Caos trasporti, superato ogni limite. E la Regione continua a tacere

di Renato MORO
4 Minuti di Lettura
Giovedì 13 Luglio 2017, 12:34
Se non ci fosse da urlare per la rabbia o arrossire per la vergogna ci potremmo fare quattro risate. E potremmo dire, orgogliosi come sempre sappiamo essere nella nostra autoreferenziale cecità, che il Salento è non soltanto sole-male-e-vento, ma anche scuola di sopravvivenza. Vacanza survival, insomma. Che poi è quando ti danno un biglietto d’aereo, ti dicono di scendere in un posto e da quel momento in poi ti devi arrangiare.
Noi, ovviamente, facciamo di meglio. Vendiamo vacanze da sogno in masserie da sogno, su spiagge da sogno e in borghi da sogno e la sorpresa, il survival, la serviamo senza annunciarla. Sennò che sorpresa sarebbe? E cosa mai dovrebbe riguardare, questa benedetta sorpresa, se non la prima necessità che un turista ha quando arriva a destinazione ovvero la possibilità di muoversi?
Cosa hanno mai da lamentarsi, quindi, quei turisti che ieri sono stati accolti nella stazione di Lecce e subito ammessi ad una prova come fossero giunti sull’Isola dei famosi? Sono saliti su un trenino della Sud Est sporco e senza aria condizionata. E allora? Poi, prima di finire lessi, sono stati invitati a scendere perché quei vagoni non li avrebbe spostati nemmeno un terremoto, causa guasto. E allora? Quindi hanno cercato invano di capire cosa stesse accadendo. E allora? Accaldati e disorientati si son diretti verso la biglietteria sperando di prendere un altro treno per Gallipoli, ma la biglietteria era chiusa. E allora? Non vi basta che c’è, volete pure che sia aperta? Da lì hanno raggiunto la biglietteria automatica, ma hanno scoperto che quella non funziona. E allora? Infine la genialata: un altro cartello li ha introdotti all’ultima posta della caccia al tesoro: “Rivolgersi all’edicolante”. E allora? Lui, l’edicolante della stazione, si chiama Antonio e oltre a vendere Settimane enigmistiche e riviste varie ai viaggiatori in partenza, salva le giornate dei viandanti col trolley. Ce l’hanno alla stazione Centrale di Milano un edicolante così? E a Termini? È il Salento, bellezza. Atterri a Brindisi che hai 40 anni e ti fai un selfie a Leuca quando stai per andare in pensione.
Ci sarebbe davvero da ridere. E invece c’è da urlare. Anche quest’anno - nonostante i tavoli e i tavolini convocati, i piani annunciati e l’inutile spreco di verbi declinati al futuro - i trasporti locali sono un disastro. Una vergogna che ci avvicina ai paesi del Terzo mondo, sempre che lì ci siano treni malridotti come i nostri, e ci allontana inesorabilmente da quella immaginaria meta turistica internazionale che web e depliant raccontano e sulla quale edifichiamo, senza le fondamenta, il nostro orgoglio di spacciatori di frise e pomodoro.
La verità è che da queste parti o si viene in auto oppure è meglio cambiare rotta. L’aeroporto di Brindisi è isolato come sempre, i pochi bus che corrono (si fa per dire) da una parte all’altra non bastano, a dir la verità non bastano nemmeno i tassisti e il piccolo esercito dei privati attrezzati con furgoni e monovolume. Ma lì dove tocchiamo il fondo del fondo è il trasporto su rotaia: treni fermi la domenica come se d’estate quella fosse una giornata da trascorrere in casa aspettando di vedere in tv i gol del campionato di calcio. Treni vecchi, insufficienti, sporchi e spesso guasti nel resto nella settimana. Abbiamo, e non da ora, superato il limite della decenza ed è davvero inspiegabile il motivo per il quale i turisti continuino a sceglierci.
Sul banco degli imputati, ancora una volta, le Ferrovie del Sud Est e la Regione. L’azienda, fresca di acquisizione da parte di Trenitalia, non ha mai fatto capire di avere un piano, o qualcosa di simile, per affrontare la domanda di trasporto in estate con collegamenti, mezzi e orari degni di un paese civile (gli indigeni pendolari, giustamente, a questo punto aggiungerebbero che anche d’inverno la musica non cambia). La Regione, da par suo, ha ancora una volta ignorato le esigenze di un territorio che appare sempre più lontano dai centri decisionali baresi. Sulla scorta di quanto accaduto l’anno scorso e negli anni precedenti - che poi è esattamente quanto sta accadendo quest’estate - a febbraio o a marzo avrebbe potuto e dovuto costringere le Fse a metter su un piano per l’estate. E invece soltanto proclami, belle parole e nulla altro.
Il fatto è che presidente, vice e assessori non mettono mai piede in una littorina e se lo fanno, quelle poche volte che lo fanno, si fanno precedere dagli uffici stampa e così al momento del viaggio trovano tutto miracolosamente in ordine. Mai che un cartello, in mostra su una biglietteria inspiegabilmente chiusa, li mandi a chieder lumi nell’unico ufficio che in stazione sembra sia in grado di aiutare i povericristi. L’edicola.
© RIPRODUZIONE RISERVATA