Amadeus e Sanremo, cosa succede ora? Ribaltone alla Rai: ora il conduttore può perdere il Festival

Il Cav: troppa sinistra nella tv pubblica Salvini chiede una svolta, Conte si accoda. L’ad di viale Mazzini: ascolti eccellenti, il Festival non è solo intrattenimento

Amadeus e Sanremo, cosa succede ora? Ribaltone alla Rai: ora il conduttore può perdere il Festival
Amadeus e Sanremo, cosa succede ora? Ribaltone alla Rai: ora il conduttore può perdere il Festival
di Mario Ajello
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Lunedì 13 Febbraio 2023, 00:38 - Ultimo aggiornamento: 14 Febbraio, 07:49

Loro sono tutti contentissimi del «successone» di Sanremo. Ma loro, cioè Amadeus, il direttore di Rai1 (Stefano Coletta) e anzitutto l’amministratore delegato, Carlo Fuortes, sono anche nel mirino di Fratelli d’Italia e della Lega che li accusa: fanno i martiri politici per essere cacciati e farsi belli con il loro sacrificio agli occhi della sinistra e del mainstream politicamente corretto. E dunque? Sull’onda delle polemiche di Sanremo il Raibaltone è già partito e lascerà sul campo (metaforicamente) morti e feriti. Amadeus si protegge così: «Se mi mandano via, è per le mie idee. Se il mio mandato dovesse finire qui, me ne vado e conservo quattro anni bellissimi per tutta la mia vita». Poi, ha aggiunto in conferenza stampa: «È chiaro che qualsiasi allenatore è forte finché la squadra vince, se la squadra perde anche i più grandi sono a rischio esonero. Se avessi fatto il 15-20 per cento in meno, sarei un allenatore esonerabile».

E invece dice Amadeus, e con lui Fuortes e tutta la dirigenza Rai: «Questo Sanremo è stato più forte che mai». Successo indubitabile ma c’è anche che è mancata una regia rigorosa sullo svolgimento dell’evento e che Fedez, tra baci in bocca omosex e accuse di filo-nazismo a figure di governo, ha potuto esagerare a suo piacimento ed è stato anche insignito di tutti gli onori guadagnandosi addirittura - come fosse un alto papavero di Viale Mazzini - la prima fila dell’Ariston dove è stato omaggiatissimo da tutti.

 

Anche se Berlusconi frena («La Rai fa solo cose di sinistra e invece deve fare il suo mestiere di pluralismo, ma al momento i vertici non vanno cambiati»), in FdI si parla della tripletta: via l’ad, via il direttore di Rai1 e del Prime Time, via il direttore artistico del festival e insomma dopo Sanremo il repulisti.

Amadeus con gli amici si sfoga così: «Io sono io, con le mie posizioni e con i miei gusti. Mi piacerebbe fare ancora Sanremo per la quinta volta il prossimo anno, ma non sono uno attaccato alle poltrone». L’avviso di sfratto Amadeus sa di averlo ampiamente ricevuto ma quello di Salvini riguarda un po’ tutti: «Sicuramente una riflessione sulla gestione Rai nel suo complesso andrà fatta. Non ho visto la finale di Sanremo, ero con mia figlia e ho fatto due passi per Firenze. È molto più bello il centro di Firenze che altro...». Stroncatura nettissima. Ripresa e rilanciata - riecco la coppia gialloverde dei bei tempi - da Giuseppe Conte: «La Rai ha bisogno di una riforma profonda». Traduzione: anche per Conte c’è troppo Pd o troppa cultura dem in Rai e lui vuole avere più voce. 

ATTACCHI, DIFESE

Fuortes difende il suo successo: «Gli ascolti eccellenti e l’attenzione riservata dai giovani premiano il lavoro della Rai e di quanti hanno reso possibile un’edizione destinata a rimanere nella storia della nostra tivvù e del nostro Paese». E ancora: «Sanremo non è solo intrattenimento, non sono solo canzoni e divertimento: è un’industria che dimostra che cosa la Rai è in grado di realizzare attraverso la televisione, la radio, RaiPlay e i social media perfettamente equilibrati nell’offrire al pubblico contenuti sempre diversi e approfonditi. È un’impresa che nessun’altra azienda di comunicazione al mondo compie con la stessa forza e con lo stesso impegno». Sulla stessa linea, Coletta, che aggiunge: «Sono amareggiato dagli attacchi personali ricevuti. Trovo incivile che i dirigenti del servizio pubblico siano attaccati sul fronte privato. Io sono una persona perbene, sono un calvinista anche nella vita privata». Quanto alle «esternazione politiche, fanno parte di una lettura di un evento così importante, ma il nostro lavoro è legato al prodotto tv». Invece, no: la Rai è politica e la nuova politica non vuole più questa Rai.

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