Maneskin, Amadeus: «Con loro abbiamo fatto la rivoluzione. Ma al prossimo Sanremo non ci sarò»

Maneskin, Amadeus: «Con loro abbiamo fatto la rivoluzione. Ma al prossimo Sanremo non ci sarò»
di Mattia Marzi
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Lunedì 24 Maggio 2021, 07:16

Solo due mesi e mezzo fa li incoronava vincitori del Festival di Sanremo 2021. Oggi la vittoria dei Maneskin all'Eurovision Song Contest la sente anche sua, Amadeus. Il 58enne conduttore ha esultato insieme a Damiano e compagni al momento della proclamazione, sabato notte, ripreso dalla moglie Giovanna Civitillo, che ha poi condiviso la gioia del marito su Instagram. «Pensateci: se quest'anno non ci fosse stato Sanremo, ora non staremmo qui a festeggiare la vittoria dei Maneskin in Europa: sarebbe stato un danno per la musica italiana», dice, con l'aria di chi sa di essersi preso una rivincita.


Aveva detto di no ad un Ama Ter a Sanremo: non è che il successo dei Maneskin, voluti fortemente in gara al Festival, le ha fatto cambiare idea?
«Sono felicissimo per la band, ma non se ne parla.

Ora mi godo una vacanza, al termine di una stagione importante, tra Sanremo e I soliti ignoti. Il Festival mi auguro di poterlo condurre ancora, se la Rai lo vorrà. Ma non nel 2022: Sanremo ha bisogno di energie particolari...».

 


E lei ora non ne ha?
«Faccio le cose con il cuore, non con la testa. Da gennaio a dicembre lavoro su tanti progetti, non c'è solo Sanremo nella mia vita: la mole di lavoro comincia a essere importante».


A due mesi e mezzo dalla fine del Festival le canzoni hanno superato il milione di copie vendute complessivamente: un trionfo. Neppure questo dato le fa venire voglia di rimettersi al lavoro per il 2022?
«No, davvero. Però l'orgoglio è tanto. Volevo fare in modo che il Festival rispecchiasse la realtà, il mercato, che le canzoni avessero un successo anche fuori dall'Ariston: mi sembra di aver centrato l'obiettivo».


Le critiche l'hanno fatta soffrire?
«Molto. Sembrava che l'idea di fare Sanremo nonostante il periodo fosse un mio capriccio personale».


E invece?
«Ho sempre detto che il Festival andava fatto per il pubblico a casa, che aveva bisogno di evasione, di intrattenimento. E anche per la discografia, in grande difficoltà con i concerti fermi da un anno».


Si è mai sentito solo in quei mesi?
«Dalla mia avevo il mio gruppo di lavoro e la discografia, che ha apprezzato il fatto che io volessi portare comunque avanti un'idea che molti consideravano folle. Ricordo ancora le critiche legate ai nomi del cast: Ma chi sono questi sconosciuti?».


Chi era a dirglielo?
«Non faccio nomi: chi l'ha fatto, lo sa. Io ho voluto puntare su un cast del genere non per affermazione personale, ma perché credevo nelle proposte. Ho controbilanciato dando spazio anche a cose più pop, dalla Michielin e Fedez a Ermal Meta, passando per Orietta Berti».


Ricorda il momento in cui ha ascoltato per la prima volta la canzone dei Maneskin?
«Eccome. Li avevo cercati già nel 2019, ma non avevano un progetto discografico. Quando l'anno scorso ho saputo che avevano un pezzo ho chiesto di poterlo ascoltare e sono rimasto sconvolto dalla potenza di Zitti e buoni: Se dovessero vincere, faremmo la rivoluzione al Festival, pensai».


Se la Rai le proponesse di condurre l'Eurovision, il prossimo anno?
«Prenderei in considerazione l'offerta. È pur sempre la Champions League della musica».


Il suo contratto scade ad agosto: lo rinnoverà?
«Sì: non mi vedo lontano dalla Rai, sto benissimo qui. Quest'azienda ha realizzato i miei sogni più grandi».

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