Crisi di governo, Sassoli: «Il Recovery non aspetta, l'Italia non può fermarsi»

Crisi di governo, Sassoli: «Il Recovery non aspetta, l'Italia non può fermarsi»
Crisi di governo, Sassoli: «Il Recovery non aspetta, l'Italia non può fermarsi»
di David Sassoli*
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Lunedì 25 Gennaio 2021, 06:24 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 14:46

Fin dall'inizio della pandemia ci eravamo detti che una forte discontinuità nelle politiche europee sarebbe stata data dalla libertà degli Stati membri di utilizzare gli strumenti messi a loro disposizione per sostenere la crisi e rilanciare le loro economie. E così è stato finora, con il sostegno alla cassa integrazione (Sure), il Mes sanitario e il Recovery fund. Non vi è nessun obbligo, ma l'opportunità di utilizzare questi strumenti. È evidente che non usare risorse davvero eccezionali comporterà delle conseguenze, ma ogni intervento dovrà essere assunto liberamente da governi e parlamenti nazionali.
LA FILOSOFIA
Un'Europa diversa insomma, da quella che negli ultimi 10 anni ha cercato di imporre modelli di comportamento. Con questa filosofia, l'Unione europea offre nuove opportunità ai 27 paesi per rispondere alla crisi. Non solo risorse, ma anche sostegno e consulenza.

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Il presidente Romano Prodi, sempre attento alle attività legislative della Ue, è stato l'unico a sottolineare ieri sul Messaggero l'importanza del voto espresso dal Parlamento europeo, martedì scorso, sul regolamento sul Technical support instrument. Voglio ringraziare il professore e il giornale per questa attenzione. Si è trattato di un voto a larghissima maggioranza, arrivato al termine di un negoziato fra Parlamento, Commissione e Consiglio alla fine dell'anno scorso.
LE RIFORME
Questa è l'Europa che ci piace. Quella che si mette a disposizione dei paesi membri che intendono fare riforme ma hanno dei problemi, che li aiuta nella programmazione delle risorse quando non ne hanno le capacità, che li sostiene nei percorsi per raggiungere gli obbiettivi comuni. Non bastano le risorse se poi non si è in grado di usarle. È una vecchia storia che coinvolge molti paesi. E l'Italia, fra chiaroscuri, è fra questi.
Ma come è possibile che un regolamento (vedi, legge europea) di questa portata venga ignorato dalla politica nazionale e dal mondo dell'informazione proprio in un momento in cui gli Stati membri sono impegnati nella scrittura dei loro piani di ripresa? Che questa distrazione coinvolga l'Italia, dove da mesi si parla di come gestire il piano nazionale di ripresa, sconcerta.


Lo strumento di supporto tecnico non è limitato solo al Recovery fund, ma si estende anche all'uso dei fondi strutturali (quelli destinati alle regioni) e ai programmi europei. Nel contesto del Next Generation EU, il regolamento aiuterà i governi che lo vorranno a preparare e attuare piani di ripresa e resilienza, e a fare riforme e investimenti relativi alla transizione verde e digitale. La Commissione europea gestirà il programma con la direzione generale per il sostegno alle riforme strutturali (DG REFORM) e avrà un budget di 864 milioni di euro.
In seguito alla richiesta di uno Stato membro, si attiverà una consulenza su una vasta gamma di iniziative: governance e amministrazione pubblica; entrate fiscali e gestione delle finanze pubbliche; crescita e ambiente imprenditoriale; mercato del lavoro, sanità, istruzione e servizi sociali; settore finanziario e accesso ai finanziamenti. Se i paesi hanno problemi su riforme e programmazione possono beneficiare delle competenze della Commissione europea, degli esperti nazionali delle organizzazioni internazionali, degli enti pubblici e del settore privato.
Un'utile opera di consulenza priva di obblighi e condizionalità. Si tratta esclusivamente di un servizio che segue la regola più volte ribadita dal Parlamento europeo: la nuova Europa si costruisce sulla responsabilità. E la responsabilità si misura sul raggiungimento degli obbiettivi che insieme si è deciso di raggiungere. Indietro non deve restare nessuno. Per l'Italia, un'occasione in più per utilizzare bene i soldi e rispondere alla crisi investendo su un Paese più moderno e sicuro. La pandemia ci ha fatto capire che l'Unione europea non sono soltanto le istituzioni di Bruxelles, ma governi, parlamenti nazionali e regioni sono parte del medesimo ingranaggio. Sia chiaro, però: un'Unione meno dirigista offre nuove possibilità, ma se un paese si ferma salta tutto.
E alla vigilia della presentazione dei piani nazionali inutile dire quanta attenzione vi sia sulla stabilità politica dell'Italia. Il Recovery fund non aspetta: o parte o non parte. E tempi, modi e rischi sono chiari a tutti.
* Presidente
del Parlamento europeo
 

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