L’annus horribilis della scuola si è chiuso con buona pace di tutti: famiglie, studenti, docenti e dirigenti. Cosa rimarrà nel “cappello di ciliegie” ancora non è dato sapere, gli esiti sono al vaglio degli addetti ai lavori. Di certo c’è che l’anno pandemico, per via delle restrizioni, ha rivelato i limiti della scuola italiana.
Sorvolando sulle scelte del ministero competente, le spese, i provvedimenti, le polemiche, i dibattiti e le opinioni dei tanti che a vario titolo hanno snocciolato diagnosi, cure, ricette e soluzioni, al netto, quindi, delle parole spese e/o svuotate di significato, anzi ridotte a “significanti” slogan mediatici, gioverebbe soffermarsi a riflettere sull’impatto che la pandemia ha avuto sul “sistema scuola” italiano.
L'impatto con la didattica digitale integrata
Sugli insegnanti, che hanno dovuto, a costo zero, adeguarsi velocemente alla didattica digitale integrata. Semplificando, da prof in presenza che dalla cattedra spiega l’argomento, lo assegna agli studenti che lo studiano, a prof a distanza che, oltre ai contenuti fornisce supporto psicologico, si inventa la didattica più efficace, e, suo malgrado, si ritrova a combattere quotidianamente con le difficoltà legate alla connessione internet, e, non ultimi, sugli studenti e sulle famiglie. Quanto e cosa rimarrà poi della cosiddetta didattica digitale integrata lo vedremo in futuro.
Intanto leggendo la prefazione a L’insegnamento nel mondo del “dopo-Covid”: nove idee per un’azione comune, (Education in a post-COVID world: Nine ideas for public action), si respira aria di cambiamento. Il documento redatto dall’Unesco, infatti, sollecita ad essere resilienti, a non restare inattivi e ripensare la didattica per la scuola del Ventunesimo secolo per “costruire nuovi scenari e nuovi orizzonti” per affrontare le sfide della società della Conoscenza. Garantendo agli studenti “percorsi formativi flessibili e personalizzati che puntino allo sviluppo non solo delle Competenze Chiave, ma anche delle Competenze Trasversali, come la comunicazione, la collaborazione, la creatività, il pensiero critico, la risoluzione dei problemi”.
I passaggi improrogabili
Se il futuro della scuola sarà questo, la messa in discussione del nostro impianto formativo e la sua conseguente doverosa riforma sono improrogabili.
Quanto la scuola sia essenziale alla formazione della persona, in quanto luogo d’integrazione sociale è risaputo; oggi che l’accesso alla conoscenza è alla portata di un clic per stare al passo con i tempi, il mondo del lavoro, il mercato e la globalizzazione, occorre necessariamente rinnovarsi. Certo non sarà facile ribaltare i paradigmi di vent’anni di ambigue e confuse politiche formative perlopiù scimmiottate da realtà d’oltreconfine. Un esempio: l’incapacità di governare il processo dell’alternanza scuola-lavoro come accade in Svizzera, Germania e Svezia, senza aver prima creato le condizioni culturali e organizzative del suo successo.
Sarà compito della scuola riparare il corto circuito che si è acutizzato con la pandemia e quello più occulto e insidioso della “liquefazione” della società e dei valori. Per questo oggi è indispensabile la riforma della scuola: da incubatore di saperi a fabbrica di pensiero critico luogo di relazioni, partecipazione, rispetto e attenzione verso tutti, per ritessere dall’interno la trama del futuro corpo sociale.