal premier uscente. «E' stato lui a portarci a sbattere», taglia corto un altro big.
Il rischio che si formi una componente ad hoc (e anche un vero e proprio partito) ancora c'è. Tanto che i fedelissimi dell'avvocato ora invocano un suo ruolo nel governo (come vicepremier) oppure addirittura la candidatura nelle elezioni suppletive a Siena (per sostituire Padoan) e farlo entrare in Parlamento.

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