​Crisi di governo, Conte non molla: un nuovo gruppo o si vota

Crisi di governo, Conte non molla: un nuovo gruppo o si vota
​Crisi di governo, Conte non molla: un nuovo gruppo o si vota
di Marco Conti
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Sabato 23 Gennaio 2021, 00:32 - Ultimo aggiornamento: 24 Gennaio, 00:12

Non decolla, e la bandiera bianca sul tentativo di reclutare “responsabili” si alza direttamente a Palazzo Chigi. Non spunta però dalla finestra dell’ufficio di Giuseppe Conte, ma da quella di Luigi Di Maio che incontra Bruno Tabacci, il “motore” dei gruppi “per Conte” che avrebbero dovuto sostituire Iv e che ora, per sbloccare lo stallo, chiede la nascita del Conte-ter. Un incontro che avviene nell’anniversario delle dimissioni del ministro degli Esteri da capo politico di quel M5S sempre sull’orlo della spaccatura.

Affacci diversi su piazza Colonna, e quindi differenti valutazioni.

Quelle che fa Giuseppe Conte lo spingono a non mollare convinto che presto i “responsabili” verranno fuori. Non tutti ne sono però convinti e molti dubbi si ritrovano negli umori del gruppo parlamentare M5S sempre più terrorizzato dalla prospettiva del voto anticipato o di essere costretti a sostenere un esecutivo-tecnico. Anche se solo il grillino Giorgio Trizzino ha il coraggio di chiedere di riaprire il dialogo con i parlamentari di Iv, prende piede tra i grillini il timore che la tattica di evocare le urne per acchiappare “responsabili” diventi la vera strategia del premier e di una parte del Pd di Zingaretti.

Tutti e due, Conte e dem, guardano con disincanto all’appuntamento di mercoledì, quando il governo rischia di andare sotto al momento del voto della relazione del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. «Iv ha promesso di votare contro e questo - sostengono i 5S filo-Conte - renderà ancora più complicato il ritorno di Renzi». Il braccio di ferro continua in un sorta di “muoia Sansone con tutti i filistei” che dovrebbe servire a spingere alcuni senatori renziani a valutare come molto più concreto il rischio di un voto anticipato. Non è però detto che stavolta il Quirinale, anche a seguito dei numeri risicati di inizio settimana, non torni a chiedere conto al premier del voti di mercoledì e dello stallo che nel frattempo fa alzare lo spread e innervosisce le agenzie di rating.

Per bloccare l’intenzione di spingere Conte ad accettare il “ter” prima della sfida di mercoledì - quindi con tanto di dimissioni e reincarico - scende in campo Vito Crimi e anche Alessandro Di Battista. La «“derenzizzazione” del governo» viene però evocata da chi non è neppure in Parlamento e se coglie forse l’umore della base pentastellata, non intercetta quello dei parlamentari 5S. La barricata serve però a fermare le possibili riaperture a Renzi nel giorno in cui i parlamentari di Iv, compreso il senatore di Rignano, firmano compattamente una nota per «riaprire al confronto senza veti».

Nel Pd il fronte del «mai più con Renzi» mostra ogni giorno nuove crepe. Alle caute aperture dei capigruppo Delrio e Marcucci, ieri si sono aggiunti quattro senatori dem, Verducci, Nannicini, Stefano e Pittella che hanno sbarrato la strada alla linea del voto anticipato. I tentativi di spingere il presidente del Consiglio ad aprire la crisi, pur avendo garanzie sul reincarico, e di riaprire il confronto con Iv non hanno però successo. Piuttosto il premier preferisce il voto anticipato convinto che comunque a giugno, quando scatterà il semestre bianco e non si potranno sciogliere le Camere, ci sia comunque in atto un progetto per farlo cadere comunque dalla poltrona di Palazzo Chigi in modo da favorire - come evoca Matteo Richetti - l’arrivo di Mario Draghi. In questa voglia di urne, che però ancora non spaventa, Conte ha sinora trovato sponda nel Pd saldando la pattuglia di coloro che hanno un conto aperto con Renzi, con l’ala governativa. Ma non è detto che i dem reggano la pressione che arriva, specie da Bruxelles, ad evitare sia le elezioni che la più che probabile vittoria del centrodestra a trazione sovranista ed antieuropea.

Per Conte la partita è decisiva. Teme il passaggio del “ter” e soprattutto ha fretta di incassare il dividendo politico personale che gli assegnano i sondaggi. Le urne, comunque vadano, lo consacrerebbero nel progetto degli ex Pci di federatore di un nuovo Ulivo e alla guida della solita gamba centrista. Ancora giorni di sfida nella speranza di far breccia magari in FI anche grazie alla senatrice Maria Rosaria Rossi che ieri è stata di nuovo a Palazzo Chigi. Ma il continuo evocare le urne ha prodotto nella galassia centrista la reazione opposta se persino il sempre moderato ed ex ministro Maurizio Lupi chiede a Conte «di avere un po’ di dignità, dimettersi e permettere al Paese di andare appena possibile al voto».
 

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