I lidi attrezzati sono utili se rispettano l'ambiente

I lidi attrezzati sono utili se rispettano l'ambiente
di Ferdinando BOERO
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Lunedì 19 Marzo 2018, 19:07 - Ultimo aggiornamento: 19:15
Non sono moltissimi i paesi in cui le spiagge sono attrezzate con gli stabilimenti balneari che, da noi, sono comunissimi. Una porzione del demanio viene data in concessione a un’impresa che la attrezza in modo che la fruizione del mare sia accompagnata a opportuni servizi. Andare al mare fa bene, e durante il ventennio fascista, e oltre, si costruirono le “colonie”. Le costruirono le grandi industrie, o opere caritatevoli, o il Partito Nazionale Fascista. Le vacanze al mare erano una cosa impensabile e i bambini che vivevano lontano dagli influssi benefici marini venivano portati a fruire la balneoterapia e la elioterapia. Stavano al sole e facevano il bagno. Furono così costruiti grandi edifici (alcuni bellissimi) direttamente sulle spiagge. I ricchi avevano la villa sul mare. I poveri mandavano i figli in colonia. Non male come idea.

Le vacanze arrivarono negli anni Sessanta, durante il miracolo economico. Finirono le colonie e si iniziò a costruire gli stabilimenti balneari. Questa volta con cabine, docce, sedie a sdraio, ombrelloni, bar, ristoranti, campi da tennis, piscine. In modo da andare al mare in modo “comodo”. Di solito gli stabilimenti sono sulle spiagge. Le coste rocciose si prestano meno a questi tipi di servizi.

Aver costruito edifici di cemento direttamente sulle spiagge ha ingessato il litorale sabbioso che, per natura, è dinamico. Il mare prende la sabbia da qua e la porta là. Poi magari la riporta. Oppure no. Ogni mareggiata modella il litorale in modo diverso. Anche le coste rocciose sono modellate dal mare. I faraglioni, le grotte, e tutte le meraviglie paesaggistiche che tanto ci piacciono sono il risultato di fenomeni erosivi, di frane e di crolli causati dall’azione delle onde. È naturale.

Le costruzioni in muratura, invece, prevedono che il litorale non si sposti. Quando lo fa si interviene, si fanno massicciate, ripascimenti, si creano opere di contenimento. Per un po’ resistono, poi crollano anche loro. Oggi la costa italiana è quasi tutta così. Ci sono posti dove costruire sul mare è possibile, senza correre questi rischi. Basti pensare a Roca Vecchia, una città di migliaia di anni fa che poggia su una scogliera che è rimasta stabile per tutto questo tempo. Gli antichi lo sapevano e in effetti erano rare le città direttamente sul mare. Si stava lontani dall’erosione, nell’interno. Sul mare spesso c’erano paludi, e la malaria. Oppure dal mare venivano gli invasori, che tagliavano la testa a tutti, quando arrivavano.

Che senso hanno, oggi, gli stabilimenti balneari? Secondo me ne hanno. Fanno parte della nostra cultura e del nostro modo di vivere il mare. Alcuni sono degenerati a semplici locali da ballo in cui si balla sulla spiaggia, al rombo di altoparlanti e sotto l’influsso di aiuti chimici al divertimento (tipo alcol o peggio). Questi non mi entusiasmano, anche perché sono dannosi alla salute di ingenui e giovani esemplari della nostra specie che assumono quantità letali di liquidi alcolici e spesso entrano in coma etilico. Ma viviamo in un paese libero. Alla fine se uno vuole sballarsi che lo faccia, magari in una zona recintata e limitata, in modo da non disturbare troppo le persone normali. Però non mi pare giusto che poi gli ospedali siano pieni di sballati che devono essere salvati dalla propria stupidità. In modo da renderli stupidamente abili allo sballo successivo. Ma noi siamo un paese civile, e ci prendiamo cura anche di chi non è in grado di pensare a sé.

Gli stabilimenti balneari dedicati a chi vuol godere del suono del mare, a chi vuole prendere il sole e fare il bagno (senza necessariamente fracassare le scatole a tutti giocando con i racchettoni sulla battigia), magari mettendo a mollo qualche infante che prima si è rotolato nella sabbia, costruendovi castelli, sono un’ottima idea. Gli stabilimenti, poi, hanno personale addestrato a salvare chi ha scarse capacità natatorie ma vuole comunque sguazzare. Inoltre dovrebbero essere addestrati a tenere lontani gli idrocentauri che, con le moto d’acqua, cercano disperatamente di attirare l’attenzione su di sé con le loro evoluzioni. E poi il mare è bellissimo anche in inverno. Le mareggiate sono uno spettacolo, e si respira l’aria di mare, ricca di iodio.

Camminare su una spiaggia e guardare cosa ha portato il mare può essere uno sport, magari ci si mette a correre e il gioco è fatto. E, quindi, è bene che gli stabilimenti balneari siano sempre aperti. Fanno parte della nostra cultura, lo voglio ripetere. Certo, come prescrive la legge, bisogna lasciare ampi spazi liberi, dove si possa fruire del mare senza dover pagare. E il passaggio deve essere libero. Sia in perpendicolare, dall’interno fino al mare, sia in parallelo, a unire il litorale lungo la battigia. I gestori degli stabilimenti forniscono un servizio utilissimo, sono dei presidi che è bene siano stabili. Inoltre sono tenuti a pulire le porzioni di spiaggia prive di gestione, site ai lati degli stabilimenti stessi. E poi, visto che hanno servizi igienici, sono dotati di impianti che non si possono smontare e rimontare facilmente. Però… non possono essere in muratura. Devono essere palafitte di legno, costruite in modo che la sabbia si possa muovere e che il litorale possa evolvere. E devono essere costruiti dove lo studio della dinamica del litorale garantisce una certa staticità. Altrimenti i gestori, dopo un po’, si mettono a fare cose strane per avere la sabbia. I parcheggi non si possono fare sbancando le dune subito dietro. Le dune sono essenziali per la dinamica del litorale. I parcheggi devono essere lontani. Magari si costruiscono passerelle di legno che attraversino le dune, e si forniscono carrelli su cui portare i materiali necessari per la sopravvivenza sulla spiaggia. Camminare un pochino fa bene. Gli stabilimenti di legno si possono facilmente spostare indietro, se la spiaggia si ritrae, o in avanti, se avanza. Insomma, la vita sulla spiaggia si deve fare rispettando la spiaggia. E lo stesso si deve fare con le coste rocciose, che devono essere fruite con la consapevolezza che le frane fanno parte del gioco. Adattando i sentieri alla dinamica dei luoghi.
Come si fa in montagna, dove nessuno si sogna di cementificare le Dolomiti perché ci sono crolli. Anche se qualche pazzo ha imbrigliato col cemento i corsi di molti fiumi perché non facevano quel che piace a noi.

Dobbiamo adattare il nostro vivere al gioco della natura. Sembra talmente ovvio, eppure non lo abbiamo fatto. Sarebbe bene che iniziassimo a farlo, magari proprio dagli stabilimenti balneari. Chi ha usato il cemento deve essere incentivato a buttar giù tutto e deve passare al legno. E si devono trovare le soluzioni architettoniche e impiantistiche ideali. Le dune vanno ripristinate, i parcheggi vanno spostati. Il paesaggio va ricostruito come natura vuole. Si tratta di un’impresa che farebbe persino “girare” l’economia, generando reddito e promuovendo professionalità. Magari arrivando persino a far capire che il mare è bello sempre e non solo quei venti giorni all’anno.

 
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