Xylella, Ilva e Tap: le dure repliche di quando si governa

Xylella, Ilva e Tap: le dure repliche di quando si governa
di Claudio SCAMARDELLA
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Mercoledì 17 Ottobre 2018, 11:47 - Ultimo aggiornamento: 12 Novembre, 20:18
Chi conosce le vicende di questa terra aveva per tempo previsto che la Puglia sarebbe ben presto diventata la cartina di tornasole, il fronte più avanzato e di maggiore esplosione delle evidenti contraddizioni tra le promesse elettorali e le concrete risposte di governo della nuova maggioranza, in particolare sul versante pentastellato. Perché qui più che altrove, e prima che altrove, si era venuta formando una “bolla” evidente su temi e questioni molto complesse, di forte interesse popolare, e di facile manipolazione nella formazione del sentimento pubblico, sia con le false notizie sia con le false verità. Qui, più che altrove e prima che altrove, la sapiente e organizzata gestione della rete, il conformismo digitale, la sindrome del complottismo e la radicalizzazione delle posizioni con l’aberrante divisione tra “buoni” e “cattivi” (e noi di Quotidiano ne sappiamo qualcosa), avevano generato facili illusioni e messianiche attese. Sulla xylella. Sull’Ilva. Sul gasdotto Tap.

Ma il tempo è galantuomo. Perché riconsegna alla storia i problemi veri e le soluzioni farlocche, mostra l'effimero successo dei profeti del falso, svela il fiato corto delle promesse dagli effetti stupefacenti. Perché mette a nudo gli inganni di chi aizza le piazze, soffia sul fuoco, strumentalizza le proteste popolari a propri fini, per accrescere la propria visibilità, per costruire su di esse fortune elettorali e carriere politiche. Perché dimostra che saper fare gli agit-prop dietro la tastiera è un conto, ma che governare è un affare maledettamente più serio in società sempre più complesse. E che con l'incompetenza e l'improvvisazione al potere i danni e i guasti si moltiplicano, anziché essere ridotti.
Il tempo, purtroppo, è già stato galantuomo sulla xylella, con gran parte del fronte negazionista - diretto anche da esponenti del M5s - costretto a rinnegare le proprie posizioni di fronte all'evidenza, cioè alla devastazione di ulivi in corso nelle campagne pugliesi. L'aver negato l'esistenza del batterio parlando di bufale e oscuri disegni, l'aver contrastato ogni piano di contenimento, l'aver messo sul banco degli imputati scienziati, esperti e media ha portato alla situazione in cui siamo. Solo l'evidenza del contagio sta facendo finalmente aprire gli occhi a quanti all'inizio erano stati in qualche modo sedotti dal complotto anti-Salento. Eppure, ancora oggi, una parte dei negazionisti, in Parlamento tra i banchi del M5s, chiede commissioni d'inchiesta non per accertare come si è arrivati al disastro e i ritardi nell'affrontarlo, ma per individuare quanti hanno denunciato in tempo - cioè la stampa - il grande flagello.
Il tempo è stato galantuomo sull'Ilva, facendo emergere in modo chiaro chi ha raccontato bugie e costruito successi elettorali in terra jonica vagheggiando per anni l'imminente chiusura del siderurgico, per rinnegare poi le proprie posizioni una volta assunte responsabilità di governo. Non prima di una pantomima propagandistica sulla vendita ad Arcelor Mittal, costata alle tasche degli italiani un milione al giorno per più di due mesi, una cifra vicina al tanto decantato risparmio con il taglio dei vitalizi.
Il tempo si sta dimostrando in queste ore galantuomo anche sul gasdotto Tap. Quando l'8 giugno scorso il nostro Francesco Gioffredi, da ottimo cronista, dopo aver spulciato tra le carte, scrisse su Quotidiano che la contesa sul gasdotto sarebbe, sì, finita al cosiddetto comitato di conciliazione tra Lega e M5s, ma che trattati, decreti e contratti avrebbero reso praticamente impossibile lo stop a Tap, si scatenò in rete la solita e indegna gazzarra orchestrata dalla collaudata macchina del fango. Contro il nostro cronista e il nostro giornale, colpevoli solo di aver fatto bene il proprio mestiere. Quel giorno l'appena nominato ministro per il Mezzogiorno, la sempre loquace Barbara Lezzi, tacque, essendosi immedesimata per qualche ora - e solo per qualche ora - nel ruolo istituzionale. Ma a parlare, anzi a bastonare ci pensarono gli squadristi da tastiera, ben allevati dal M5s salentino negli anni passati, già largamente sperimentati su xylella e Ilva. Insulti, calunnie, accuse di complotto, trame oscure ordite dai poteri forti con la complicità dei traditori del territorio. Stesso copione un mese e mezzo dopo, il 28 luglio, quando, con documenti alla mano, scrivemmo che l'addio a Tap sarebbe costato intorno ai 40 miliardi e che lo stop sarebbe stato in salita.
