Covid, Draghi sceglie la linea dura. E ai virologi: parlate meno

Covid, Draghi sceglie la linea dura. E ai virologi: parlate meno
Covid, Draghi sceglie la linea dura. E ai virologi: parlate meno
di Alberto Gentili
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Martedì 16 Febbraio 2021, 00:36 - Ultimo aggiornamento: 01:33

Da Palazzo Chigi trapela poco o nulla sulla linea di Mario Draghi sul fronte delle misure anti-Covid. Perché, come ha spiegato il premier sabato nel primo Consiglio dei ministri, «si deve parlare soltanto con i fatti». Ma i fatti dimostrano che Draghi, a dispetto dell’insurrezione leghista che scuote il governo, si attesta sulla linea del rigore e della massima cautela nell’affrontare la pandemia. Al pari di Angela Merkel, di Emmanuel Macron e della Commissione europea. Un legame, quello con l’Europa e le cancellerie più importanti, che il premier ha intenzione di mantenere saldo anche nella lotta alla pandemia. Piano vaccinale incluso.

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«SCELTA CONDIVISA»
Domenica pomeriggio, quando il ministro della Salute Roberto Speranza è stato chiamato a prorogare (sulla base del report del Cts di venerdì) il blocco fino al 5 marzo della stagione sciistica, è avvenuta una approfondita interlocuzione tra Speranza e Draghi.

Per decidere lo stop dello sci, il responsabile della Sanità ha infatti dovuto modificare con la sua ordinanza il Dpcm varato il 14 gennaio. E l’ha fatto soltanto dopo il via libera del capo del governo. Tant’è, che da palazzo Chigi parlano di «scelta condivisa».

Assieme a Speranza, Draghi ha analizzato il verbale del Cts che evidenziava come il 17,8% dei nuovi positivi sono colpiti dalla variante inglese del Covid, che ha una velocità di diffusione del 40-50% superiore al virus prima versione. E al pari del responsabile della Salute, il premier ha ritenuto la situazione preoccupante. Tanto più, fanno notare fonti informate, che «anche in Germania e Francia la stagione sciistica è ferma».

E che il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) valuta il rischio-varianti «alto-molto alto per la popolazione complessiva e molto alto per gli individui vulnerabili», a causa della «maggiore trasmissibilità» che potrebbe rendere «i vaccini esistenti solo parzialmente o in gran parte meno efficaci».
Da qui il via libera di Draghi al giro di vite in extremis, a dispetto dell’impopolarità e incurante («la difesa del diritto alla salute viene prima di tutto», ha ribadito Speranza) della successiva insurrezione di Matteo Salvini e dei governatori del Nord. Ma con l’impegno a erogare «rapidamente i ristori» ai settori colpiti.

Stabilito che il premier non abbandonerà la linea del «rigore» e della «massima cautela» in sintonia con la Ue e i partner europei, e che spingerà per rendere più rapida e capillare la campagna vaccinale («è la precondizione per la ripresa economica», ha detto l’ex capo della Bce durante le consultazioni), il governo dovrà decidere entro il 5 marzo, quando scadrà il Dpcm attualmente in vigore, se prorogare l’attuale sistema a fasce Regione per Regione (giallo, arancione e rosso), il coprifuoco e il divieto di superare i confini regionali. In più, l’esecutivo dovrà stabilire se continuare con l’attuale procedura: la cabina di regia (composta da Istituto superiore della Sanità, ministero della Salute e Regioni) che il venerdì redige il report settimanale grazie ai dati regionali, e il Cts che poi fornisce all’esecutivo le sue proposte.

Speranza è convinto che il sistema abbia funzionato. «Perché», ha spiegato in più occasioni, «ci ha permesso di tenere sotto controllo l’epidemia senza lockdown nazionale duro». Maria Stella Gelmini, nuovo ministro forzista alle Regioni, si attesta sulla linea del «rigore», in quando la «pandemia è ancora forte, non si può scherzare». Rispetto all’ipotesi di prorogare il meccanismo a fasce, invece vuole conoscere nel dettaglio il sistema prima di sciogliere la riserva.

«BASTA ALLARMISMI»
Di certo, ci sarà un giro di vite sulla comunicazione. Virologi e scienziati del Cts e dell’Iss saranno invitati a limitare al massimo gli annunci e gli «allarmismi» che tanto irritano la Lega e Forza Italia. E lo stesso Draghi dovrebbe chiedere al Cts di avere un solo portavoce, zittendo Walter Ricciardi & C. «Serve una comunicazione unitaria, l’attuale metodo va cambiato», ha detto la ministra Gelmini uscendo da un incontro con i tecnici assieme a Speranza. 
 

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