Vento del Nord e divisioni territoriali: il conto salato del Rosatellum

Vento del Nord e divisioni territoriali: il conto salato del Rosatellum
di Mauro CALISE
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Venerdì 27 Ottobre 2017, 12:50 - Ultimo aggiornamento: 12:51
Ogni legislatura, si sa, ha la sua croce. Quella che si sta chiudendo è stata tartassata dal referendum costituzionale, e dalla spaccatura del paese in renziani e antirenziani. Con la prossima, torneremo a divisioni - come dire - più sostanziose, e storicamente - purtroppo - già sperimentate. Il Nord contro il Sud, e viceversa. L’effetto più vistoso - e clamoroso - della nuova legge elettorale sarà, infatti, di riproporre una drastica spaccatura nei rapporti di forza tra centrodestra e centrosinistra. Con il Nord che tornerà a pendere pesantemente verso la Lega e Forza Italia.
Le cronache di questi giorni si concentrano sulle proteste più vistose, quelle dei Cinquestelle e Mdp. Che si agitano, giustamente, contro una legge che li penalizza. Ma da domani l’attenzione si sposterà sui vincitori, coloro che trarranno vantaggio dal ritorno - anche se parziale - dei collegi uninominali. E la velina che circolava l’altroieri a Montecitorio con la simulazione dei risultati, emetteva un verdetto catastrofico per le truppe renziane al Nord: nemmeno un seggio nelle principali regioni.
In Piemonte, Lombardia, Liguria e Veneto tutte le sfide dovrebbero finire a vantaggio degli avversari. Certo, ci sarebbero comunque i seggi del proporzionale a compensare il kappaò. Ma, sommando i due comparti elettorali, la fotografia che viene fuori è quella di un paese tranciato, con il settentrione nettamente salvinian-berlusconiano. Se a questo quadro si aggiungono i risultati del recentissimo referendum nel Lombardo-Veneto, si fa presto a capire quale vento soffierà dalla primavera prossima sulla politica del paese. Sarà, di nuovo, vento del Nord.
Di fronte a questa prospettiva, la domanda più immediata è come mai il Pd abbia accettato di promuovere - anche a costo di tensioni molto aspre nella dinamica parlamentare - una legge che forse gli assegna qualche deputato in più rispetto a quelli che avrebbe avuto con il sistema - sgangherato - ereditato dalla Consulta. Ma che - a detta di tutti - favorisce spropositatamente il centrodestra, e accentuerà ulteriormente le tensioni territoriali già risvegliatesi con i referendum regionali. La risposta ufficiale è che l’avrebbe fatto per amor di patria. Cioè, per consentire che ci fossero, a Camera e Senato, due sistemi analoghi, cancellando lo sgorbio che avevamo prima. Ovviamente, non ci crede nessuno.
Più probabile - almeno in parte - è la diagnosi di Gaetano Quagliariello, che sostiene che il regalo alla destra derivi dalla «presunzione fatale» di cui parlava l’economista von Hayek, e in cui sarebbe incappato Renzi, uno che - notoriamente - di presunzione fatale è un grande esperto. Insomma, anche questa volta, la debacle Pd nascerebbe da una erronea aspettativa di vittoria. Ma, forse, il fattore decisivo è stata la pressione esercitata - discretamente - dal Capo dello Stato. Che si era pronunciato più volte a favore di una legge dignitosa. E che resta comunque colui che avrà, nei prossimi anni, il boccino della formazione di governi che si annunciano estremamente traballanti. Mettersi di traverso a Mattarella era possibile, ma alquanto rischioso.
Quali che possano essere le spiegazioni della forzatura che ha portato ad approvare il Rosatellum, il risultato principale con cui faremo i conti sarà un’accentuazione delle divergenze politiche tra le aree territoriali del paese. Il Nord - di nuovo - forzaleghista, il Pd asserragliato - indebolito - in ciò che resta delle regioni rosse, il Sud sempre più esposto alla deriva del malcontento, col rischio di degenerare in ribellismo. Coi Cinquestelle che vi troveranno il terreno di crescita più favorevole, ancor più dopo la vittoria che si sta annunciando in Sicilia. Cominciando da lì la risalita per tornare a bussare minacciosi alle porte della capitale. Certo, a un’analisi a tavolino, il Rosatellum rappresenta l’ultima zattera per fare approdare il Parlamento, dopo le elezioni, a un qualche tipo di maggioranza trasversale. Insomma, avrebbe una sua ratio. Ma si sa che di buone intenzioni è lastricata, soprattutto in politica, la strada che porta all’inferno.

 
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