In queste ore, dopo un'estate di stop and go, tra le prime ammissioni di difficoltà nel mantenere le promesse fatte in campagna elettorale e le repentine smentite in seguito a contestazioni dei comitati No Tap, potrebbe arrivare una clamorosa retromarcia con il via libera del governo al gasdotto. Oggi è atteso il verdetto del ministero dell'Ambiente sul dossier aggiuntivo presentato da sindaco di Melendugno e rappresentanti istituzionali del M5s, nel vertice di lunedì sera a Palazzo Chigi, sulle cartografie e sulla presenza di posidonia a San Foca. Ma già a conclusione di quel vertice, il ministro Lezzi, che con il novello guevarista de' noantri Di Battista ha infiammato le piazze salentine nell'ultima campagna elettorale sostenendo che con il M5s al governo il gasdotto sarebbe stato bloccato in 15 giorni, ha candidamente ammesso: troppo costoso fermare l'opera, difficile riuscirci. Cosa dire? Cambiare opinione è legittimo, soprattutto se si prende atto che in passato sono state assunte posizioni sbagliate, demagogiche e strumentali. Giungere a dire il contrario di ciò che si è sostenuto fino a qualche mese fa è sempre possibile, anche dopo aver fatto il pieno di voti e dopo aver scatenato campagne di odio e di veleni contro esponenti dei precedenti governi, a cominciare dalla viceministra salentina Teresa Bellanova. Ma si dica, però, la verità fino in fondo. Magari con la stessa verve dimostrata in recenti video-spot in rete contro i giornali, il nostro in particolare. Si abbia almeno il coraggio di dire la verità senza appigliarsi ad alibi risibili, come quello di essersi trovati di fronte a un treno in corsa, ormai impossibile da fermare. E senza trovare stucchevoli giustificazioni, sterili vittimismi o improbabili complotti dei soliti poteri forti.
Si dica che garantiva facile visibilità e consensi, tanti consensi, la coltivazione del conflitto anche quando si era consapevoli che sarebbe stato fine a se stesso, magari giocando di sponda anche con chi governava la Regione e le amministrazioni locali. Si dica che è stata un'operazione ingannevole l'aver alimentato il conflitto anche a conclusione di tutte le procedure democratiche previste dalle leggi della Repubblica; anche all'indomani di sentenze di tribunali di primo e secondo grado; anche dopo i pronunciamenti della Corte costituzionale; anche dopo le archiviazioni di inchieste della Procura. Si dica che il diritto al dissenso non può essere scambiato per il dovere a non realizzare le cose. E si dica che faceva comodo inseguire, attraverso la rete, la logica binaria amico-nemico, con l'inseminazione quotidiana dei sentimenti di odio verso chi non assecondava le proprie posizioni. Su Tap, ma anche su xylella e su Ilva. Ricordate? O sei con noi nel negare l'esistenza della xylella o sei al servizio degli speculatori e della Monsanto; o ti schieri contro Tap o sei al soldo di Tap; o sei contro il gas o sei un traditore del territorio; o sei per la salute degli operai dell'Ilva o sei complice del più ignobile ricatto per il lavoro; o rifiuti di trattare con Tap e sei un sindaco eroe o ti siedi al tavolo della trattativa e sei un sindaco venduto.
Non si può cancellare tutto ciò che è stato in questi anni con un colpetto di spugna perché il treno era già in corsa. Su Tap come su Ilva. Perché delle due l'una: o sono state prese in giro le comunità locali per conquistare consensi prima, o lo si sta facendo adesso per conservare la poltrona. Nell'uno o nell'altro caso, c'è un modo semplice ma sempre efficace per uscirsene: chiedere scusa. Chiedere scusa a quanti ci hanno creduto. E a quanti, in questi anni e in questo territorio, sono stati additati come cattivi e nemici solo per non essersi piegati al pensiero unico, imposto con insulti e aggressioni verbali, attraverso la rete. Chiedere scusa per salvare almeno la faccia.
 
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