Conte sempre più solo, rischia sui soldi alla Sanità: l'ultimatum di Pd e Renzi

Conte sempre più solo, rischia sui soldi alla Sanità: l'ultimatum di Pd e Renzi
Conte sempre più solo, rischia sui soldi alla Sanità: l'ultimatum di Pd e Renzi
di Marco Conti
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Giovedì 24 Dicembre 2020, 07:40 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 06:15

Ha ceduto sulla governance del Next Generation Ue e ora prova ad alzare la barricate su Mes e su chi deve gestire l'intelligence. E' passato solo un giorno dagli incontri a palazzo Chigi delle delegazioni dei partiti di maggioranza e lo scontro riprende, a conferma che la verifica è tutt'altro che chiusa e la crisi scongiurata.
IL PIANO
«La struttura centralizzata che avrebbe sopravanzato il governo, i ministeri, prevaricato, quella task force è stata superata», sostiene Giuseppe Conte nel salotto di Porta a Porta dove nega anche che «sia mai esistita», prendendo quindi anche le distanze dal progetto inviato per mail ai ministri una decina di giorni fa. Nella nuova bozza del Recovery plan al capiotolo sulla task force si legge: Da completare. Il premier che punta al varo del piano in Consiglio dei ministri entro l'anno, in modo da allinearsi a quanto già fatto da quasi tutti i paesi Ue.

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Quando poi dice che «la crisi non è nelle mie mani», fa capire che stavolta, a differenza di quanto accadde due anni fa, pensa di andare in Parlamento per farsi sfiduciare. Un'asticella che si affianca a quella issata giorni fa da Dario Franceschini che, sul Corriere, ha sostenuto che dopo l'attuale esecutivo c'è solo il voto. Prove muscolari alle quali non si sottrae Matteo Renzi che dice aL ministro dei Beni culturali di «occuparsi dei musei e degli alberghi chiusi» perché «il presidente della Repubblica non è lui ma Sergio Mattarella» e che comunque un'altra maggioranza si trova in Parlamento perchè nessuno, dopo il taglio dei parlamentari, vuole andare a casa prima del tempo.

Mentre l'ala governista del Pd fa quadrato intorno a palazzo Chigi, Conte prova a reagire anche sulla delega ai servizi, reclamata sia dal Pd che da Iv, ma che Conte intende mantenere perché «la responsabilità è comunque del premier». Ma Conte vorrebbe considerare chiusa anche la questione dell'attivazione del Mes-sanitario «che è una prerogativa del Parlamento».

 

Ma avverte di stare attenti perché «i 36 miliardi del Mes ci farebbero accumulare deficit. Un fardello per le nuove generazioni». A contraddire la versione dell'inquilino di palazzo Chigi è però il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri che, intervistato da La7, torna a dire che il Mes «è utile perché fa risparmiare interessi». Condivisibile, visto che sono a debito non solo i 36 miliardi - che andrebbero a rinforzare il servizio sanitario - ma anche la maggior parte dei fondi del Recovery e i debiti fatti in questo anno che hanno portato il debito al 160% del pil. Senza contare, ricorda Benedetto Della Vedova (+Europa), i costi per le nuove generazioni di Quota100.


Ma aldilà delle polemiche la questione è destinata presto a riproporsi visto che quest'anno sono andati via 10 miliardi per la sanità e tutta, o quasi, in spesa corrente. I 9 miliardi stanziati nel Recovery non basteranno quindi ad adeguare le strutture ospedaliere del Paese. Il ministro Speranza nei giorni ha stimato il fabbisogno in 26 miliardi auspicando si possa attingere almeno in parte del Mes. Ma aldilà dei numeri lo scontro con Italia Viva si è subito riacceso con la ministra Teresa Bellanova e il presidente della Commissione Finanze della Camera Luigi Marattin che parlano di resa alla propaganda e di approcci idelogici che bloccano uno strumento che «ha meno condizionalità del Recovery».
Ad alimentare la tensione ci si mettono anche i 5S della Commissione Trasporti della Camera che votano contro il governo e il contratto di programma sulla Tav. E così i lavori della Torino-Lione si sbloccano, dopo due anni, solo grazie ai voti dell'opposizione. «Il collasso dalla maggioranza alla Camera», come lo definisce l'azzurro Osvaldo Napoli, dà l'occasione a Matteo Renzi per affondare il coltello nelle contraddizioni del M5S che «devono mettersi d'accordo con se stessi, non con me».

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E che non sia solo Iv ad avere problemi con palazzo Chigi lo conferma in serata Andrea Orlando, vicesegretario del Pd, che prima esclude che possano essere i dem «a far saltare tutto», ma poi aggiunge che Conte sarà forte se saprà dare un metodo più strutturato al suo lavoro, perché ora c'è bisogno di un salto di qualità». «Adesso - aggiunge - si tratta di costruire un'orchestra».

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