Eutanasia, Nathalie vittima di uno stupro ottiene il via libera in Belgio: «Dolore insostenibile, sono morta dal 2016»

Il figlio: "Se fossi mia madre, non vorrei vivere nemmeno io"

Eutanasia, Nathalie vittima di uno stupro ottiene il via libera in Belgio, troppo il suo dolore psicologico: «Sono già morta nel 2016»
Eutanasia, Nathalie vittima di uno stupro ottiene il via libera in Belgio, troppo il suo dolore psicologico: «Sono già morta nel 2016»
di Franca Giansoldati
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Giovedì 2 Marzo 2023, 11:48 - Ultimo aggiornamento: 22:45

Le sofferenze psicologiche indicibili causate da uno stupro brutale che nessuna terapia medica è stata in grado di alleviare, sono state sufficienti per motivare le autorità del Belgio a dare il via libera alla richiesta di eutanasia di una donna di 50 anni. La decisione naturalmente sta facendo discutere e ha riaperto il dibattito sul fine vita e sui criteri per permetterlo. In questo caso è l'estrema pena e il continuo patimento che la vittima ha continuato a provare negli anni, trascinandosi dietro un vissuto talmente devastante da non consentirle di uscire dallo stato di prostrazione profonda nonostante le terapie, le cure della famiglia, la presenza dei figli.

Lo stupro avvenuto nel 2016 ha costituito per Nathalie Huigens, mamma di due ragazzi, uno spartiacque.

Come se le avesse anticipato un po' la morte. Per concederle il diritto a porre fine alla sua vita, mediante un percorso consentito dai legislatori dal 2002, sono stati consultati un medico e due psichiatri i quali hanno affrontato la paziente in diverse sedute, monitorando ogni passaggio e arrivando alla unanime decisione di darle il via libera a morire. Gli operatori sanitari hanno ritenuto che le sue condizioni rientravano effettivamente tra i criteri consentiti per l'accesso all'eutanasia, una pratica altamente regolamentata in Belgio.

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«Ero convinta che con la mia situazione avrei superato tutto questo iter» ha raccontato Nathalie Huygens al media belga 7sur7. «Ho lottato per uscire da quello che avevo subito ma alla fine mi sono resa conto che una parte di me era morta» ha detto. I medici nella relazione finale hanno evidenziato il calvario silenzioso e progressivo della donna. Intere settimane con attacchi di panico violentissimi, crisi di ansia improvvise che non le permettevano più di avere la vita quotidiana di prima, non riuscendo più nemmeno a mangiare con la sua famiglia o a dormire con suo marito. Nathalie disperata ha persino tentato il suicidio.

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«Quattro mesi dopo l'evento, sono stata ricoverata in un reparto psichiatrico. L'inizio di una lunga serie di ricoveri nel corso degli anni, forzati o meno dal consiglio del mio psichiatra» ha raccontato. Lo stupro Nathalie lo chiama sempre “l'evento”, cercando di assegnare a quel momento un termine il più possibile neutro, incolore e quasi burocratico anche se il solo pensiero le riaccende il terrore, la paura di vivere, il tormento. «In questi oltre sei anni, a parte quando dormo, non c'è mezz'ora in cui non pensi a quello che mi è successo. Sto già convivendo con i postumi fisici. Non posso più mangiare cibi duri, l'occhio sinistro mi fa sempre male». 

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L'idea dell'eutanasia è il frutto di una riflessione progressiva, dapprima elaborata in solitudine e poi condivisa con i famigliari. Di fronte a tutti questi effetti collaterali e alla incapacità di condurre una vita "normale" ha deciso di inoltrare la domanda. In Belgio i criteri in vigore mettono in chiaro che la condizione essenziale per procedere ad una valutazione implica che il paziente, al momento della richiesta, sia in grado di esprimere la propria volontà con cognizione di causa. In questo caso Nathalie è riuscita a dimostrare di non riuscire più a sopportare il peso di una sofferenza fisica e psicologica costante. Ogni istante è per lei insopportabile e insostenibile, risultato di una condizione patologica, grave e incurabile. 

Naturalmente anche per i familiari è stato un percorso drammatico e non facile. Il figlio in una lettera aperta, pubblicata nel marzo 2022, ha scritto: «Per anni ci siamo trovati in una situazione in cui mia madre era ancora fisicamente viva, era tra noi, ma mentalmente o emotivamente non c'è più. Se fossi mia madre, non vorrei vivere nemmeno io». Ora Nathalie Huygens aspetta solo di essere sottoposta alla eutanasia il prima possibile. Il fattore tempo nel profondo del suo cuore è ormai qualcosa di accessorio. Ha terminato di scorrere normalmente nel 2016. 

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