Disastro Dad: così le prove Invalsi evidenziano gli errori compiuti. I ritardi in Puglia: cosa c'è ancora da fare

Disastro Dad: così le prove Invalsi evidenziano gli errori compiuti. I ritardi in Puglia: cosa c'è ancora da fare
di Rosario TORNESELLO
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Venerdì 16 Luglio 2021, 05:00

Il nesso di causalità tra Dad e Invalsi si può intuire, non dimostrare. E di certo è impossibile affermare il contrario, e cioè che non vi sia relazione, nessun collegamento, come pure alcuni – tra gli interessati, peccato – si sono spinti a dire. Fortuna che il ministro Bianchi la veda diversamente, e già questo è un buon segnale: “Disuguaglianze territoriali, discriminazioni sociali. Dobbiamo tornare in classe, in presenza”. La verifica Invalsi (molto più degli esami di maturità delle ultime due sciagurate stagioni) dice che la Puglia ha dissipato il patrimonio di conoscenze e capacità acquisite a scuola, dote che ne aveva fatto un’eccellenza tra le regioni del Sud. Talmente peggiorata da essersi allineata agli altri territori. La rilevazione fornisce dati impietosi, in sé e ancor più se rapportati all’ultimo precedente utile, il 2019: la gran parte degli studenti delle superiori non raggiunge competenze minime in Italiano, Matematica e Inglese (cos’altro?). Qui più che altrove. E la differenza, tra ora e allora, è il ricorso spinto alla didattica a distanza che si è fatto, nelle sue molteplici varianti (integrata, on demand, a libera scelta delle famiglie, come vi pare e piace), un unicum in Italia e in Europa. Strategia opinabile, a dirla tutta, col sovrappiù della scarsa o pressoché nulla incidenza sul fronte della prevenzione dei contagi, considerata la permanenza record della Puglia in zona rossa (si dirà: figurarsi cosa sarebbe successo con le scuole aperte, obiezione facilmente superabile dalla considerazione opposta: si è visto cosa è successo puntando tutto e solo sulla scuola; questione di scelte, diciamo).

Così l’istruzione resta il nervo scoperto. Con una certa urgenza ed evidenza, rese l’una e l’altra maggiormente pressanti proprio dai risultati dei test Invalsi (dove se sai, bene; se non sai, amen, senza che nessuno possa intervenire a suggerirti la risposta e ad arrotondare il risultato). A ben vedere, non deve essere neppure un caso che, al di là degli esiti disastrosi, poche scuole in Puglia abbiano deciso di effettuare le prove - solo per quest’anno facoltative, in virtù dell’eccezionalità del momento -, al pari della Campania. Forse la consapevolezza dei ritardi accumulati – insieme con la difficoltà a spostare gli studenti, oltre ai veti opposti dalle famiglie, titolari del potere di scelta in forza di specifica ordinanza regionale sulla presenza facoltativa - deve aver suggerito particolare cautela sulle verifiche in corso d’opera. Chi ha voluto comunque cimentarsi con i test, banco di prova importante alla vigilia degli esami, ha raccolto i risultati magri che ora tutti conoscono. Detto questo, il punto è: cosa fare adesso?

Con suggestiva contestualità, Agostino Miozzo, coordinatore del Comitato tecnico scientifico fino a marzo scorso, e Anna Maria Ajello, presidente dell’Istituto Invalsi, il primo sul Foglio e la seconda sul Sole 24 Ore, ieri si sono spinti a invocare a gran voce – con intuitiva fondatezza - un Piano Marshall per la scuola. Un’analisi, la loro, rimedi inclusi, riferita al quadro generale italiano, di per sé sconfortante.

Uno zoom sui dati pugliesi avrebbe quanto meno suggerito di reclamare – in aggiunta – l’invio immediato di un contingente agguerrito dei caschi blu dell’Onu. In attesa dell’uno o dell’altro, da queste parti ci si affida alle virtù taumaturgiche del tavolo permanente regionale sulla scuola. L’aggettivo rimanda a un impegno diuturno di cui, tuttavia, si fatica a scorgere il risvolto operativo concreto. Intanto la convocazione è per lunedì prossimo, quando dalla fine (reale, non nominale) delle lezioni sono passati quasi due mesi e quando all’inizio del nuovo anno – fissato in Puglia a fine settembre (per la ripresa c’è sempre tempo) – mancheranno appena due mesi, agosto incluso, con tutto quel che significa in termini di tempestività. Gli usi invalsi (minuscolo) sono di porre rimedio con ordinanze del governatore su Dad, Ddi et similia. Ma i test Invalsi (maiuscolo) dicono che qui, nel nostro piccolo, abbiamo un problema. Un grosso problema.

Cosa intende fare la Regione – al di là delle indicazioni dell’esecutivo nazionale che, a torto o meno, lasciano margini di autonomia – in caso di ripresa dei contagi? Ha pronti dei piani modulari di presenza in classe a seconda della gravità dei casi o pensa di rispolverare uno qualsiasi tra i provvedimenti di chiusura tout court emanati a raffica in una manciata di mesi? Ha previsto un piano dei trasporti adeguato all’emergenza e all’utenza? E ha idea di quale sia l’utenza, considerata la propensione di molti a utilizzare i mezzi propri? Ha censito pullman e navette delle aziende private per moltiplicare l’offerta di collegamenti? Pensa ancora davvero di aggirare il virus scaglionando gli ingressi con modalità immaginifiche ma di fatto irrealizzabili? Ha predisposto il piano di assistenza sanitaria a scuola? Ha stanziato i fondi per uno screening di massa degli studenti? Ha avviato una campagna di promozione delle vaccinazioni tra gli under 18, una volta fissato per il 23 agosto (tardissimo) i vax day nei plessi scolastici? O è tutto rimesso all’inossidabile claim “scelgano le famiglie”, disastri inclusi?

A questo siamo, ancora, a sedici mesi dall’inizio dell’emergenza e dalle chiusure - pressoché definitive per le scuole superiori - della prima ondata. Governare è estremamente complicato, a maggior ragione in periodo di pandemia. Soccorrono i dati, la letteratura scientifica, l’esperienza altrui, la constatazione delle cose buone compiute come anche di quelle cattive e pessime. Purché si abbia l’umiltà di aprirsi al confronto senza presunzione, all’ascolto di chi opera in prima linea e ha a cuore il destino delle prossime generazioni. Il futuro non è uno slogan, men che meno uno spot pubblicitario. Sempre che non si voglia declinare diversamente l’ultimo, lanciato su tutte le piattaforme dalla Regione per attirare turisti. “Puglia, una storia d’amore”. Certo. Ma anche una Storia da amare andrebbe bene. Meglio ancora se insieme con la Geografia, l’Italiano, la Matematica, l’Inglese e tutte le altre materie.
 

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