Comunali 2021, il voto nelle città: Roma, Milano, Napoli, Torino, Bologna e Latina. le schede

Comunali 2021, il voto nelle città: Roma, Milano, Napoli, Torino, Bologna e Latina. le schede
di Mario Ajello
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Mercoledì 29 Settembre 2021, 21:44 - Ultimo aggiornamento: 1 Ottobre, 09:52

Una scuola di pensiero sostiene che il voto di domenica e lunedì avrà poche conseguenze politiche e non inciderà per niente sul governo. Ma non è così. Sarà anzitutto un derby dentro il centrodestra tra Salvini e Meloni a chi è più forte e chi dei due supererà l’alleato-rivale comincerà a pretendere la candidatura a premier per le politiche 2023. Quanto al governo Draghi, i partiti che vincono o che perdono saranno o più baldanzosi più rabbiosi e la stabilità non ci guadagnerà. Anche se Draghi giustamente pensa a governare e andrà avanti comunque, ma in un rumore assordante. Quanto alla sinistra, viene ora sperimentato (Napoli, Bologna) l’accordo rossogiallo. Ma in città come Roma o Torino potrebbe, al secondo turno, verificarsi invece del bacio grillo-dem la guerra aperta. In più il flop annunciato M5S sarà addebitato a Conte dai suoi (Grillo per ora tace ma non ama l’avvocato), per non dire della Lega. Se va male, non solo Giorgetti ma un bel pezzo del Carroccio dirà che il perdente è Salvini e non lo lasceranno in pace.

ROMA

Partita a quattro per guidare il rilancio della Capitale

La battaglia Capitale è la più importante di tutte perché Roma nell’intera ricostruzione italiana post-Covid avrà un delicatissimo ruolo di guida e dovrà mostrarsi all’altezza della grande concorrenza tra le metropoli globali da qui ai prossimi decenni. Perciò, oltre ai finanziamenti del Pnrr, saranno fondamentali eventi come l’Expo del 2030 a cui il governo ha candidato la Capitale e la cui preparazione andrà fatta cominciare da subito, con mega progetti di riqualificazione e di rifacimento della città, in sinergia tra governo centrale e Campidoglio (mai più rinunce come quella delle Olimpiadi 2024 e anche la Raggi sui grandi eventi si è ottimamente ravveduta e dice: «Daje!»). Nel voto di domenica e lunedì prossimi c’è tutto questo e non è affatto poco: a chi affidare il rinnovato ruolo della Capitale a livello mondiale. Non c’è soltanto in ballo la futura governabilità amministrativa (che dovrà ovvia e vale come prerequisito naturale) ma anche la proiezione economica e in generale la visione dell’Urbe. In pole position per arrivare al primo turno sembrano piazzati Michetti e Gualtieri. Ma la gara è aperta. Resta una quota alta di indecisi e sia Raggi sia Calenda possono ancora insidiare l’altra coppia, andando l’una a caccia dei voti di sinistra (da qui la contrapposizione tra la sindaca uscente e l’ex ministro dell’Economia anche nel dibattito al Messaggero) e l’altro di nuovi consensi nel bacino del centrodestra al punto da volere nella sua squadra, se vincerà, Guido Bertolaso.

I set dei comizi finali spiegano molto della partita in corso. Con Calenda a Piazza del Popolo (che spesso ha ospitato la destra), Gualtieri a San Basilio (rafforzarsi nelle periferie, idem Michetti a Spinaceto con Salvini, Meloni, Tajani domattina) e la Raggi alla Bocca della Verità vicina al Campidoglio che vuole ereditare da se stessa.

MILANO

Sala verso la riconferma, la vera sfida è Lega-FdI

Uscente ma rientrante: il sindaco Sala spera di farcela al primo turno a venire confermato a Palazzo Marino. Si sente fortissimo al punto di togliersi lo sfizio di non volere M5S - che lo ha supplicato - nell’alleanza molto larga che aspira alla vittoria. I guai del centrodestra stanno aiutando Sala enormemente. E per guai non vanno considerate le polemiche sul candidato sindaco «pistolero» (Bernardo il quale ha raccontato che da medico in ospedale aveva la pistola per autodifesa sotto il camice bianco). La questione è molto più profonda: i veti incrociati tra Salvini e Meloni hanno prodotto un candidato civico che non è di nessuno e che nessuno dei due ha supportato davvero. Tanto che Bernardo diverse volte è stato («O mi date i soldi per la campagna elettorale o mollo») sul punto di salutarli e di tornare al suo lavoro in ospedale. Il vero colpaccio che sta a cuore alla Meloni, dopo che ha riempito Piazza del Duomo togliendola alla Lega) e di superare nei voti di lista il Carroccio nella città simbolo salvinista: Milano. E Matteo, per la prima vota da quando era ragazzo, ha deciso di non candidarsi per il consiglio comunale. Una sconfitta sostanziosa a Milano per Salvini rappresenterebbe un guaio aggiuntivo nel suo rapporto con Giorgetti e con il Nord: gli verrebbe rimproverato che la Lega nazionale non tocca più palla nelle terre dove il leghismo è nato e sempre stato.

