Tirannide della scienza? Solo se è una cattiva scienza

di Ferdinando BOERO
4 Minuti di Lettura
Venerdì 29 Dicembre 2017, 19:18
Bella la disamina di Michele Carducci sulla scienza condizionata dal potere economico privato. Diverse volte mi è capitato di leggere dichiarazioni “strane” di luminari come Umberto Veronesi, ad esempio sugli OGM, dipinti come qualcosa di assolutamente buono e senza alcuna controindicazione. O dichiarazioni sul nucleare che dicevano solo porzioni di verità.
Queste cose spesso avvengono da parte di luminari in alcune branche della scienza che si addentrano in altre branche, pretendendo di esser competenti anche in quelle. La reputazione di uno scienziato dipende al prestigio che gode nella comunità scientifica per quel che ha realizzato, e non è difficile verificare, dalle produzioni scientifiche, quali siano gli ambiti di competenza di ognuno. Se parlo io di giurisprudenza, la mia competenza di ecologo non vale gran che. Come le competenze giuridiche valgono poco se si parla di ecologia. Non credo proprio che sia possibile “curare” le tendenze denunciate giustamente da Carducci se non con la scienza.
Non è la scienza in quanto tale ad essere tiranna, è l’uso che se ne può fare. La democrazia non c’entra, con la scienza. In democrazia la maggioranza vince, ma non è detto che abbia ragione. Non basta che la maggioranza ritenga giusta qualcosa per renderla giusta! Ci vogliono verifiche sperimentali o, almeno, comparative. Ha però ragione Carducci: sono i soldi a rendere possibili le verifiche. Per esempio: quale è l’impatto dei pesticidi che dilavano in mare dai terreni agricoli? Sappiamo che i fertilizzanti possono causare fenomeni di eutrofizzazione, e ci sono fior di ricerche su questo. Ma non c’è gran che sui pesticidi. Cosa significherà? L’assenza di riscontri, positivi o negativi, ci dice che non si è praticata molta scienza su questo argomento. I produttori di pesticidi, se non obbligati, non faranno mai ricerche che possano provare l’impatto di quel che producono. Dovrebbe intervenire il finanziamento pubblico, ma sappiamo quanto sia difficile che il pubblico pesti i piedi a un privato economicamente potente.
Potrei dire che questo vale per tutti gli ambiti, compreso quello giuridico. Per moltissimo tempo la Magistratura ha girato la testa dall’altra parte per quel che riguarda i fenomeni di inquinamento. Questo significa che il diritto è asservito al potere economico? Io sarei molto cauto. Potremmo dire che alcuni, tra quelli che esercitano il diritto, possono essere asserviti al potere, come dimostrato dal caso Previti, condannato per aver corrotto i giudici. Condannato da altri giudici! Pensare a una giustizia esercitata direttamente dal popolo mi impensierisce, proprio come mi impensierisce la scienza del popolo, democratica. In un periodo di notizie false, la cui divulgazione è resa facile dai mezzi di comunicazione sociale, dal libro delle facce al cinguettio, ci vuol poco per convincere la popolazione che i vaccini promuovono l’autismo o che bere l’acqua fresca dell’omeopatia fa guarire dal cancro.
L’autonomia della scienza si basa sull’indipendenza finanziaria. Questa si ottiene in diversi modi. Il più indipendente è quello dei finanziamenti europei. Un pochino me ne intendo, visto che gran parte della ricerca che faccio si basa proprio su fondi europei. La valutazione dei progetti è rigorosa, ed è rigorosa la valutazione di come sono stati spesi i soldi e dei risultati ottenuti. Se si scende a progetti di rilevante interesse nazionale, di origine ministeriale, la situazione è simile, anche se le valutazioni dei risultati quasi non ci sono. Se si passa a livelli regionali, spesso le amicizie politiche sono la chiave per l’ottenimento, e le valutazioni possono essere quasi inesistenti. Le cattedrali nel deserto spesso derivano da questi finanziamenti locali, elargiti per motivazioni politiche di bottega. Se si riesce a ottenere sostegno finanziario a livello “alto” si è abbastanza indipendenti da poter trattare anche con i privati. Se un privato ha bisogno di “scienza”, per esempio per valutare l’impatto delle sue attività, a chi si dovrebbe rivolgere? E la persona incaricata di valutarlo, sarà davvero indipendente, visto che la valutazione viene compensata?
Se il ricercatore ingaggiato racconta all’azienda quel che l’azienda vuol sentirsi dire, siamo nella disonestà intellettuale e direi anche nella corruzione. Se lo studio viene fatto secondo criteri universalmente riconosciuti in campo scientifico, allora siamo nell’ambito della correttezza. Come valutarlo? In questo caso ci sono autorità pubbliche di controllo. I Ministeri, la Magistratura, e i loro consulenti scientifici. È bene che la popolazione sia attentissima ai temi ambientali, ed è bene che prema. Ricordiamo, però, che il “popolo” potrebbe anche devastare la costa con costruzioni abusive, e i fondali con la pesca dei datteri di mare, potrebbe sbancare le dune per fare parcheggi, e potrebbe eleggere politici che chiudono un occhio di fronte a tutto questo, usando fondi pubblici per costruire opere inutili, finalizzate solo alla “gestione” di appalti. Allora delegittimiamo i politici? Così come qualcuno pare voglia delegittimare la scienza? La scienza può sbagliare, come possono sbagliare i magistrati e i politici. Per evidenziare gli errori, però, occorre molta competenza, e questa non si ottiene “a maggioranza”. Le storture della scienza si correggono con scienza migliore. Così come le storture giuridiche si correggono con migliore giurisprudenza. Non certo con opinioni basate sul comune sentire.
Un’ultima cosa: gli ecosistemi funzionano nello stesso modo in tutti i paesi, mentre la giurisprudenza può cambiare radicalmente da un paese all’altro. È successo che i limiti di guardia per l’inquinamento delle acque siano stati innalzati, rendendo “pulite” acque che il giorno prima della modifica delle leggi erano inquinate. Non so se è chiaro… Ci vuole buona scienza per fare buona giurisprudenza.
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA