Unioni civili: l'entrata a gamba tesa di Bagnasco

di Arrigo COLOMBO
4 Minuti di Lettura
- Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 10:00
Nella vicenda tanto conflittuale della legge sulle Unioni civili, dopo che il cattolicesimo più conservatore ha manifestato in massa nel Family Day, è intervenuto il cardinale Bagnasco, parlando a Genova nell'ambito della giornata del malato l'11 febbraio, quindi proprio nella ricorrenza dei Patti Lateranensi, del Concordato tra Stato italiano e Chiesa. Ha detto: «Ci auguriamo che la libertà di coscienza su temi fondamentali per la vita della società e delle persone sia non solo rispettata, ma anche promossa con una votazione a scrutinio segreto».

Il cardinale Bagnasco non è un vescovo né un cardinale qualunque; è il presidente della Cei, la Conferenza episcopale italiana; e anche se non parla in nome dell'intero episcopato, in certa misura lo rappresenta in sé. L'intervento è grave, perché in pratica egli chiede per questa legge il voto segreto. Non si limita ad affermare i principi che secondo lui, o secondo l'episcopato italiano, dovrebbero generare la legge giusta, corrispondente alla giustizia, o anche all'amore fraterno che nel Vangelo è la norma suprema del comportamento umano. No, entra nella fattispecie delle decisioni parlamentari e governative, nella dinamica della gestione dello Stato.
Con questo vìola il principio primo e supremo dei rapporti tra Stato e Chiesa; quello che è affermato con chiarezza e forza nel primo articolo del nuovo testo del Concordato, quello del 1984: «La Repubblica italiana e la Santa Sede riaffermano che lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani, impegnandosi al pieno rispetto di tale principio nei loro rapporti». È un'interferenza, palese, di quelle che si pensava non potessero avvenire più dopo la triste esperienza della fase democristiana (quando la Chiesa pensava di avere il “suo” partito nella gestione dello Stato) e quella dell'era Ruini. E con la linea instaurata dal nuovo Papa.

Bagnasco, poi, non si accorge dell'incongruenza contenuta nelle sue stesse parole. Perché non è che il voto segreto favorisca la libertà di coscienza, e tantomeno la libera manifestazione della propria coscienza. Favorisce, invece, proprio nel segreto, tutte le peggiori macchinazioni. A parte che la Chiesa, in fatto di libertà di coscienza, dev'essere molto cauta, perché l'ha rifiutata per quasi due millenni; e la persecuzione dei cosiddetti «eretici» ne è stata la manifestazione più crudele e inumana; portati ad essere murati a vita a pane ed acqua, alla tortura, al rogo; solo perché la loro coscienza cristiana (fede, prassi di fede, sviluppo teologico) differiva o anche contrastava il dogma cattolico. Mentre il Cristo aveva proclamato, nella sua dottrina dell'amore fraterno, che anche il nemico dev'essere amato, e pure beneficato.

Certo che il dettato concordatario sta stretto alla Chiesa. Perché il suo passato millenario è un passato di potere assoluto e globalmente tale. Tutto il potere umano è detenuto dal Papa, quello religioso come quello politico: quest'affermazione è esplicita e forte nei primi secoli del secondo millennio, quando cioè si può dire che si è infine costituito il potere papale. Le affermazioni esplicite, le più forti, le troviamo in Gregorio VII, in Innocenzo III, in Bonifacio VIII, cioè tra il 1000 e il 1300: il Papa detiene la pienezza del potere ed è lui che poi investe i sovrani del potere politico. Potere che però essi devono esercitare sotto la sua tutela. Sono questi i secoli di più alta aberrazione. E però, anche quando, più tardi, a cominciare dalla Rivoluzione inglese del Lungo Parlamento del 1640, l'umanità inizierà a scoprire che il principio del potere sta nel popolo, nella dignità e diritto della persona umana, e che il potere statale, lo Stato di diritto, si genera per una cessione di diritto da parte della persona per la sua tutela e promozione (donde il principio di sovranità popolare), anche e proprio allora la Chiesa cattolica non lo accetterà. Non accetterà la democrazia, che ancora da Pio IX nel famoso Sillabo (che è del 1864) è condannata.

Lo stesso tanto celebrato Concilio Vaticano II non ha una vera comprensione per il modello democratico; ne parla come di una forma da accettare e lodare, con una certa degnazione. Tutto questo è più che comprensibile. La Chiesa, o meglio la comunità ecclesiale è progettata dal Cristo nel dettato evangelico come una comunità fraterna; ma già nel secondo secolo è una Chiesa gerarchica che va sempre più accrescendo i suoi centri di potere fino (verso il Mille) al costituirsi del papato come potere supremo. Fa suo il modello imperiale. Oggi è l'unico impero esistente, tutti gli altri essendo caduti lungo il passato secolo.
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA