Galli e il Long Covid: «Da 4 mesi mi sento molle come un fico ogni pomeriggio»

L'infettivologo: «Mi comporto come se non la sentissi, questa stanchezza, ma c’è»

Galli e il Long Covid: «Da 4 mesi mi sento molle come un fico ogni pomeriggio»
Galli e il Long Covid: «Da 4 mesi mi sento molle come un fico ogni pomeriggio»
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Mercoledì 20 Aprile 2022, 17:49 - Ultimo aggiornamento: 22 Aprile, 11:23

Da quando ha contratto il Covid lo scorso Capodanno, l'infettivologo Massimo Galli deve fare i conti con gli effetti del Long Covid. Lo ha raccontato lui stesso in un'intervista a Oggi: «L'infezione non è stata una passeggiata ma non fossi stato trivaccinato sarei stato molto peggio. Ora mi piaccia o no, devo ammettere che sono quattro mesi che non sto bene. Mi ritrovo molle come un fico alle 4 del pomeriggio. Mi comporto come se non la sentissi, questa stanchezza, ma c’è».

In Cina un errore il lockdown

«In Cina hanno vaccinato molto, ma hanno vaccinato male perché il vaccino cinese è meno efficace di quello che abbiamo noi», ma con il lockdown a Shanghai «si sta sbagliando, perché si comportano con Omicron e figli così come si sono comportati con la variante di Wuhan, ma queste varianti hanno maggiore capacità di diffusione», ha detto Galli ospite a The Breakfast Club su Radio Capital, facendo il punto sulla situazione di Shanghai dove si è fatto ricorso a un lockdown totale per arginare la nuova ondata di contagi.

Sugli interventi televisivi durante i mesi della pandemia, invece, Galli ha spiegato: «il mio unico obiettivo è sempre stato dire ciò che era corretto dal punto di vista scientifico senza nessuna forma di asservimento. Non ho mai ricevuto un centesimo, non ho mai firmato un contratto. Non ero lì a tirar fuori vantaggi, anzi, forse sono stati più gli svantaggi. Molte persone hanno detto la propria sul Covid - ha concluso - ma avendo un'esperienza specifica in altri campi, magari anche con un ottimo curriculum scientifico».

Mantenere mascherina al chiuso protegge i fragili 

«Togliere le mascherine al chiuso è una discreta corbelleria - continua Galli - perché è uno strumento di protezione individuale e, in determinati contesti, toglierle vuol dire non considerare i fragili». E chi la vede come «uno strumento di coercizione e limitazione della libertà ha una visione becera del problema».

«È come dire che il casco da motociclista non lo porti perché limita la libertà. Magari è una seccatura, ma protegge, anche se non dal 100% degli incidenti». Dobbiamo, quindi, prosegue Galli, «rispettare le persone definite fragili e poi dobbiamo adottare tutte le misure possibili per mantenere le attività aperte e limitare la diffusione di un virus che così bonaccione non è». Perché «se una persona non ha un quadro brillante dal punto di vista immunitario, può farsi tutti i vaccini che vuole ma comunque avrà una protezione parziale o assente. Se vuole andare su un mezzo pubblico, metterà la mascherina, ma se gli altri non l'avranno questa persona rischia. Al cinema o al teatro il discorso è lo stesso».

 

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