BOLOGNA

Sinistra rossogialla per la continuità

Si era partiti con la speranza del miracolo: «Un’altra vittoria alla Guazzaloca? Perché no!». Il candidato del centrodestra trazione civica, Fabio Battistini, pareva il personaggio giusto: moderato e a vocazione trasversale. Ma poi la sinistra è sempre la sinistra a Bologna e adesso nessuno o quasi nutre dubbi: «Ma quale discontinuità, continueranno a governare sempre i soliti». Ossia il Pd. Il candidato dem, Lepore, spera di farcela già al primo turno. Quel che resta dei 5 stelle, qui guidati da Max Bugani, ex capo staff della Raggi a Roma e figura simbolica del grillismo originario nella capitale emiliana, è in alleanza rossogialla, a rimorchio del partitone. Il centrodestra anche qui è a dir poco diviso, più concentrato a impedire che prevalga Salvini sulla Meloni o viceversa nei voti di lista, piuttosto che impegnato ventre a terra per Battistini. Il quale è stato abbandonato dai partiti per i quali non era lui la prima scelta ma ognuno voleva il proprio candidato inviso all’alleato-rivale e la somma dei veti tra Lega e FdI ha contribuito a preparare la vittoria di Lepore. 

NAPOLI

Favorito l’ex ministro, l’incognita Bassolino

Non torna don Antonio, ma se invece dovesse tornare? A Napoli la sorpresona che qualcuno si aspetta è questa: l’anziano Bassolino al ballottaggio al posto del civico di centrodestra Maresca pieno di guai. E’ stato infatti abbandonato dai leader nazionali e in più non ha la lista della Lega e le altre eliminate dalla gara per irregolarità, con tanto di sentenza del Tar. La sorpresona di don Antonio e del derby a sinistra con il dem Manfredi sul Golfo viene considerata sexy, ma lo scenario più probabile è quello del bipolarismo classico. Con vittoria finale - ma anche a Napoli o soprattutto a Napoli i sondaggi vanno presi molto con le molle - dell’ex ministro dell’Università. Anche perché M5S, che aveva più del 40 per cento dei voti alle Politiche del 2018 in città, sostiene Manfredi. Conte, che non avrà grandi soddisfazioni in queste Amministrative, si attaccherà alla probabile vittoria locale rossogialla, per fare di Napoli il laboratorio nazionale della futura alleanza per il 2023. E a lui piacerebbe guidarla ma non basta Partenope per pensare così in grande. Se Bassolino è un’incognita, il maxi buco nel bilancio comunale è la cruda realtà. Lo ha lasciato De Magistris-Don Chisciotte, che è scappato in Calabria nella folle speranza di diventarne governatore.

TORINO

Il candidato di Giorgetti sogna il grande exploit

Da quando esiste la Seconda Repubblica, Torino non ha mai avuto un sindaco di centrodestra. Sarà questa la volta buona? Per ora è il testa a testa tra Damilano, imprenditore che piace, civico e moderato, a vocazione trasversale, e il secchione Lo Russo che da capogruppo Pd in consiglio comunale ha rappresentato l’ala dem più nemica dei grillini. Perciò M5S ha presentato una candidatura propria, quella di Valentina Sganga. Con l’obiettivo poi di far convergere in voti stellati su Lo Russo al secondo turno? «Assolutamente, no», grida la Appendino che intanto fa la mamma. E così anche Conte fa il prezioso, probabilmente per finta: «I consensi sono liberi, non pilotati». Dunque la sinistra ha paura a Torino e fa bene ad avercela. Anche perché Damilano è il tipo esponente di un centrodestra giorgettiano, moderato e pragmatico. E rientra anche, sempre da civico, in quell’approccio che la Meloni ha deciso di usare verso il Nord produttivo: interlocuzione continua con le aziende, profilo sviluppista e zero ideologia. L’eventuale vittoria del centrodestra a Torino farebbe esultare grandemente Meloni e Salvini, perché nelle altre città secondo i sondaggi dovrebbe spuntarla la sinistra. Peccato soltanto che Damilano non è proprio di destra.

LATINA

Bis del civico Coletta o ritorno a destra

Zaccheo l’anziano cavallo di ritorno o Coletta il civico di centrosinistra che cerca il bis? L’altra volta, nel 2016, il medico Coletta, ex calciatore del Latina, vinse con il 75 per cento contro una destra divisa e spazzata via dagli scandali, in una terra piena di mafie e di rapporti imbarazzanti tra politica e malaffare. Adesso però si scontrano due debolezze. Quella del 74enne Zaccheo, tre volte parlamentare di An, sindaco di Latina tra il 2002 e il 2008 quando venne sfiduciato dalla sua maggioranza, e questa debolezza nasce dal fatto che FdI voleva un candidato, la Lega un altro e il frutto dei veti è stato il veterano ex Msi. «Non avendo allevato un Ronaldo devono ricorrere ad Altafini», dice sferzante Zaccheo. Che è sospettato dai partiti di riferimento: «Vincerà ma poi non ci risponderà più al telefono». Però a voler vincere è anche Coletta, nella città dell’ex sottosegretario Durigon. Ha il problema di non aver riposto in pieno alle aspettative e in più i 5 stelle hanno un candidato proprio - Bono - che gli può rubare qualcosa.

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