Covid, ristoranti, palestre, cinema: chi chiuderà per primo se i contagi aumentano

Covid, ristoranti, palestre, cinema: chi chiuderà per primo se i contagi aumentano
di Alberto Gentili
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Sabato 3 Ottobre 2020, 01:09 - Ultimo aggiornamento: 19:18

Dopo la Campania, il Lazio e alcune città del Nord, l’obbligo di indossare la mascherina anche all’aperto probabilmente verrà esteso a tutto il territorio nazionale. «Ma soltanto dopo un confronto con le Regioni», precisa il premier Giuseppe Conte. Con l’allarmante ripresa dei contagi, ieri a quota 2.499 (appena leggermente meglio di giovedì), il governo ha deciso di prorogare lo stato d’emergenza fino al 31 gennaio. Ma soprattutto ha cominciato ad esplorare l’adozione di altri giri di vite per contrastare la seconda ondata dell’epidemia. In base a due principi: «Massima precauzione» e «misure proporzionate alla curva dei contagi».

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Davanti al «rischio concreto di un rapido peggioramento» e dopo «nove settimane consecutive» di aumento del numero di persone positive al Covid - come certificato dal ministero della Salute e dall’Istituto superiore della Sanità nel report settimanale - Conte, Roberto Speranza e il Comitato tecnico scientifico (Cts) nell’analisi degli interventi potenziali hanno fissato due punti fermi. Il primo: tenere quanto più possibile le scuole aperte. «La continuazione dell’anno scolastico è la principale trincea da difendere». Il secondo: non ricadere in un lockdown nazionale e tantomeno in una chiusura delle attività produttive, come accadde tra marzo e inizio maggio.
Si interverrà piuttosto sui singoli focolai e potranno essere decise “zone rosse territoriali”, anche di palazzo o di quartiere. Ma niente stop a fabbriche e uffici (a meno che l’epidemia si rivelasse inarrestabile) e nessuno verrà nuovamente costretto a restare chiuso in casa, casi di quarantena a parte.

GLI ALTRI STEP
Se la situazione dovesse peggiorare, la prima stretta riguarderà gli assembramenti: non più di 6-10 persone insieme. E questo varrà anche per le feste private e le riunioni di famiglia. Altro step sarà la chiusura alle dieci di sera di bar e ristoranti per mettere un freno alla movida. «Il tutto avverrà gradualmente, osservando giorno per giorno l’indice Rt», spiega chi segue il dossier.

Nel caso in cui la curva dei contagi dovesse continuare a salire, l’idea è quella di ripercorrere in senso inverso le riaperture della scorsa primavera. I primi a chiudere sarebbero i cinema, i teatri, le palestre. Poi toccherebbe ai centri estetici e ai parrucchieri, seguiti da bar e ristoranti. Per ultimi i negozi, mentre è probabile che negli uffici venga reso obbligatorio lo smart working. Come è realistico che, a seguire, verranno vietati feste di matrimonio e funerali. Un punto interrogativo riguarda gli spostamenti tra Regioni: al momento il ripristino del divieto non è stato esaminato.

TRACCIAMENTI A RISCHIO
Tutto dipenderà, si diceva, dall’andamento dell’epidemia. Con osservate speciali Lazio e Campania che segnano numeri da vecchio lockdown. E se soltanto nei prossimi giorni si conoscerà per intero l’effetto della riapertura delle scuole, al ministero della Salute e nel Cts monta l’allarme non per la tenuta delle terapie intensive («sono state potenziate»), quanto per il tracciamento dei contagi.
«Il rischio vero è la perdita di controllo sull’epidemia con l’impossibilità di continuare con il contact tracing», dice una fonte di governo. E spiega: «Oltre i 3.000-3.500 contagi al giorno, il sistema di contact tracing non reggerebbe. Sarebbe impossibile, come invece avviene adesso, individuare tutte le persone - in media una quarantina - entrate in contatto con chi risulta positivo al virus e fare i tamponi. L’apertura delle scuole ha comportato un aumento esponenziale dei controlli da parte degli uffici di prevenzione dei distretti sanitari. Per questo è essenziale scaricare l’app Immuni».
In tutto questo Conte, messo sotto pressione dal centrodestra, tiene anche a precisare che la proroga dello stato di emergenza «non significa che siamo in lockdown e nessuno sta abusando di pieni poteri». Lo stato d’emergenza «consente di mantenere in piedi la macchina della Protezione Civile, i poteri del Commissario straordinario Arcuri e dei soggetti attuatori, dei presidenti delle Regioni. Significa poter allestire o gestire alcune strutture, impiegare la rete del volontariato, reclutare le task force di personale medico».

 

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